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27 aprile 2021 - Dentro la notizia - Italia - Corriere del Ticino
L’intricato nodo degli sbarchi
«È altamente probabile che andremo incontro a un incremento delle partenze dalla Libia nel periodo estivo» spiega il contrammiraglio Sergio Liardo al comando delle operazioni in mare della Guardia costiera italiana. L’alto ufficiale è in ispezione a bordo di una motovedetta al largo di Lampedusa, approdo europeo dei migranti. I dati del Ministero dell’interno italiano parlano già chiaro: dall’inizio dell’anno sono sbarcati 8.604 migranti, oltre due volte e mezzo rispetto allo stesso periodo del 2020. E una dozzina di volte in più se prendiamo come riferimento il 2019.
Ondata senza interruzioni
L’ondata non si è mai interrotta dal disastro delle primavere arabe di dieci anni fa. Il colonnello Gheddafi lo aveva previsto nell’ ultima intervista alla vigilia dei bombardamenti della NATO nel 2011, che segnarono la sua fine: «Un milione di africani arriveranno in Europa» se fosse crollato il regime. Ci è andato vicino. In dieci anni sono sbarcati in Italia, porta d’ingresso via mare per l’Europa, 811.113 migranti partiti in gran parte dalla Libia o dalla Tunisia. E quasi tutti continuano a rincorrere un Eldorado occidentale che non esiste più. Una ragazzina del Gambia incrociata dopo essere stata riportata a Tripoli dalla Guardia costiera libica non aveva dubbi. «Mi hanno detto che in Italia mi daranno una casa, vestiti, da mangiare e un lavoro» sosteneva riferendo le parole dei trafficanti e l’illusione del viaggio della speranza pubblicizzato su Internet.
«In questo momento abbiamo due filoni di immigrazione clandestina. Uno che proviene dalla Tunisia e l’altro dalla Libia a seconda di come le autorità libiche, le milizie o chi gestisce i campi apre o chiude il rubinetto» spiega Luigi Patronaggio, procuratore capo ad Agrigento, in prima linea sul fronte degli sbarchi. Non è un caso che da gennaio la prima nazionalità fra i migranti sia proprio quella tunisina con 1.285 arrivi. «Dobbiamo stare attenti che non entrino soggetti sgraditi: delinquenti e anche possibili terroristi» aggiunge Patronaggio.
Dopo l’ultimo naufragio del 22 aprile di un gommone con 130 migranti partiti dalla Libia, le ONG del mare spingono per assumere il «controllo» dei soccorsi. Al momento sono operative Sea Watch 4, ammiraglia tedesca, Ocean Viking dei francesi di SOS Mediterranée e la nave spagnola Open Arms. Alarm phone è il centralino che riceve le telefonate dai satellitari che i trafficanti consegnano ai migranti sui gommoni. E ha annunciato che i sistemi europei «devono essere aboliti e sostituiti da un Civil Rescue Coordination Centre finalizzato ai soccorsi anziché alle stragi in mare». In pratica le ONG vorrebbero gestire liberamente con le loro navi i recuperi dalla Libia replicando i fasti del 2016-2017 quando sbarcarono in Italia 180 mila migranti all’anno.
Ridistribuzione congelata
Il sistema di ridistribuzione europeo dei migranti è congelato dalla pandemia e qualche stato UE fa il furbo. In diverse occasioni la Guardia costiera maltese ha rifornito i gommoni partiti dalla Libia, in difficoltà nella zona di ricerca e soccorso dell’isola, con acqua, viveri e carburante per farli proseguire verso l’Italia.
La maggioranza degli arrivi quest’anno, 5.406, sono dalla Libia, ma andrebbero aggiunti quelli intercettati dalla Guardia costiera libica e riportati a terra. «Solo da gennaio sono 5.964» conferma il contro ammiraglio Liardo. In tutto il 2020 erano stati 11.891. Amnesty Intrenational denuncia «detenzioni arbitrarie, tortura, lavoro forzato ed estorsione», ma le organizzazioni dei diritti umani tendono a fare di tutta l’erba un fascio.
I migranti in Libia, secondo i dati delle Nazioni Unite, sono almeno 600 mila. In gran parte «liberi» vengono utilizzati dai libici per lavori alla giornata. Non esistono garanzie e sono tutti sottopagati o sfruttati, ma il loro obiettivo è tirare su un gruzzolo per imbarcarsi sui gommoni. Almeno 4.152 migranti sono detenuti in una quindicina di campi governativi. Più che centri di detenzione assomigliano a gironi infernali, ma l’ONU e la Croce Rossa Internazionale si sono impegnati a monitorarli sempre di più. I veri lager sono quelli dei trafficanti disseminati nel Paese, dove i migranti vengono torturati per estorcere soldi ai parenti a casa o in Europa. La Brigata 444, fedele al nuovo Governo, ha di recente liberato da uno dei campi clandestini a Bani Walid i migranti prigionieri torturati e stuprati.
La Guardia costiera libica
L’Europa su input italiano ha un piano, coordinato con Tripoli. Prima di tutto rafforzare la criticata Guardia costiera libica. Poi aumentare la supervisione sui centri di detenzione per renderli dei posti umani. I migranti che hanno diritto potrebbero arrivare in Europa con i corridoi umanitari e gli altri vanno rimpatriati. Tripoli chiede anche un sistema di sorveglianza elettronico della porosa frontiera sud, porta d’ingresso dei migranti.
[continua]

video
23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia

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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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radio

20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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