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24 agosto 2020 - Prima - Italia - Il Giornale
Business da 5 milioni al mese Colpo al club dell’accoglienza
C hi ci perde se il governatore Nello Musumeci vince? E se riesce realmente ad applicare, dall\\\'oggi al domani, la sua ordinanza: fuori tutti i migranti dall\\\'isola, bloccato qualsiasi arrivo.
Il primo sconfitto è il business dell\\\'accoglienza. Se calcoliamo una media di 3000 migranti in questo periodo di boom, che costano 35 al giorno ciascuno, arriviamo a 3.150.000 al mese. A questa cifra va aggiunto il costo del personale delle forze dell\\\'ordine, dell\\\'esercito e dei continui trasferimenti. Solo l\\\'hotspot di Lampedusa sta scoppiando con punte di 1400 migranti. Il Viminale trasferisce in traghetto anche 200 persone al giorno. Oltre agli hotspot di Lampedusa e Pozzallo è stato riaperto l\\\'ex centro di accoglienza Villa Sikania in provincia di Agrigento e una caserma dismessa a Messina. Altri costi, come la tecno struttura di Porto Empedocle con un via vai di migranti in transito. Il business interessa cooperative e professionisti dell\\\'aiuto al migrante, che spesso sono bacino di voti del centrosinistra con tanto di benedizione della Chiesa. Non è un caso che i primi a protestare contro Musumeci siano stati i sindacati più rossi come la Cgil, i soliti preti pro migranti con la copertura del Papa, che pure ieri chiedeva di aprire le porte.
A Catania è ancora in corso il processo sui favori elettorali nella gestione del famigerato centro di accoglienza di Mineo, ma 59 ex dipendenti della struttura, chiusa di fatto, hanno scritto al ministro dell\\\'Interno, Luciana Lamorgese, per riaprirla subito. Musumeci pur caldeggiando l\\\'imbarco dei migranti sulle navi traghetto affittate dal Viminale ha puntato il dito sia «contro il business dell\\\'accoglienza, che della quarantena». Dal 10 agosto è stata noleggiata una seconda nave per un costo di 33mila euro al giorno: quasi un milione al mese per ogni nave, con una spesa totale mensile (sommata ai tre milioni dell\\\'accoglienza) di circa 5 milioni.
Pure le Ong, che hanno schierato in mare la scorsa settimana la nuova Sea Watch 4, verrebbero sconfitte. In pochi giorni «l\\\'ammiraglia» ha già imbarcato 104 migranti provenienti dalla Libia, ma c\\\'è posto per 3-400. A dare man forte sta arrivando anche il veliero Astral degli spagnoli di Open arms. E ha fatto la sua comparsa, in gran segreto, Louise Michel, una mini nave color viola, pagata da Bansky, il misterioso e discusso artista. L\\\'imbarcazione ha già soccorso 7 migranti poi trasferiti «sull\\\'ammiraglia» gestita dai talebani tedeschi dell\\\'accoglienza e da Msf. Se i porti siciliani, compreso quello avanzato di Lampedusa, fossero ermeticamente chiusi, le navi delle Ong perderebbero un asset fondamentale. La Sicilia blindata non permetterebbe più ai tunisini di arrivare come i 7024 di quest\\\'anno con sbarchi autonomi o fantasma, grazie al tratto di mare che si può attraversare con il beltempo. Per fermare del tutto questa facile rotta è necessario proporre a Tunisi un blocco navale congiunto, come Frontex, l\\\'agenzia Ue, aveva già fatto in passato con l\\\'Africa occidentale azzerando l\\\'immigrazione verso le isole spagnole.
Gli esponenti del Pd, per primi sono insorti. Se vincesse la Sicilia, il Viminale dovrebbe distribuire i migranti in altre regioni, in proporzione ai posti disponibili. Il rischio è che vadano a finire anche in Toscana o Puglia, dove il centro sinistra rischia grosso al voto.
[continua]

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Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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