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Esclusivo
17 gennaio 2021 - Controstorie - Afghanistan - Il Giornale
Erano con noi in guerra “Italianai dateci ospitalità”
Fausto Biloslavo
e Matteo Carnieletto
«Stavamo ripiegando con alcuni soldati afghani e tre militari dei corpi speciali italiani della squadra di 30 uomini della Task force 45 impegnata nella caccia a un comandante talebano», racconta Mohsen Enterzary da Kabul. Il 9 giugno 2012, poco più che ventenne, lavorava come interprete da oltre un anno al fianco dei militari italiani nelle missioni più pericolose. «I talebani ci hanno investito con una valanga di fuoco - ricorda il coraggioso traduttore - Uno dei primi proiettili mi ha colpito nella parte sinistra della testa. Per alcuni minuti ho perso i sensi. Poi mi sono ripreso, sanguinante, ma tutt\'attorno continuavano a sparare. Ricordo bene i fischi delle pallottole». Al suo fianco era rimasto un poliziotto afghano, un amico, che dopo un\'ora riuscì a tirarlo fuori dall\'imboscata. I soldati italiani intervennero con il primo soccorso fino all\'evacuazione via elicottero. A Kandahar, nell\'ospedale americano, gli salvarono la vita estraendo il proiettile dalla testa. «Ho perso la vista dall\'occhio sinistro, la mascella è rimasta deformata per sempre e ho anche l\'udito che non va bene», spiega Enterzary, che oggi si è rifatto una vita come ingegnere lavorando al ministero dell\'Energia nella capitale afghana. «Per anni ho cercato di mettermi in contatto con gli italiani chiedendo aiuto e protezione - spiega - Volevo solo una raccomandazione per il visto e lasciare l\'Afghanistan dopo avere versato il mio sangue per voi». Nessuno ha risposto o si è fatto sentire, neppure per sapere se fosse vivo o morto, nonostante la Task force 45 gli avesse rilasciato, prima di venir ferito, un attestato «in riconoscimento della dedizione e del grande aiuto per il successo delle operazioni». La firma è del comandante del gruppo Alpha «Condor» a Farah, il 25 novembre 2011, con sullo sfondo una foto di combattimento dei nostri corpi speciali in Afghanistan.
Enterzary fa parte dei primi 35 interpreti traditi e abbandonati dagli italiani, che hanno lavorato per anni al fianco dei nostri soldati, ma erano stati reclutati e continuavano a essere sul libro paga di Mission essential, un\'agenzia di sicurezza Usa. Per questo motivo sono rimasti tagliati fuori dalla protezione garantita ad altri traduttori. «Speravo che gli italiani mi aiutassero - sottolinea - Mi sono sentito tradito, abbandonato». Enterzary spera ancora in un visto per l\'Italia se le cose si mettessero male: «I talebani mi conoscono e se tornano a Kabul si vendicheranno. Sono della minoranza hazara, di fede sciita e ho lavorato con i militari italiani. Tre motivi per venire giustiziato».
Non solo lui, ma anche gli interpreti afghani che hanno lavorato fino a oggi con il contingente italiano rischiano di venire abbandonati. Undici sono già stati licenziati a Herat senza alcun nuovo piano di protezione. Gli altri 38 sono a rischio, nonostante le assicurazioni della Difesa. Stessa sorte per i 7 interpreti di Kabul mandati a casa con il pretesto del Covid. Il 15 gennaio il governo ha risposto a un\'interpellanza sugli interpreti abbandonati di Salvatore Deidda, capogruppo in commissione Difesa di Fdi, garantendo che le domande di protezione «pregresse e future () saranno sottoposte alla valutazione di merito». Isaq conferma al Giornale dalla capitale afghana che «da marzo non lavoro, dopo aver servito come interprete gli italiani dal 2002. Ho sei figli e sono vedovo». Senza un piede finito in cancrena era stato «arruolato» dal generale Giorgio Battisti, che si batte per garantire la protezione a tutti gli interpreti afghani. «Ho paura della vendetta dei talebani - ammette il traduttore - Mi sono rivolto all\'ambasciata e all\'addetto militare, che ha promesso di aiutarmi. Vorrei venire in Italia con la mia famiglia». Anche Meya, soprannominato «Super Mario», ha lavorato al fianco dei nostri militari dal 2004. «Sono a casa da 7 mesi, in quarantena - spiega - In Afghanistan la violenza aumenta con attacchi e bombe. Se gli italiani non si occuperanno della nostra protezione, i talebani ci taglieranno la testa».
Nino Sergi, presidente emerito della Ong Intersos, ha scritto un appello che pubblichiamo integralmente sul sito del Giornale: «La protezione del proprio personale, italiano o di altre nazionalità, è un inderogabile dovere di ogni organizzazione, che sia civile o militare: un imperativo». La Difesa vuole coinvolgere la Nato nella riunione sull\'Afghanistan di febbraio. Battisti, però, osserva che «richiamare responsabilità riconducibili a enti sovranazionali (Onu, Nato, Ue ecc.) appare, tutto sommato, una comoda via d\'uscita per chi non intende o non è in grado d\'individuare le soluzioni più efficaci». Padre Giuseppe Moretti che per anni è stato a Kabul, nella piccola chiesa dentro l\'ambasciata non ha dubbi: «Li licenziano adesso perché inaffidabili? Per anni, però, erano fidatissimi. Quello italiano si è sempre presentato come l\'esercito più umano. Dimostriamolo».
Anche i deputati della Lega Roberto Paolo Ferrari, capogruppo in commissione Difesa, e Paolo Formentini, vicepresidente della commissione Esteri hanno presentato un\'interrogazione al governo. Sarebbe opportuno tutelare l\'incolumità di chi ha lavorato con i nostri soldati affrontando gravi rischi, mostrando nei loro confronti una generosità almeno non inferiore a quella che si riserva ai migranti irregolari che giungono nel nostro Paese da ogni parte del mondo senza particolari benemerenze».
[continua]

