image
Intervista
14 marzo 2020 - Sito - Italia - Il giornale.it
Ecco la verità sulle mascherine
Alberto Spasciani ha 45 anni di esperienza nel settore oggi critico delle mascherine, che servono come il pane per combattere l’infezione del Covid 19. La ditta fondata nel 1892 porta il nome della famiglia che ha fornito le maschere militari e gli occhiali protettivi per i soldati della prima e seconda guerra mondiale. E poi per i lavoratori del XX secolo, i minatori ed i vigili del fuoco. L’azienda Spasciani nata nel cuore di Milano e trasferita ad Origgio, in provincia di Varese, è una delle poche realtà italiane specializzate in dispositivi di protezione individuale fondamentali nella lotta in prima linea al virus. Il governo vuole acquistare 34 milioni di mascherine, compresi 10 milioni di quelle veramente protettive per il virus. E’ possibile? “Non sarà facile trovarle sul mercato. Le mascherine certificate, che fermano il virus, normalmente sono un dispositivo di protezione utile all’industria. La richiesta mondiale si attesta normalmente su qualche milione di pezzi all’anno. Il 90% è di provenienza cinese in nome della globalizzazione. Ora se ne chiedono svariati milioni in brevissimo tempo in un solo Paese”. Non potevamo pensarci prima, quando l’epidemia è scoppiata in Cina? “All’alba della crisi epidemica il governo ha cominciato timidamente a chiedere ai fabbricanti italiani, quattro scarsi, quali erano le scorte disponibili. Poi ha bloccato l’export. Ma quale, visto che siamo pochi? E adesso hanno addirittura stoppato tutti i dispositivi di protezione individuali, che comprendono elmetti, scarpe, cinture. Nulla a che fare con la lotta al virus. Dei nostri carichi sono fermi in dogana per questo assurdo motivo. La Germania, al contrario, ha fatto una lista precisa di prodotti da non esportare. Il governo avrebbe dovuto convocare subito i quattro fabbricanti attorno a un tavolo e favorire la realizzazione di nuovi impianti e attrezzature fornendo supporto economico. E obbligando tutta la filiera dei sub fornitori a dare precedenza a questa attività. Evidentemente non nell’immediato, ma con un logico tempo di avvio, le aziende avrebbero cominciato a sfornare i prodotti voluti sempre con maggior velocità e a prezzi \"calmierati\"\". E invece si è scatenata la speculazione… “I prodotti migliori solitamente sono venduti nei negozi specializzati per l’industria e non nelle farmacie. La nostra associazione di categoria ha stabilito dei prezzi minimi e massimi per le Ffp2 e Ffp3 (le mascherine veramente protettive nda) che variano da 0,80 centesimi a 9,50 €. Poi ci sono quelle non monouso con prestazioni elevate, che possono arrivare a 18 €. E’ inaccettabile che una mascherina sia stata acquistata in farmacia a 60 euro. E quelle che ci venderanno i cinesi per “aiutarci” (2 milioni nda) variano da 1 a 3 € al massimo. Anche in rete si trovano offerte assurde. Per non parlare delle mascherine vendute nei centri commerciali che non servono a nulla. E pure se ne trovi una adeguata devi sostituirla ogni 4 ore, se vuoi continuare a venire protetto”. Però impazzano le proposte di mascherine con la carta da forno o altre improbabili trovate. Cosa ne pensa? “Purtroppo si magnifica l’ingegno di chi insegna a realizzare pericolosissime mascherine fai-da-te! Quelle con la carta da forno e altre stupidaggini del genere. Se la gente le usa si espone a rischi maggiori perché sta meno attenta a rispettare le distanze di sicurezza o ad evitare assembramenti. In realtà queste genialate non forniscono alcuna protezione, però vengono pubblicizzate anche da importanti trasmissioni tv”. Dalla crisi della mascherine ne usciamo solo chiedendo aiuto alla Cina, che ci ha portato il virus? “Qualsiasi aiuto è utile, ma dovremmo evitare di dipendere da chiunque a cominciare dai cinesi. Israele, quando lancia una gara, come ha fatto pochi giorni fa l’Italia per le mascherine, prevede sempre una bella percentuale garantita per le proprie aziende in maniera tale da mantenere la produzione interna. Noi abbiamo una società in Spagna e siamo stati saturati dagli ordini del governo di Madrid. E purtroppo ci si ostina a non prendere in considerazione utili alternative”. Cosa intende? “Non vengono presi in considerazione altri mezzi protettivi uguali o più validi delle cosiddette mascherine. Dispositivi che non sono monouso, ma che si possono utilizzare a lungo. Le semimaschere di cui parlo raccolgono l’inquinante nei filtri ricambiabili. Non lo dico solo perché le produciamo noi in Italia, ma per il fatto che ogni prodotto del genere potrebbe sostituire 300-400 mascherine”.
 
[continua]

video
10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

play
23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

play
24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

play
[altri video]
radio

27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]