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09 giugno 2021 - Interni - Italia - Panorama |
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Dalla tecno-guerra nascono soluzioni di pace |
lI nome in codice è «Tempesta d’acciaio». Lo scorso ottobre si è svolta in Puglia una maxi esercitazione con truppe italiane e del Qatar. La brigata Pinerolo ha impiegato unità a 250 chilometri di distanza fra loro collegandole con Forza Nec (Network enabled capabilities), un progetto per il soldato e le guerre del futuro, che sono già realtà. La brigata è la punta di lancia della digitalizzazione sul campo di battaglia, che permette la condivisione di dati e informazioni ad ogni singolo soldato e la dotazione di equipaggiamenti innovativi. Un programma di 22 miliardi di euro in 25 anni, affidato a Selex sistemi di Leonardo, azienda di punta nell’industria della Difesa, che coinvolge anche Iveco e l’ex Alenia confluita in Mbda, il consorzio europeo specializzato in missili e tecnologia avanzata. Quest’anno le Forze armate avranno a disposizione una coperta meno corta del solito per gli investimenti. Nel 2021, comprese le risorse del ministero per lo Sviluppo economico è previsto uno stanziamento fra i 6,8 e 7,2 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 5,4 dell’anno scorso e 4,3 del 2019. La parte del leone riguarda gli ammodernamenti dei sistemi d’arma. Il settore Ricerca e sviluppo (R&S) è un po’ la Cenerentola con 50,1 milioni di euro. «Proprio in questo momento bisognerebbe investire di più nella R&S, altrimenti si rischia di perdere il treno dell’innovazione tecnologica» spiega Giovanni Martinelli, analista del settore Difesa. Armi laser e ipersoniche, computer quantistici, intelligenza artificiale a cominciare dal «machine learning» applicato a sistemi robotici anche letali che agiscono in autonomia sono le nuove frontiere. «Per non parlare della cyber-sicurezza, del dominio spaziale e delle biotecnologie di grande attualità in tempo di pandemie, che possono trovare applicazioni nel campo civile» sottolinea Martinelli. «Il momento è decisivo per investire nella ricerca e sviluppo della Difesa, altrimenti rischi di perdere il treno dell’innovazione tecnologica».
Le ricadute sull’economia nell’ottica della rinascita post pandemica sono importanti. Un aumento del 10 per cento della R&S militare sostenuta dal governo genera un aumento del 5-6 per cento nella R&S finanziata privatamente nei settori di riferimento come telecomunicazioni, trasporti, sanità. «L’Italia può prendere esempio da Israele e Stati Uniti per velocizzare la transizione digitale grazie all’aiuto delle forze armate» è convinto l’avvocato Marco Nicolini, partner dello studio legale internazionale Orrick. Negli Usa il 30 per cento degli scienziati e ingegneri che lavorano nella ricerca e sviluppo in campo privato operano in settori collegati ad attività militari. Nicolini ricorda che «nell’ottobre 2020, l’allora sottosegretario del dipartimento della Difesa, Michael Kratsios, ha annunciato l’assegnazione di risorse pari a 600 milioni di dollari destinate a finanziare contratti con 15 diversi appaltatori per eseguire test e valutazione di tecnologie 5G in cinque installazioni militari negli Stati Uniti».
Nell’esercito italiano le tecnologie d’avanguardia sono già realtà. All’estero sono stati testati i mini droni Raven, che nel nostro Paese servono per individuare le discariche abusive nella Terra dei Fuochi. L’evoluzione delle camere termiche, che permettono di «vedere» al buio intercettando i migranti illegali in arrivo dalla rotta balcanica. I radar terrestri Ranger vengono utilizzati per intercettare gli ordigni lanciati contro i cantieri della Tav. Per il soldato del futuro si sta sperimentando la trasmissione wireless dei dati vitali, una tecnologia d’avanguardia che avrà sviluppi anche nel mondo civile. Israele e la sua «Silicon wadi», nell’area costiera di Tel Aviv ad alta concentrazione di aziende tecnologiche, è l’esempio concretso del connubio fra Difesa e privati. Uno dei trait d’union è il programma Talpiot, spiega Nicolini, che «recluta i migliori giovani israeliani di tutto il Paese direttamente dalla scuola e combina il loro servizio militare con un’educazione scientifica e ingegneristica». Talpiot ha messo a punto la nuova tecnologia bellica utilizzata per distruggere i tunnel di Hamas a Gaza durante l’ultima offensiva delle settimane scorse. «Ci sono attualmente più di 4 mila imprese high-tech che operano in Israele, molte delle quali traggono le loro idee dall’esperienza bellica» fa notare Nicolini. Come l’Ocram Technologies Ltd. che sfrutta la tecnologia legata all’intelligenza artificiale di origine militare per sviluppare prodotti mirati per chi ha perso la vista, gli ipovedenti e altre menomazioni fisiche. Il Gps, oramai di comune uso commerciale, era nato per aumentare l’efficienza dell’esercito americano sul campo di battaglia. Un altro grande settore “duale” al contrario, con i militari che utilizzano le innovazioni civili, sono le reti 5G. Oggi applicate ai telefonini, serviranno alla guida dei missili ipersonici, che viaggiano cinque volte la velocità del suono. Il riconoscimento facciale adottato dall’ultimo I phone è già allo studio per i droni killer e robot da guerra per colpire determinati individui. L’Italia con la rete satellitare COSMO-SkyMed prevede frane e alluvioni, coordina i soccorsi in caso di terremoti o incendio, ma controlla anche dall\'alto le aree di crisi per scopi militari. La Difesa del futuro punterà a progetti sull’intelligenza artificiale, computer quantistici, economia spaziale «attraverso nuovi satelliti e microsatelliti» e apprendimento automatico applicato ai robot. Tutti progetti «che conquisteranno un’indubbia centralità nel mondo di domani e, soprattutto, nell’economia del futuro». © riproduzione riservata |
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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz e tutti i caduti sul fronte dell'informazione
Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.
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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni.
Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra.
Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti.
Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti.
Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata».
Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.
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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.
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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento |
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.
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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento |
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale
Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio
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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento |
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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