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Articolo
29 agosto 2021 - Il fatto - Afghanistan - Il Giornale |
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| Ora parte la fase due: l’esodo passa via terra Di Maio: “Allerta Jihad” |
Allarme terrorismo e seconda fase dell\\\'operazione Aquila di evacuazione degli afghani, che adesso dovranno raggiungere Iran o Pakistan per ottenere dalle nostre ambasciata un visto umanitario. «Finisce una prima fase, ma è inutile nascondere che adesso inizia quella più difficile. Ci sono tanti cittadini afghani che aspettano ancora di essere evacuati», ha spiegato ieri il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, accogliendo l\\\'ultimo volo militare italiano da Kabul. «Non possiamo più farlo con i ponti aerei, ma siamo pronti con le Nazioni Unite ed i paesi limitrofi dell\\\'Afghanistan a lavorare per garantire a queste persone che hanno collaborato con noi in 20 anni di poter avere la stessa possibilità dei 5mila cittadini afghani evacuati in questi giorni», ha ribadito il responsabile della Farnesina. Il Giornale ha scoperto che solo ad Herat sono rimasti tagliati fuori in 160, compresi i familiari. E tutti sarebbero pronti ad andare in Iran per chiedere un visto umanitario all\\\'ambasciata italiana a Teheran. A Kabul sono altri 150, comprese 4 famiglie di ex interpreti del contingente italiano ad Herat, che vivono sotto le tende e avevano tentato, inutilmente, di raggiungere l\\\'aeroporto per l\\\'evacuazione. I loro nomi sono nelle liste già autorizzate per la partenza, ma oramai è troppo tardi. «Abbiamo atteso giorni lungo la linea della morte», l\\\'unico corridoio di ingresso allo scalo dove si è fatto saltare in aria il terrorista dell\\\'Isis. «I miei figli hanno rischiato di morire nelle calca», scrive uno dei capifamiglia intestando il messaggio con un Sos. «Le vie d\\\'uscita terrestri sono aperte», ha dichiarato l\\\'ambasciatore Stefano Pontecorvo, rappresentante civile della Nato in Afghanistan, rientrato ieri da Kabul. «Come mi sento? Insoddisfatto ma abbiamo la coscienza a posto. Abbiamo fatto più del possibile». Gli afghani ancora bloccati nella capitale potrebbero dirigersi verso il Pakistan, dove è stata allertata la nostra ambasciata ad Islamabad. Agli interpreti ed ex collaboratori delle truppe italiane si sono aggiunti attivisti dei diritti civili e delle donne, sportivi, intellettuali e casi particolari ad alto rischio di rappresaglia elencati come «priorità 1», che facevano parte delle forze di sicurezza afghane. In tutto 4980 persone con i familiari più stretti, ma i numeri aumenteranno e bisogna stare attenti alle infiltrazioni. Molti «furbetti» anche all\\\'aeroporto si presentavano come ex collaboratori o perseguitati, ma in realtà puntavano solo ad un passaggio gratis in Occidente. Un copione che potrebbe ripetersi con la fase 2 della fuga via terra. E purtroppo esiste anche il pericolo di infiltrazioni jihadiste fra i profughi veri. «C\\\'è una grande preoccupazione per le minacce terroristiche, ed è per questo che nei prossimi giorni avremo altre riunioni con i nostri alleati per organizzare le prossime iniziative», ha ribadito Di Maio. L\\\'allerta terrorismo è già scattata negli Stati Uniti. La Cnn cita funzionari del Dipartimento di sicurezza interna, che indicano «tre minacce principali». Il primo rischio è che dall\\\'Afghanistan terroristi dell\\\'Isis o di al-Qaeda possano avere usato l\\\'evacuazione o ipotizzino di sfruttare il canale di fuga via terra come un sistema per entrare negli Usa o in Europa. «Per evitarlo è in corso uno screening approfondito e un processo di controllo accurato per chi viene trasferito», ha detto il capo dell\\\'intelligence interna John Cohen. Nelle ultime due settimane di ponti aerei, però, sono saltati, in particolare per l\\\'Italia, gran parte dei controlli, che portavano via troppo tempo. La seconda minaccia è l\\\'ispirazione dalla vittoria talebana per compiere attentati in Occidente. E la terza e la reazione, già monitorata sui social, all\\\'alto numero di profughi afghani in arrivo. Dei 117mila evacuati in due settimane da Kabul, il 40% era diretto negli Stati Uniti. |
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16 dicembre 2012 | Terra! | reportage
Afghanistan Goodbye
Dopo oltre dieci anni di guerra in Afghanistan i soldati italiani cominciano a tornare a casa. Questa è la storia del ripiegamento di 500 alpini dall’inferno di Bakwa, una fetta di deserto e montagne, dimenticata da Dio e dagli uomini, dove le penne nere hanno sputato sangue e sudore.
