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Articolo
09 aprile 2020 - Prima - Italia - Il Giornale
Gli Osanna degli ultrà
Il governo firma il decreto sui «porti non sicuri» per l\\\'emergenza sanitaria e a Lampedusa arrivano 107 migranti direttamente dalla Libia. Ovviamente passando per la zona di ricerca e soccorso maltese senza venire minimamente intercettati e portati in salvo a La Valletta. Non solo: a quindici miglia dalle nostre acque territoriali, in direzione (...)
(...) nord est rispetto a Linosa, ciondola la nave Alan Kurdi dei talebani tedeschi dell\\\'accoglienza con 150 migranti raccattati negli ultimi giorni al largo della Libia. In teoria, causa virus, non potrebbe ripetere la solita manfrina dello sbarco del carico umano in Italia. E del suo porto sicuro di arrivo dovrebbe occuparsene la Germania, che non sembra avere la minima intenzione di occuparsi del caso. Al contrario si sta ipotizzando l\\\'azzardata idea di trasbordare i migranti su una nave, non si capisce bene di chi, con personale della Croce rossa a bordo. L\\\'assurdo sarebbe accudirli in mare nel momento in cui il paese ha bisogno di tutte le forze sanitarie a terra per combattere il virus.
Le Ong più estremiste hanno gettato la maschera dimostrando di fregarsene della pandemia e dell\\\'ulteriore emergenza provocata da nuovi sbarchi di migranti in Italia. Non è un caso che i talebani dell\\\'accoglienza siano, come sempre, i tedeschi. Alan Kurdi è la nave di Sea Eye, Ong teutonica sponsorizzata dalla Chiesa protestante. Anche gli oltranzisti di Sea Watch hanno annunciato che stanno per arrivare con la quarta barca omonima, si spera non più comandata da Carola Rackete. Mediterranea, dei no global filo migranti nostrani, vorrebbe salpare verso la Libia, ma è ferma a Licata per lavori sulla nave Mare Jonio.
Altre Ong, più ragionevoli, come Msf si sono schierate sul fronte del virus in Lombardia. E la Ocean Viking, nave che gestivano con Sos Mediterranée, è a Marsiglia sollecitata a levare le ancore dalle nostre acque dal governo italiano. Pure gli spagnoli di Open arms, dopo avere annunciato che volevano riprendere a recuperare migranti, si sono ritirati a Barcellona.
Il decreto sui porti chiusi non fa una piega appellandosi all\\\'emergenza sanitaria provocata dal virus. Però esiste sempre il rischio di un giudice filo Ong, che fa sbarcare i migranti fra gli «osanna» di qualche politico e attivista dei porti aperti a ogni costo già in azione contro il decreto.
Se il governo calasse le brache sarebbe un errore gravissimo. Gli uomini in prima linea sul fronte dell\\\'immigrazione clandestina hanno segnalato a Roma, che la Guardia costiera libica non ha più intenzione di fermare i gommoni. Non sanno dove mettere i migranti garantendo una quarantena. Sia trafficanti di uomini che autorità libiche hanno paura che fra i clandestini possa annidarsi il virus. L\\\'intelligence teme che con la buona stagione non ci siano più barriere a spingere i migranti verso l\\\'Italia scaricando su di noi il pericolo di eventuali contagiati o che si possono infettare dopo lo sbarco. Uno scaricabarile ancora più semplice se tornano le navi delle Ong tedesche a fare da calamita al largo della Libia.
Fausto Biloslavo
[continua]

video
05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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