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Articolo
09 febbraio 2020 - Prima - Italia - Il Giornale |
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Ecco le pietre d’inciampo per onorare il sacrificio dei martiri delle foibe |
P ietre d\\\'inciampo anche per le vittime delle foibe. «Qui lavorava Vittorio Benussi poliziotto nato nel 1908 infoibato dai comunisti di Tito - maggio 1945» è inciso a caratteri color sangue sulla mattonella che verrà posata a Trieste. «Per tenere vivo il ricordo delle vittime del totalitarismo comunista di Tito in Istria Fiume e Dalmazia» si legge su un\\\'altra mattonella della memoria. Il capoluogo giuliano avrà le prime pietre di inciampo per non dimenticare le foibe grazie all\\\'idea di Fabio Scoccimarro, assessore regionale di Fratelli d\\\'Italia della giunta a trazione leghista. L\\\'iniziativa è stata presentata ieri in vista del 10 febbraio, la Giornata del ricordo del dramma dell\\\'esodo di 300mila italiani dall\\\'Istria, Fiume e Dalmazia davanti alle violenze dei partigiani di Tito. Trieste fra il maggio e giungo 1945 è stata occupata per 40 giorni dal IX Corpus del maresciallo Tito, che voleva annetterla alla Jugoslavia con arresti e sparizioni nel nulla. «È un ricordo dei martiri delle foibe che non scompare - ha spiegato Scoccimarro - A cominciare dagli agenti di polizia prelevati il primo giorno dell\\\'arrivo dei titini e successivamente infoibati». Una delle vittime era Vittorio Benussi, nonno dei pluricampioni mondiali triestini di vela. Pietre d\\\'inciampo non molto diverse da quelle che ricordano le vittime dell\\\'Olocausto perpetrato dai nazisti. «Non intendo fare paragoni con la Shoah o copiare. Sono storie diverse» spiega Scoccimarro. E sul giustificazionismo fascismo-foibe osserva che «in guerra ogni esercito ha combattuto con varie sfumature e gli italiani non furono da meno, ma una violenza non giustifica un\\\'altra. Semplicemente si sommano». Le pietre d\\\'inciampo sono un termine universale e biblico, che compare nelle lettere di Pietro per disegnare Gesù come pietra angolare della memoria. «Qui abitava Norma Cossetto nata nel 1920 stuprata torturata infoibata dai comunisti di Tito - 4 e 5 maggio 1943» è l\\\'incisione che ricorda la martire istriana. Giovane studentessa fu prelevata durante la prima ondata delle foibe in Istria colpevole di essere la figlia di un proprietario terriero legato al regime fascista. Norma è stata insignita della medaglia d\\\'oro al valor civile alla memoria dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. «L\\\'auspicio è che venga posata nella sua natia Visinada (oggi territorio croato, ndr)» spiega Scoccimarro. La storia, però, non ammette rimozioni o negazioni ideologiche. «È giusto ricordare anche gli antifascisti italiani e sloveni contrari agli yugocomunisti, che perirono nelle foibe» sottolinea l\\\'esponente di Fratelli d\\\'Italia. Una delle pietre d\\\'inciampo è dedicata al triestino sloveno Zorko Scuka, prima al confino, ma poi incarcerato e torturato fino al 1944 quando è riuscito a trovare rifugio in Svizzera. A guerra finita è tornato a Trieste. Nei giorni dell\\\'occupazione titina sono andati a prenderlo a casa infilandolo a forza in una macchina nera sotto gli occhi della moglie. Alla fine è stato infoibato come «nemico del popolo» perché in Svizzera aveva preso contatto con gli alleati. Le pietre d\\\'inciampo sono state donate al comune del capoluogo giuliano per posarle nelle vie cittadine. La leader di Fratelli d\\\'Italia, che il 10 febbraio ricorderà la tragedia degli esuli alla foiba di Basovizza sul Carso triestino, vuole rilanciare le pietre d\\\'inciampo a livello nazionale «nelle città e regioni dove siamo presenti. Il semplice ricordo museale non basta, ma serve quando diventa reale e quotidiano nella vita delle persone». |
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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre.
Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato.
Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano.
Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca.
“Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria.
Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman
Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida.
L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane.
La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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