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Esclusivo
30 maggio 2021 - Controstorie - Afghanistan - Il Giornale |
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Il ponte aereo per salvare i nostri interpreti afghani |
Fausto Biloslavo e Matteo Carnieletto «Nelle prossime settimane, non più tardi del () giugno, verrà comunicata una data, un orario e un luogo in cui dovrete presentarvi con i membri del nucleo familiare che viaggerà con voi». L\'ordine di evacuazione del Comando operativo interforze è indirizzato ai 500 collaboratori afghani e parenti stretti, che porteremo in Italia in vista del ritiro della Nato. «Aquila» è il nome in codice dell\'operazione, che prevede un ponte aereo da Herat e Kabul per salvare i collaboratori locali dalle rappresaglie talebane. In dicembre una cinquantina di interpreti, fra la base di Herat e la capitale, erano stati messi alla porta nella prospettiva del ritiro del contingente italiano ridotto a 800 uomini. Il Giornale, con l\'appoggio di diversi ufficiali che hanno servito in Afghanistan ed esponenti della società civile, ha denunciato il caso raccogliendo il grido di aiuto degli afghani che si sentivano traditi e abbandonati. Il generale degli alpini, non più in servizio attivo, Giorgio Battisti, che si è battuto per evitare il tradimento, conferma: «L\'Italia, tramite i ministeri della Difesa, Esteri e Interno ha previsto di recuperare, come altre nazioni, i nostri local worker afghani (interpreti, personale amministrativo, addetti alle pulizie) con i familiari di primo grado di Herat e Kabul (circa 500 in totale) con una missione dedicata». Per la quarantena anti Covid gli afghani verranno ospittati dall\'Esercito in Abruzzo, Calabria e Lombardia. Marina e Aeronautica si sono defilati. Il rischio vendette, quando le truppe americane e della Nato se ne saranno andate a metà luglio, in anticipo rispetto alla scadenza dell\'11 settembre, riguarda tutti i contingenti. Solo per gli Stati Uniti sono 18mila gli afghani, comprese le famiglie, che hanno fatto richiesta del visto di immigrazione speciale. Il ministero della Difesa inglese ha già portato in salvo 450 afghani, ma gli ufficiali che hanno servito in Afghanistan stimano che assieme ai familiari siano 30mila ad avere bisogno di aiuto. «L\'iniziativa è umanitaria perché rischiano di essere eliminati come traditori o collaboratori degli infedeli (che saremmo noi). Esponenti di spicco dei talebani lo hanno dichiarato a più riprese», spiega Battisti. Alcuni interpreti, che hanno già un posto sugli aerei italiani, sono preoccupati per l\'immediato futuro: «Ci aspettiamo di non venire considerati, e conteggiati come migranti illegali una volta in Italia». Nel 2014-2015, quando iniziò un primo ridimensionamento del contingente, si riuscì a evacuare 130 afghani. Una volta giunti in Italia, entrarono nel circuito vizioso dell\'allora Sprar, abbandonati a se stessi come se fossero richiedenti asilo giunti sui barconi e non utilizzati per le loro capacità. «Spero vivamente che questi fratelli afghani, che tanto hanno fatto e rischiato per i nostri soldati, una volta in Italia non vengano alloggiati in centri di raccolta con gli immigrati irregolari poiché rischiano di subire maltrattamenti e soprusi», sottolinea Battisti. Della prima evacuazione molti hanno abbandonato, delusi, l\'Italia e ancora oggi qualcuno è costretto a mendicare aiuti dalle associazioni caritatevoli. «Noi interpreti abbiamo lavorato oltre un decennio con gli italiani - spiegano - significa che siamo abituati alla vostra cultura, tradizione e costumi». Non portiamo in salvo dei migranti sconosciuti raccolti sui gommoni, ma collaboratori qualificati e integrati. «La maggior parte di noi ha una laurea e possiamo dare un prezioso contributo a qualsiasi organizzazione in Italia - spiegano gli interpreti -. Non agiremo e non faremo nulla contro i valori della società italiana». Nella ritirata dall\'Afghanistan c\'è il rischio che fra i servitori leali del nostro Paese qualcuno resti tagliato fuori, come era già accaduto sei anni fa. Il Giornale riceve