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06 maggio 2021 - Interni - Italia - Il Giornale
Documenti falsi ai migranti E c’è ombra del terrorismo
U na centrale di documenti falsi a Napoli per migranti irregolari in Italia e in Europa arrivati anche con i barconi a Lampedusa, che pagavano finti certificati di residenza, contratti di lavoro, iscrizioni alla camera di commercio allo scopo di ottenere il permesso di soggiorno o addirittura l\'asilo. E con l\'ombra iniziale del terrorismo intrecciato al favoreggiamento dell\'immigrazione clandestina. Non a caso le attività investigative dell\'operazione Mardan del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri iniziano nel 2016 sulla scia dell\'ondata di attentati jihadisti in Europa da Parigi a Bruxelles.
Nell\'inchiesta della Procura di Napoli sono indagati 36 pachistani, afghani, nordafricani e diversi italiani «per un\'associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell\'immigrazione clandestina di cittadini extra comunitari, al favoreggiamento della permanenza sul territorio nazionale di soggetti clandestini o in condizione di illegalità, alla falsificazione ideologica materiale di atti pubblici». La banda composta da un nocciolo duro di 14 persone è stata contattata per i documenti falsi da 200-250 irregolari (pachistani, indiani, tunisini, marocchini, afghani, ucraini e russi), che pagavano da un minimo di 300 euro a testa a 2.500 per seguire l\'intera pratica di una richiesta d\'asilo fittizia.
Ieri sono state eseguite tre misure cautelari a cominciare dal capo Iqbal Naveed, 40 anni, pregiudicato pachistano finito in carcere. Al marocchino Lahoussine Chajaoune e a Pasquale Averaimo, dipendente del Comune di Napoli sono stati concessi gli arresti domiciliari. Nell\'ordinanza del Gip, Gianluigi Visco, si legge che Averaimo «svolgeva un ruolo fondamentale per il sodalizio, partecipando, in via reiterata, consolidata e stabile per il rinnovo, in favore dell\'associazione, di carte di identità e certificati di residenza nel Comune di Napoli, in modo da consentire l\'iter di rinnovo del permesso di soggiorno del cliente/straniero». Altri 11 indagati sono stati sottoposti all\'obbligo di dimora.
Il tutto funzionava attraverso il passaparola fra gli immigrati irregolari. Durante le indagini partite nel 2016 i carabinieri hanno scoperto che oltre un centinaio di clandestini hanno ottenuto documenti falsi. Non solo in Italia, ma anche in Belgio e in Francia con il sospetto che nel «giro» potevano essere coinvolti pure terroristi, che si spacciavano per migranti. Ai «clienti» all\'estero venivano recapitati i permessi di soggiorno a domicilio da altri stranieri che si spostavano per l\'Europa. La «base» della banda era l\'internet point a Napoli di Naveed chiamato Mardan, dal nome della sua città di origine. I soldi guadagnati dall\'attività illegale venivano spediti in patria via Money transfer o sistema Hawala, di fatto incontrollabile, a Mardan o nella vicina Peshawar capoluogo della zona tribale a ridosso del confine afghano infestata da gruppi jihadisti.
Nel 2016 le indagini avevano individuato «una complessa organizzazione afghana e pachistana, con finalità di terrorismo internazionale, operante in Napoli e all\'estero, dedita fra l\'altro all\'agevolazione dell\'ingresso di cittadini irregolari contigui con ambienti del terrorismo talebano». Khan Yousaf, giunto a Napoli, era uno dei responsabili in contatto «con organizzazioni specializzate nel fornire documentazione necessaria per l\'ottenimento di permessi di soggiorno». Al «giro» degli afghani era collegato un giovane kamikaze dell\'Isis filmato mentre si faceva saltare per aria con un mezzo minato.
Naveed, arrestato ieri, era in contatto con la costola talebana partenopea, ma poi Yousaf ed i suoi hanno lasciato Napoli tornando in patria. Il capo banda pachistano non ha poi evidenziato derive jihadiste, ma solo l\'interesse per il business dei documenti falsi venduti ai clandestini.

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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita. Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”. Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”. Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni. Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
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https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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