video
13 aprile 2010 | RaiNews24 | reportage
Rassegna stampa del mattino
Emergency in manette in Afghanistan

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19 settembre 2009 | TG5 Speciale - Canale 5 | reportage
Morire per Kabul
Dopo l'attentato che è costato la vita a sei paracadutisti della Folgore ci si interroga sulla missione in Afghanistan. Se valeva la pena morire per Danzica lo stesso discorso va fatto per Kabul.

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15 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Si combatte a sud di Kabul
Si combatte a sud di Kabul

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[altri video]
radio

14 novembre 2001 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Kabul liberata il giorno dopo
Torna a splendere il sole sulla capitale afghana. Gli esuli cacciati dai talebani rientrano nelle loro case.

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21 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ I primi risultati nel distretto di Bala Baluk
L’Afghanistan ha vinto la “battaglia” per il voto”. Anche nelle zone più a rischio, come la provincia di Farah, i talebani non sono riusciti a far saltare in aria le elezioni. Nonostante molti seggi siano rimasti chiusi. I primi conteggi indicano che gli afghani, nella zona calda di Bala Baluk, hanno votato per il presidente in carica Hamid Karzai. La sicurezza garantita dai paracadutisti della Folgore è stata determinante. I baschi amaranto della 6° compagnia Grifi presidiavano a distanza i soli 5 seggi aperti su 30 del turbolento distretto. Dove hanno votato 862 afghani. Ben oltre la metà, 569, per Karzai. Secondo, con 121 voti, il rivale pasthun del presidente in carica Ashraf Ghani Ahmadzai. Seguito dal tajiko Abdullah Abdullah con 105 voti. Frozan Fana, candidata donna, ha ottenuto 2 voti in un’area dove esiste solo il burqa. Si è votato anche a Chakab. Non un paesino qualunque, ma il villaggio dove è nato Said Ayub il governatore ombra degli insorti nella provincia di Farah. Centoventicinque elettori, su 600 registrati, hanno sfidato le minacce talebane andando a votare nella piccola moschea di Chakab. I voti per Karzai sfiorano il 90%. Comunque non è stata una passeggiata. Nelle ultime 36 ore nel settore occidentale dell’Afghanistan, comandato dal generale della Folgore, Rosario Castellano, sono stati registrati 22 attacchi. Compresi tre razzi lanciati contro Tobruk, la base avanzata italiana a Bala Baluk. Il più vicino è esploso a 150 metri da una torretta di sorveglianza. Fausto Biloslavo da base Tobruk, provincia di Farah Per Gr24 il sole 24 ore

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04 febbraio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
Afghanistan
Task force Nibbio. I nostri in Afghanistan per combattere/1
Gli alpini della task force Nibbio andranno a Khowst vicino al confine con il Pakistan. Polemiche fra gli americani ed il ministro della Difesa Antonio Martino su missione di guerra o di pace.

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07 febbraio 2005 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
A Baghdad il sequestro di Giuliana Sgrena
Giuliana Sgrena, giornalista de Il Manifesto, è sotto sequestro in Iraq. Sulla vicenda, che riapre le ansie che l'Italia ha già vissuto per Simona Pari e Simona Torretta oltre che per gli altri rapiti italiani, torna la trasmissione di Giuseppe Cruciani per cercare di analizzare la matrice del rapimento, le sorti dell'ostaggio e i possibili sviluppi. Ospiti Alberto Negri, Fausto Biloslavo, Valentino Parlato, e Toni Capuozzo.

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13 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - L'imboscata dei marines
IAfghanistan,un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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