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18 marzo 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Emergenza Sud, l’appello di cento sindaci: “Rischiamo il caos, serve l’esercito in strada”
Fausto Biloslavo
Prefetti, cento sindaci, governatori, da nord a sud, vogliono l\\\'esercito sul fronte del coronavirus. «La situazione sanitaria si sta progressivamente aggravando facendo registrare in Puglia () un sensibile aumento di casi positivi al virus», scrive al ministro dell\\\'Interno, Maurizio Valiante, prefetto di Barletta-Andria-Trani. Nella comunicazione chiede «di assegnare, con ogni consentita urgenza, un adeguato contingente di militari dell\\\'Esercito, da dispiegare sull\\\'intero territorio provinciale». I soldati in mimetica, mascherina e armati, rassicurano i cittadini e servono da deterrente se qualcuno pensasse di non restare a casa.
Lunedì il prefetto di Bologna, Patrizia Impresa, ha chiesto rinforzi per garantire la cinturazione di Medicina, un comune dichiarato «zona rossa». «Tale nuova disposizione normativa ha richiesto l\\\'attivazione immediata di un servizio di vigilanza e e presidio dei varchi di accesso (), che rende assolutamente necessario un incremento di almeno 50 uomini delle unità di personale delle Forze Armate» si legge nella comunicazione urgente. A Trieste il prefetto Valerio Valenti ha ottenuto 100 soldati in più da schierare lungo il confine con la Slovenia per intercettare i clandestini ed evitare il caos degli ultimi giorni con lunghe file di Tir bloccati alla frontiera. Già ieri erano pronti 115 dragoni del Piemonte cavalleria. Anche da Novara, Alessandria, Pesaro i prefetti auspicano rinforzi dell\\\'esercito.
Qualcosa non ha funzionato a Bergamo, dove il prefetto era contagiato ed il vicario non ha firmato l\\\'ordinanza di chiusura da zona rossa, che probabilmente avrebbe evitato l\\\'impennata di vittime. E tantomeno ci ha pensato il premier Conte a Roma. «La Difesa e l\\\'Interno avevano già schierato su Bergamo 300 uomini fra carabinieri, polizia ed esercito pronti a chiudere tutto, ma alla fine non è arrivato l\\\'ordine» spiega una fonte militare. L\\\'esercito ha sul territorio 7200 uomini dell\\\'operazione Strade sicure e altri 6mila soldati pronti ad intervenire su base regionale. Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, ha spiegato ieri che «non vogliamo i carri armati per le strade, ma ho chiesto l\\\'impegno dei soldati dell\\\'esercito per dare man forte nei controlli degli arrivi». In Sicilia sono rientrate in dieci giorni 31mila persone e nessuno sa quanti rispettino la quarantena. Nelle ultime 72 ore l\\\'esercito ha mobiliato altri 200 uomini e a Piacenza è in ricognizione una squadra per un ospedale da campo.
Più di un centinaio di sindaci della provincia di Cosenza hanno chiesto «l\\\'immediato dispiegamento sul territorio dei comuni calabresi dell\\\'esercito e delle risorse disponibili delle altre forze armate». E ieri ha lanciato l\\\'allarme immigrati a Castel Volturno, dove sono 20mila, il vicepresidente della giunta regionale campana. Fulvio Bonavitacola chiede «una specifica azione di controllo territoriale e dell\\\'esercito volta all\\\'osservanza dei divieti imposti su persone non residenti», ovvero gli immigrati. «Il numero è tale - ha spiegato Bonavitacola - che se anche una piccola parte sfuggisse alle limitazioni previste si determinerebbero effetti davvero incontrollabili».
[continua]

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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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