appelli disperati di afghani che hanno lavorato per anni al fianco degli italiani, come i carabinieri nel centro di addestramento di Adraskan. «La Nato lascia l\'Afghanistan e arriveranno i talebani, che ci odiano e ci toglieranno la vita. Aiutateci per i nostri figli», scrivono F. N. e B.S.. Anche i venditori che hanno messo in piedi negozi e mercatini nella base di Camp Arena a Herat sperano in un aiuto. «La Germania, a Mazar i Sharif, garantirà il visto a tutti gli afghani che hanno lavorato con i tedeschi - si legge in un appello -. I francesi hanno fatto lo stesso. Le nostre famiglie sono minacciate. Quando le truppe se ne saranno andate, i talebani prenderanno il controllo dell\'Afghanistan». La situazione sul terreno è allarmante. Gli avamposti nell\'entroterra di diverse province vengono abbandonati dopo attacchi e minacce. Gli insorti chiamano sul cellulare i comandanti governativi con un messaggio molto chiaro: «Resa o morte». In maggio, 26 avamposti e basi sono passati in mano dei talebani nelle province di Laghman, Baghlan, Wardak e Ghazni. A Kabul l\'ambasciata australiana chiude i battenti e gli addetti militari stranieri sono stati invitati a lasciare il Paese dopo l\'estate. Il Pentagono si prepara a evacuazioni e ponti aerei d\'emergenza come ai tempi della sconfitta in Vietnam. «La situazione in Afghanistan, a seguito del repentino ritiro delle forze straniere e del disimpegno della comunità internazionale, rischia di subire una terribile accelerazione - spiega Battisti -, riportando il Paese nell\'anarchia scaturita dal ritiro dei sovietici nell\'inverno 1988/1989 o come è avvenuto a Saigon nell\'aprile 1975». |
[continua] |
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01 dicembre 2009 | Rai3 - Cominciamo Bene | reportage
Il dramma dei baby clandestini
Ogni anno sono circa settemila i minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia alla ricerca dell'Eldorado occidentale. Arrivano dal Nord Africa, dai paesi dell'Est, ma pure dall'Afghanistan dove un viaggio da incubo più che di speranza
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02 novembre 2012 | Tg5 | reportage
Messa in prima linea per l'ultimo caduto
Tiziano Chierotti ucciso in combattimento a Bakwa il 25 ottobre viene ricordato con una toccante cerimonia nella mensa da campo di base Lavaredo.
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28 ottobre 2012 | TG5 | reportage
Afghanistan: un botto e la polvere dell'esplosione che invade il blindato
L’esplosione è improvvisa, quando meno te l’aspetti, lungo una pista arida, assolata e deserta. I soldati italiani si sono infilati fra le montagne di Farah nell’Afghanistan occidentale infestato da talebani. Una colonna di fumo alta una quindicina di metri si alza verso il cielo.
Il tenente Davide Secondi, 24 anni, urla alla radio “siamo saltati, siamo saltati” su un Ied, le famigerate trappole esplosive disseminate dai talebani.
Non hai neppure il tempo di capire se sei vivo o morto, che la polvere invade il super blindato Cougar fatto apposta per resistere a questi ordigni.
E’ come se la mano del Dio talebano afferrasse il bestione da 14 tonnellate in movimento fermandolo come una macchinina giocattolo.
A bordo siamo in cinque ancorati ai sedili come in Formula uno per evitare di rimbalzare come birilli per l’esplosione.
La più esposta è Mariangela Baldieri, 24 anni, del 32° genio guastatori alpini di Torino. Addetta alla mitragliatrice, metà del corpo è fuori dal mezzo in una torretta corazzata. Si è beccata dei detriti e sul primo momento non sente dall’orecchio destro.
Almeno venticinque chili di esplosivo sono scoppiati davanti agli occhi di Alessio Frattagli, 26 anni, al volante. Il caporal maggiore scelto Vincenzo Pagliarello, 31 anni, veterano dell’Afghanistan, rincuora Mariangela.
Siamo tutti illesi, il mezzo ha retto, l’addestramento dei guastatori ha fatto il resto. Cinquanta metri più avanti c’era un’altra trappola esplosiva. Il giorno prima a soli venti chilometri è morto in combattimento l’alpino Tiziano Chierotti. La guerra in Afghanistan continua.