I famigerati ordigni improvvisati chiamati in gergo Ied sono l’arma più temibile dei talebani che li sotterrano lungo le piste. Questo è il filmato ripreso da un velivolo senza pilota di un blindato italiano che salta in aria.
A bordo del mezzo con quattro alpini del 32imo genio guastatori di Torino c'ero anch'io.
Grazie a 14 tonnellate di corazza siamo rimasti tutti illesi.
Il lavoro più duro è quello degli sminatori che devono aprire la strada alle colonne in ripiegamento.
Il sergente Dario Milano, veterano dell’Afghanistan, è il cacciatore di mine che sta davanti a tutti.
Individua le trappole esplosive da un mucchietto di terra smossa o da un semi invisibile filo elettrico del detonatore che spunta dalla sabbia.
Nel distretto di Bakwa, 32 mila anime, questo giovane afghano rischia di perdere la gamba per la cancrena. Il padre ha paura di portarlo alla base italiana dove verrebbe curato, per timore della vendetta talebana.
La popolazione è succube degli insorti e dei signori della droga.
Malek Ajatullah è uno dei capi villaggio nel distretto di Bakwa.
La missione del capitano Francesco Lamura, orgoglioso di essere pugliese e alpino è dialogare con gli afghani seduto per terra davanti ad una tazza di chai, il tè senza zucchero di queste parti.
Malek Ajatullah giura di non saper nulla dei talebani, ma teme che al ritiro delle truppe italiane il governo di Kabul non sia in grado di controllare Bakwa.
Tiziano Chierotti 24 anni, caporal maggiore del 2° plotone Bronx era alla sua prima volta in Afghanistan. Una missione di sola andata.
La polizia afghana cerca tracce dei talebani nel villaggio di Siav, ma gli insorti sono come fantasmi.
Il problema vero è che nessuno vuole restare a Bakwa, dove in tutto il distretto ci sono solo 100 soldati dell’esercito di Kabul.
Il maggiore Gul Ahmad ha arrestato tre sospetti che osservavano i movimenti della colonna italiana, ma neppure con il controllo dell’iride e le impronte digitali è facile individuare i talebani.
Il caporal maggiore Erik Franza, 23 anni, di Cuneo è alla sua seconda missione in Afghanistan.
Suo padre ogni volta che parte espone il tricolore sul balcone e lo ammaina solo quando gli alpini del 2° reggimento sono tornati a casa.
Per Bakwa è passato anche il reggimento San Marco.
I fucilieri di marina, che garantiscono il servizio scorte ad Herat, hanno le idee chiare sulla storiaccia dei due marò trattenuti in India.
Anche se ordini da Roma li impongono di non dire tutto quello che pensano.
Per Natale i 500 alpini di base Lavaredo saranno a casa.
Per loro è l’addio all’Afghanistan dove rimangono ancora 3000 soldati italiani.
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02 novembre 2012 | Tg5 | reportage
Messa in prima linea per l'ultimo caduto
Tiziano Chierotti ucciso in combattimento a Bakwa il 25 ottobre viene ricordato con una toccante cerimonia nella mensa da campo di base Lavaredo.
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27 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
La caduta di Kunduz
La caduta di Kunduz
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18 maggio 2010 | Radio 24 | intervento |
Afghanistan
Morire per Kabul?
La missione in Afghanistan è una sfida che non possiamo perdere, anche se ci costa sangue e sudore. La maggioranza degli ascoltatori di Radio 24, che ascoltano al mattino Alessandro Milan, vorrebbero il ritiro delle truppe.
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23 agosto 2008 | Radio24 | intervento |
Afghanistan
Strage di civili
Afghanistan, un'estate in trincea.
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06 luglio 2009 | Radio24 mattino | intervento |
Afghanistan
Marines all'attacco ed anche gli italiani all'offensiva
L'offensiva "colpo di spada" nella parte meridionale della provincia di Helmand lanciata da 4000 marines. Nel settore occidentale anche gli italiani all'attacco finiscono nel mirino dei talebani. in collegamento l'ex generale Mauro Del Vecchio, parlamentare del Parito Democratico.
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27 agosto 2008 | Radio24 | reportage |
Afghanistan
Taccuino di guerra - La compagnia Diavoli nell'inferno di Delaram
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani
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12 settembre 2002 | Radio 24 Nove in punto | reportage |
Afghanistan
Afghanistan un anno dopo/5
Un anno dopo l'11 settembre ed il crollo dei talebani il ruolo delle truppe straniere ed i rapporti con la popolazione. Sulla strada da Bagram, la più grande base degli americani, e Kabul sono appostati "gli avvoltoi". Banditi che si spacciano per poliziotti militari e ti derubano lasciandoti in mutande
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