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13 agosto 2021 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
Cade Herat, il fortino italiano Gli Usa: “Via con ogni mezzo”
«Noi non cediamo le armi. Siamo i commandos e combattiamo fino alla morte. Come può sentire stanno sparando, ma continuiamo a resistere a Ghazni». La voce in ottimo italiano di un ufficiale dei corpi speciali, va e viene via whatsapp, dall\\\'inferno di una delle città conquistate ieri dai talebani. L\\\'ufficiale, che per motivo di sicurezza non citiamo con nome e cognome, è stato addestrato e formato nel nostro paese in accademia a Modena e poi a Torino. Oltre a Ghazni è caduta Herat, dove fino a giugno il contingente italiano aveva il suo quartier generale. La disfatta condanna dozzine di nostri ex interpreti a un destino incerto tagliati fuori dalla promessa, ma mancata evacuazione. Anche Kandahar, la seconda città del paese, sarebbe caduta secondo i talebani. Se così fosse 13 capoluoghi di provincia su 34 sono stati occupati con una media impressionante di 2 al giorno dal 6 agosto.
L\\\'ufficiale dei corpi speciali afghani assediato a Ghazni ha 29 anni e a Modena aveva frequentato il corso «Coraggio», che non gli manca come racconta in questa incredibile testimonianza per il Giornale dalla prima linea. «La città è caduta e il governatore è fuggito. Noi combattiamo da due giorni per evacuare i poliziotti ed i funzionari governativi rimasti» racconta il coraggioso ufficiale. I talebani sono vicini e si sentono le raffiche di mitra. I corpi speciali sono asserragliati in una caserma e hanno chiesto l\\\'appoggio aereo. Il governatore, Mohammad Dawood Laghmani, è stato arrestato con l\\\'accusa di essersi accordato sotto banco con i talebani. «La situazione è bruttissima - spiega l\\\'ufficiale - Non è possibile sganciarci via terra. Attenderemo l\\\'arrivo degli elicotteri». I 20mila uomini dei corpi speciali combattono veramente e l\\\'unità dell\\\'afghano formato in Italia è stata impegnata sui fronti più caldi ad Herat e prima di Ghazni a Lashkar Gah «dove ho perso due uomini colpiti dai cecchini».
La sua famiglia è nel mirino. «I talebani hanno occupato il mio villaggio e bruciato la nostra casa - racconta con un velo di tristezza - Ho perso 8 parenti compresi due fratelli, uno decapitato. E sono stati ammazzati pure i nipotini piccoli». L\\\'ultimo caduto è il cugino, anche lui militare, seguito fino sotto casa e freddato a Kabul. «Danno la caccia agli ufficiali dei corpi speciali - racconta - Vogliono eliminarci perché siamo quelli che intervengono dappertutto». Da Ghazni ci manda un video dei talebani di fronte alle sue posizioni: «Sono ben armati e appoggiati dal Pakistan. Nelle loro fila ci sono diversi pachistani».
Washington ha invitato tutti gli americani a lasciare «immediatamente» l\\\'Afghanistan con voli commerciali senza fare affidamento sull\\\'ambasciata. Zabihullah Mujaid, portavoce dei talebani, ha annunciato «la conquista di Kandahar». Su Twitter pubblica un video con gli insorti che avanzano nelle strade deserte della «capitale» del sud, seconda città del Paese.
Herat, nell\\\'Afghanistan occidentale che i soldati italiani hanno presidiato per quasi 20 anni, è pure caduta, a sorpresa, dopo sei attacchi respinti nelle 24 ore precedenti. I talebani sono entrati da Est e ben presto avanzavano sparando davanti la moschea blu. Il quartiere generale della polizia è stato occupato per primo, poi hanno attaccato la centrale dei servizi segreti ed il carcere liberando i detenuti per arruolare nuova manovalanza. Ismail Khan, il leone di Herat eroe della guerra contro i sovietici, che aveva mobilitato la milizia popolare sarebbe scappato verso nord. Anche la sua villa è stata occupata dai talebani. Non è chiaro che fine abbiano fatto le unità speciali come la 555 e se Camp Arena, l\\\'ex quartier generale italiano a fianco dell\\\'aeroporto, sia ancora in mano ai governativi.
L\\\'unica, vergognosa, certezza è che l\\\'Italia non ha evacuato in tempo dozzine di ex collaboratori rimasti intrappolati ad Herat. La sera prima della caduta della città gli interpreti si erano riuniti con le famiglie inviando al Giornale un toccante messaggio: «É straziante. I bambini e le loro madri implorano di fare qualcosa. Le donne disperate temono che i talebani ci decapiteranno per aver lavorato con gli italiani. Scrivete che ci sentiamo traditi, dimenticati, lasciati ingiustamente indietro».
[continua]

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13 marzo 2011 | Terra! | reportage
Cicatrici
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14 marzo 2007 | L'Infedele - La7 | reportage
Afghanistan, la guerra impossibile
Afghanistan, la guerra impossibile

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16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore. I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria. A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io. Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi. Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento. Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti. Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia. Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana. La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga. Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa. La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti. Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa. Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata. La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi. Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul. Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani. Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan. Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa. Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco. I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India. Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano. Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa. Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.

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radio

04 febbraio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
Afghanistan
Task force Nibbio. I nostri in Afghanistan per combattere/1
Gli alpini della task force Nibbio andranno a Khowst vicino al confine con il Pakistan. Polemiche fra gli americani ed il ministro della Difesa Antonio Martino su missione di guerra o di pace.

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27 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - La compagnia Diavoli nell'inferno di Delaram
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani

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08 marzo 2003 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
I figli di Osama Bin Laden
La leggenda vuole che Osama bin Laden abbia una ventina di figli e tre o quattro mogli. Il maggiore è il ventitreenne Saad, cresciuto al fianco del padre, prima in Sudan e poi in Afghanistan nella seconda metà degli anni novanta. Osama gli ordinò di seguirlo nell'ultimo roccaforte di Tora Bora. Se fosse morto sotto i bombardamenti americani Saad avrebbe dovuto seppellirlo in un luogo segreto, continuando ad alimentare il suo mito. Dopo la disfatta afghana Saad è diventato il "delfino" di Osama, occupandosi direttamente della parte organizzativa e finanziaria dei nuovi attacchi terroristici. Altri due figli di Bin Laden hanno seguito il padre nella guera santa contro gli infedeli: Mohammed ed Ahmed. Il primo era considerato, fino all'avvento di Saad, l'erede designato. Mohammed, che ha 21 anni, fa parte delle guardie del corpo di Bin Laden. Sull'altro figlio, Ahmed, ripreso mentre imbraccia le armi a fianco di Osama si sa molto poco. Invece è più famoso Hamza, il dodicenne, pronto pure lui a combattere, che si è fatto riprendere fra i resti di un elicottero abbattutto da Al Qaida in Afghanistan. Nonostante sia un bambino ha recitato dei poemi-proclam,i davanti alle telecamere, da far accapponare la pelle: "Avverto l'America che la sua gente dovrà far fronte a terribili conseguenze se cercheranno di prendere mio padre. Combattere gli americani è alla base della fede"nell'Islam duro e puro.
Fausto Biloslavo
per Radio 24 Il sole 24 ore

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02 novembre 2009 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento
Afghanistan
La crisi elettorale
Dopo il boicottaggio del secondo turno di Abdulla Abdullah, il rivale tajiko del presidente pasthun Hamid Karzai

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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/3
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti. "Bisogna stare sempre più attenti. E poi se un giornalista perde la vita non può mandare il pezzo"

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