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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr | reportage |
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Intervista in prima linea
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre.Durante l'attacco a Kabul parla dalle postazioni conquistate ai talebani, Bashir Salanghi, uno dei comandanti dell'Alleanza del Nord che ha scatenato l'offensiva
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14 agosto 2009 | Radio24 | reportage |
Afghanistan
Al fronte con gli italiani / Trappola esplosiva per i parà
SHEWAN - Il fumo nero e lugubre si alza in un istante per una quindicina di metri. “Attenzione Ied alla testa del convoglio” lanciano subito l’allarme per radio i paracadutisti della Folgore in uno dei blindati più vicini all’esplosione. La tensione è alle stelle. La trappola esplosiva, chiamata in gergo Ied, era nascosta sulla strada. I parà che spuntano della botola dei mezzi puntano le mitragliatrice pesanti verso le casupole di Shewan, roccaforte dei talebani. La striscia d’asfalto che stiamo percorrendo è la famigerata 517, soprannominata l’autostrada per l’inferno. Il convoglio composto da soldati italiani, americani e poliziotti afghani scorta due camion con il materiale elettorale per le presidenziali del 20 agosto. I talebani di Shewan da giorni annunciano con gli altoparlanti delle moschee che i veri fedeli dell’Islam non devono andare alle urne. Chi sgarra rischia di venir sgozzato o quantomeno di vedersi tagliare il dito, che sarà segnato con l’inchiostro indelebile per evitare che lo stesso elettore voti più volte.
La colonna è partita alle 13.30 da Farah (Afghanistan sud occidentale) per portare urne, schede e altro materiale elettorale nel distretto a rischio di Bala Baluk. Novanta chilometri di paura, con i talebani che attendono i convogli come avvoltoi. Prima ancora di arrivare nell’area “calda” di Shewan giungevano segnalazioni di insorti in avvicinamento verso il convoglio. Li hanno visti i piloti degli elicotteri d’attacco Mangusta giunti in appoggio dal cielo. Ad un certo punto la strada si infila fra quattro casupole in fango e paglia, dove i civili afghani sembrano scomparsi da un momento all’altro.
I talebani avevano già colpito e dato alle fiamme due cisterne afghane ed un camion che trasportava un’ambulanza. Le carcasse fumanti che superiamo sono la prima avvisaglia che ci aspettano. Nel blindato Lince del tenente Alessandro Capone, 30 anni, romano, comandante del primo plotone Nembo, i parà sono pronti al peggio. La trappola esplosiva ha colpito un Coguar americano, all’inizio della colonna con l’obiettivo di immobilizzarlo e bloccare tutto il convoglio. Invece il mezzo anti mina resiste e prosegue senza registrare feriti a bordo.
Sui tetti delle casupole stanno cercando riparo alcuni soldati dell’esercito afghano. “L’Ana (le forze armate di Kabul nda) ha visto qualcosa” urla il parà che spunta dalla botola del Lince. Tutti hanno il dito sul grilletto e ci si aspetta un’imboscata in piena regola dopo lo scoppio dell’Ied. Invece la coppia di elicotteri Mangusta che svolazzano bassi su Shewan consigliano i talebani di tenere giù la testa. L’attacco è fallito. Il materiale elettorale un’ora dopo arriva destinazione, ma la battaglia per le elezioni in Afghanistan continua.
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22 agosto 2008 | Panorama.it | intervento |
Afghanistan
Tre soldati italiani feriti a nord di Kabul
Tre soldati italiani sono rimasti feriti da un’esplosione a nord di Kabul.Ieri mattina verso le 7.20, le 4.50 in Italia, una piccola colonna del nostro contingente si stava dirigendo fuori dalla capitale. Circa 20 chilometri a nord di Kabul un mezzo è stato investito da un’esplosione nella parte posteriore. Il veicolo coinvolto è un Vm 90, il meno protetto che abbiamo dispiegato in Afghanistan. Nella parte dietro è scoperto e ha solo due piastre protettive laterali. L’esplosione non deve essere stata molto forte, perché ha provocato solo tre feriti leggeri. Se fosse stata una vera e propria trappola esplosiva non ci sarebbero superstiti su quel tipo di mezzo. Forse si è trattato di un ordigno che ha fatto cilecca.
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12 novembre 2001 | Radio 24 Linea 24 | reportage |
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Una giornata di guerra/2
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. L'avanzata su Kabul e le notizie di saccheggi e vendette a Mazar i Sharif. I "gulam jam" del generale Dostum sono entrati in città. Tagliano le orecchie ai nemici per ottenere la ricompensa. Il soprannome "gulam jam" significa che quando passano loro bisogna arrotolare il tappeto e andarsene, perchè non resta più nulla
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23 agosto 2008 | Radio24 | intervento |
Afghanistan
Strage di civili
Afghanistan, un'estate in trincea.
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