image
Articolo
22 marzo 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Soldati sul Piave contro il virus ma il ministro tentenna ancora
Fausto Biloslavo
I soldati sono sulla linea del Piave nella lotta contro il virus e da Nord a Sud si chiede a gran voce l\'intervento in forze dell\'esercito, ma il ministro tentenna e il capo di Stato maggiore della Difesa sembra scomparso. Per non parlare della comunicazione istituzionale sull\'impegno delle Forze armate, che prova a nascondere le bare portate via da Bergamo, oppure cerca di trasmettere il messaggio di militari crocerossine o poco più. Perché non dire chiaro e tondo che i nostri monatti in mimetica hanno già trasferito da Bergamo 151 feretri e prevedono di portarne via 700? Solo con immagini forti e notizie da pugno nello stomaco, chi è ancora in giro facendo finta di niente forse capirà che bisogna stare tappati in casa. E se non bastasse meglio usare la forza della deterrenza con ancora più militari per le strade. In Lombardia hanno chiesto 10mila uomini e pure i governatori del Pd in Emilia Romagna e in Campania invocano l\'esercito. A Castel Volturno dove la miscela migranti e virus è esplosiva non aspettano altro.
I soldati sono pronti, ma il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, dimostra timidezza, per usare un eufemismo. E nell\'intervista di ieri sul Messaggero ha subito messo le mani avanti: «Nessuna militarizzazione». A parte che se avessimo militarizzato almeno una parte del Paese, come in Cina, forse oggi non avremmo superato Wuhan in termini di vittime. E poi la gente non ha paura dell\'esercito, al contrario si sente al sicuro con più mezzi e mimetiche, che fanno rispettare le regole. Guerini ha parlato degli oltre 7mila uomini di Strade sicure, ma questo si sapeva già. L\'esercito ha in prontezza altri 6mila, che cominciano a venire dispiegati e lo saranno sempre di più. Se fosse necessario gettiamo nella mischia tutto quello che abbiamo per resistere e vincere. O qualcuno si vergogna di utilizzare le Forze armate con tutta la loro forza in un\'emergenza nazionale senza precedenti dalla seconda guerra mondiale? Guerini forse teme di irritare i grillini, che chiedono il ritiro delle nostre truppe dalle missioni all\'estero per impegnarle in patria, ma in realtà sognano di smilitarizzare l\'esercito. Il Fatto quotidiano non a caso titola «pazza voglia di colonnelli», senza rendersi conto che c\'è solo voglia di sconfiggere il virus con tutte le forze in campo. O forse il ministro della Difesa sente il richiamo pacifista della sinistra cattolica, ma pure Avvenire non storce il naso sull\'intervento delle truppe contro il virus.
Purtroppo la timidezza della Difesa si riflette sulla comunicazione istituzionale. I medici militari danno man forte negli ospedali dei peggiori focolai o nel carcere di Parma dove si registra il primo detenuto infetto, nei paesini travolti dal virus e nelle case di riposo dalle Marche alla Sardegna diventate lazzaretti. Però l\'ordine è di far girare servizi per i Tg con militari che sembrano usciti dal calendario dell\'esercito e non dalla trincea degli ospedali dove combattono, mentre i medici civili fanno entrare le telecamere in terapia intensiva per far capire che è una «guerra». Non a caso, in 48 ore, sono stati montati due ospedali da campo militari a Crema e Piacenza. Nei giorni dell\'impennata del contagio e dei morti con i militari mobilitati a cinturare le zone rosse, lo Stato maggiore della Difesa taceva. Per non parlare dello stucchevole video della Difesa con l\'Italia dall\'alto e le Frecce tricolori alla fine, che assomiglia ad un promo turistico, mentre il sito della Bbc piazzava in apertura i nostri militari in mimetica, mascherina e arma a tracolla per far rispettare le regole antivirus. Adesso bisogna farla finita con la timidezza, i pruriti politici, gli infondati timori dei colonnelli e lanciare tutto quello che abbiamo nella battaglia contro il nemico invisibile. Altrimenti non ci sarà la vittoria sul Piave, ma la disfatta di Caporetto.
[continua]

video
07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

play
16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

play
26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.

play
[altri video]
radio

27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

play

[altri collegamenti radio]




fotografie







[altre foto]