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26 marzo 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
All’ospedale degli alpini sbarcano anche i russi Missioni: cura e bonifica
Fausto Biloslavo
I russi «marciano» su Bergamo, epicentro del contagio, per schierarsi in prima linea nella battaglia contro il virus. E lo faranno nell\'ospedale degli alpini, che lungo i campi di battaglia della ritirata dalla Russia di 77 anni fa hanno costruito asili, ponti dell\'amicizia e innalzato croci per i caduti. «In questo momento di bisogno e sofferenza è un grande segnale di avvicinamento fra popoli che tanto tempo fa si sono combattuti. Gli alpini danno il benvenuto ai militari russi» spiega Carlo Macalli, responsabile dell\'Associazione nazionale delle penne nere a Bergamo. E nell\'ospedale dell\'Ana ci saranno anche i medici di Emergency, una delle Ong impegnate sul fronte nell\'epidemia. I 104 militari russi, medici e specialisti anti virus, intervengono al fianco di una sessantina di militari del 7° reggimento Cremona, reparto specializzato nella difesa nucleare, biologica e chimica allertato dalla fine di gennaio. Una task force congiunta creata ad hoc.
«Il convoglio militare scortato dai carabinieri - spiega un comunicato di ieri del ministero della Difesa di Mosca - è partito dall\'aeroporto di Pratica di Mare per un tragitto di 600 chilometri fino a Bergamo». Al comando della missione russa il generale Sergey Kikot, che ha concordato l\'operazione con il generale Luciano Portolano alla guida del Comando operativo interforze.
La colonna è composta da 22 camion russi, 15 mezzi del 7° reggimento di stanza a Civitavecchia e altri 10 di supporto, che ieri sera sono arrivati a Bergamo. La base operativa verrà installata nella parte militare dell\'aeroporto Orio al Serio.
«I medici e personale sanitario russo opererà nell\'ospedale da campo degli alpini, che dovrebbe essere aperto all\'inizio della prossima settimana» conferma al Giornale, Massimo Giupponi, direttore generale dell\'Azienda di tutela della salute della provincia di Bergamo. Della missione russa fanno parte 32 medici divisi in 8 squadre, compresi anestesisti. «L\'ospedale avrà fra 250 e 300 posti letto - spiega Macalli dell\'Ana - Inizialmente erano previsti 100 per la terapia sub intensiva e 150 per pazienti meno gravi».
La task force ha «una grande esperienza nella lotta alla diffusione delle infezioni virali, nel contrasto a difficili situazioni epidemiologiche e nell\'organizzazione della disinfezione di edifici, strutture e sistemi idrici» spiegano dalla Difesa a Mosca. «Gli specialisti russi e italiani saranno impiegati per sanificare le residenze per anziani e nelle bonifiche di alcuni comuni come Alzano e Nembro» rivela Giupponi. I due paesi più devastati dal virus, che ha falcidiato soprattutto gli anziani. I russi hanno mandato in Italia 55 «bonificatori» con mezzi speciali.
La colonna di Mosca ha trasportato a Bergamo anche 100mila mascherine, 85mila protezioni individuali e 30 ventilatori polmonari. Su tutti i mezzi hanno voluto un tricolore assieme alla bandiera della Federazione in nome dell\'operazione «dalla Russia con amore». I radicali pensando che si tratti di un film di James Bond hanno lanciato un infondato allarme: «Dietro agli aiuti della Russia all\'Italia operazione di intelligence su cui fare luce». Seguiti da Più Europa e Gennaro Migliore di Italia Viva. Si chiede che vengano indicati nomi, gradi e qualifiche del personale, ma i russi l\'hanno già fatto comunicandolo anche alla stampa. Il tenente colonnello Vyacheslav Kulish, per esempio, è uno specialista «nell\'elaborazione dei mezzi di difesa contro agenti biologici virali e ha partecipato allo sviluppo dei vaccini per Ebola». L\'intervento nell\'epicentro di Bergamo servirà anche a studiare il virus per fronteggiarlo meglio in Russia, dove è stato annunciato blocco dell\'attività lavorativa per una settimana, come prima misura contro il nemico invisibile.
[continua]

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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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