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Articolo
20 marzo 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale |
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Altra colonna di mezzi militari carichi di bare E l’esercito offre oltre 800 soccorritori militari per il triage |
Fausto Biloslavo La triste, ma necessaria processione a Bergamo dei camion dell\\\'esercito carichi di bare si ripeterà sabato mattina con altri 75 feretri delle vittime del virus. I nostri soldati che si sono fatti le ossa nelle missioni all\\\'estero, mai avrebbero immaginato di trasformarsi in moderni «monatti» in mimetica per smistare i morti in altre città dove possono venire cremati. In una settimana Bergamo, flagellata dal virus, ha registrato 300 morti, troppi per venire cremati nel cimitero della città. E la prossima tappa dei monatti in divisa potrebbe essere Brescia, dove le chiese della provincia, chiuse per virus, hanno riaperto i battenti per ospitare le bare delle vittime. La colonna della morte dei camion militari nella notte di Bergamo non è una «foto opportunity», ma l\\\'immagine della realtà di una guerra senza quartiere contro un nemico invisibile. Un pugno nello stomaco che serve a capire, una volta per tutte, che i bunker di questa guerra sono le mura domestiche dove bisogna restare per fermare il contagio. E proprio dalle nostre case possiamo rendere omaggio alle vittime e non solo canticchiare nella speranza che tutto andrà bene. Beppe Fiorello, attore di successo, ieri ha lanciato un tweet accuminato come una freccia. «Camion militari per portare le tante bare dei morti e ancora si canta sui balconi? E ancora si fanno battute e battutine spiritose su questa tragedia epocale? E ancora si fanno happening sui social?» ha scritto allegando la foto della colonna militare a Bergamo. «Dobbiamo fare tre giorni di lutto nazionale, silenzio totale per rispetto di queste persone e le loro famiglie, social sì ma senza fare festa!! Basta!! Non si può più ridere!» ha chiuso quasi con rabbia. Fiorello si è lasciato trascinare dall\\\'emozione e forse vale ancora la pena cantare per allontanare la paura. I giorni di lutto si rischia di ripeterli troppe volte, ma un minuto di silenzio prima dell\\\'inno nazionale che parte dai balconi d\\\'Italia, o una tromba che al posto di improvvisare brani alla moda suoni il silenzio rappresenterebbe il giusto ricordo e rispetto per le centinaia di caduti al giorno sul fronte del virus. E come in ogni guerra bisogna lanciare nella mischia tutto quello che abbiamo per vincerla e debellare il contagio. I militari lo sanno e nonostante le timidezze politiche sono già in prima linea non solo per garantire la sicurezza e il rispetto delle norme di emergenza con 13mila uomini già in strada o pronti a schierarsi su richiesta dei prefetti. In queste ore l\\\'esercito ha montato un ospedale da campo a Piacenza. Oltre 100 medici della Difesa sono mobilitati in vari punti caldi dai paesi sperduti travolti dal virus al carcere di Parma con i primi detenuti positivi alla casa di riposo nelle Marche dove sono contagiati 37 ospiti anziani su 40. In prima linea resistono i coraggiosi medici e infermieri degli ospedali e delle terapie intensive. Il fronte del virus, però riguarda pure le ambulanze, il primo soccorso, soprattutto alle persone anziane e sole. A causa del contagio e delle precauzioni da adottare anche il migliore servizio di emergenza come quello di Milano subisce ritardi. L\\\'esercito può lanciare nella mischia 800 soccorritori militari in appoggio alle squadre del 118 e delle ambulanze. Tutti addestrati per salvare la pelle ai feriti in combattimento, che lo hanno già fatto in Afghanistan o Irak. Anche il personale e i volontari del primo soccorso si stanno ammalando, in alcuni casi marcano visita o potrebbero non essere più sufficienti se il contagio si espandesse ancora. Per schierare i soccorritori in mimetica basterebbero un paio di righe nel prossimo decreto di emergenza rendendoli operativi sul territorio nazionale. Per assurdo possono farlo solo all\\\'estero. |
[continua] |
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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.
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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.
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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni.
Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra.
Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti.
Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti.
Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata».
Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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