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Reportage
16 settembre 2021 - Copertina - Afghanistan - Grazia
L’urlo delle ragazze di Kabul
Fausto Biloslavo
KABUL - “Giornalista, giornalista dammi il telefonino. Lo nascondo io. I talebani non ci perquisiscono perché siamo donne. E così facciamo vedere i tuoi video al mondo” mi urla all’orecchio una ragazza di Kabul per farsi sentire nonostante la valanga di spari. L’eroina afghana è avvolta dalla testa ai piedi da un’abaya color sabbia, la tunica musulmana imposta dai talebani che copre il gentil sesso dalla testa ai piedi. Tutto attorno è l’inferno, ma lei sembra non aver paura di nulla. I barbuti dell’Emirato sparano all’impazzata sopra le nostre teste per disperdere una coraggiosa manifestazione di centinaia di donne, che protestano contro il nuovo regime in difesa della libertà. Il telefonino con i video della violenta repressione l’ho già nascosto in una scarpa. Poco dopo verrò arrestato per un paio d’ore e mi sequestreranno tutto senza pensare alle scarpe.
Non dimenticherò mai il coraggio delle ragazze di Kabul, che la mattina del 7 settembre sanno bene a cosa vanno incontro sfidando l’Emirato il giorno della proclamazione del nuovo governo dell’Islam duro e puro. Quando i talebani iniziano a sparare all’impazzata le donne urlano e scappano in tutte le direzioni. I miliziani di Allah fanno muro. Allora a dozzine si accovacciano a terra per evitare di venire colpite, strette l’una all’altra per farsi forza come pulcini. Piangono di paura e di rabbia. Quando mi tuffo in mezzo allo sciame di veli bianchi e neri per cercare di scampare agli sgherri talebani provo a rincuorarle: “Non stanno sparando ad altezza d’uomo. Per fortuna non vogliono un bagno di sangue”. Allora le più giovani riprendono coraggio e chiedono a gran voce di raccontare la loro storia.  
Il corteo di 300 persone, in gran parte donne, all’inizio ha colto di sorpresa i talebani, che non sanno come fermare la manifestazione. “Lunga vita alla democrazia, lunga vita alla giustizia sociale” urla una giovane donna sporgendosi dal finestrino della macchina con il megafono, che rilancia gli slogan della protesta. Un’altra, che non avrà più di vent’anni, alza il pugno verso il cielo e urla a ripetizione “abbasso il Pakistan” stato padrino dei talebani. Studentesse, insegnanti, attiviste dei diritti femminili come Fawzia Wahdat, che ha perso la voce a forza di urlare slogan. Molte hanno in mano dei cartelli con scritto “libertà”. Una donna chiede di fermare i combattimenti nelle valle del Panjsher dove la resistenza anti talebana è stata travolta con l’aiuto dei droni pachistani. I talebani mandano rinforzi e cercano di sbarrare il passo al corteo, ma le donne avanzano imperterrite e ogni volta, assieme agli uomini, sfondano la cintura di sicurezza. I miliziani sembrano imbarazzati davanti al gentil sesso scatenato nella protesta. Qualche talebano punta l’arma contro i manifestanti che non demordono fino alla folle sparatoria che disperde la manifestazione.
Qualche giorno dopo incontriamo fra mille precauzioni una delle manifestanti, che continua a denunciare “l’incubo talebano”. Tamanne è una docente di  28enne: “Oltre alla prigionia rischiamo la fame. Ho perso il lavoro. Mi hanno detto che non posso più insegnare ai bambini sopra i dieci anni”. Non solo: in tutte le scuole e pure le università, comprese quelle private, il nuovo corso ha dato ordine di montare le tende di separazione fra maschi e femmine. Le palestre frequentate dalle ragazze sono chiuse come i negozi di abbigliamento femminile compresi quelli alla moda di Aryana Sayeed, una delle più famose cantanti afghane fuggita all’estero. Dietro le vetrine restano i manichini nudi, che rendono ancora più triste e assurda la situazione. “Abbiamo paura, ma dobbiamo batterci per i nostri diritti. Per questo continuerò a scendere in piazza” ribadisce Tamanne.
La via dei centri di bellezza nel centro di Kabul è “dipinta” di nero. Tutte le immagini di donne bellissime che attiravano le clienti sono state oscurate. Nei pochi saloni aperti chi ancora ci lavora non ha neanche il coraggio di uscire a parlare con i giornalisti. Dopo 20 anni di Nato, la capitale afghana, rischia di diventare di nuovo una prigione per le donne.
Roxena, nome di fantasia, è una giornalista che ha partecipato ad un corso di formazione in Italia. “Per me l’arrivo dei talebani a Kabul è un incubo. Non ci posso credere che ho perso tutte le libertà conquistate in vent’anni”. E spiega che adesso è costretta a pensare a come vestirsi per evitare guai: “Devo uscire coperta dal velo nero, comprato apposta. Prima non lo portavo mai”.
Nascosta dalla mascherina anti covid si chiede come “è possibile che l’Occidente ci abbia abbandonato. Sono cresciuta con i vostri valori e avete finanziato la mia istruzione. Adesso mi avete lasciata indietro”. Roxena era registrata, assieme ad altre giornaliste, nella lista di evacuazione, ma gli italiani non sono riusciti a portarla via dal paese. “A Kabul non c’è nessuna speranza per me - spiega - Non posso andare al lavoro e ho paura di uscire di casa. Voglio solo andarmene per costruire il mio futuro”.

video
16 aprile 2010 | SkyTG24 | reportage
Luci e ombre su Emergency in prima linea
Per la prima volta collegamento in diretta dal mio studio a Trieste. Gli altri ospiti sono: Luca Caracciolo di Limes, il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica e l'ex generale Mauro Del Vecchio. In collegamento Maso Notarianni, direttore di Peacereporter

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20 maggio 2010 | Rai 1 Mattina | reportage
L'ultimo addio ai caduti
I funerali di stato, a Roma per il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense.
Il racconto di come vivono e combattono i nostri soldati in Afgahnistan.

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14 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
Il primo collegamento da Kabul liberata dai talebani
Il primo collegamento da Kabul liberata dai talebani

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[altri video]
radio

06 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - Sveglia all'alba e trappole esplosive
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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31 gennaio 2003 | Gr24 - Radio 24 | intervento
Afghanistan
La "bomba sporca" di Bin Laden
Osama bin Laden è in possesso di una bomba atomica sporca secondo fonti del governo inglese. L'ordigno sarebbe stato confezionato ad Herat nell'Afghanistan occidentale prima dell'intervento militare alleato. Lo ha rivelato l'emittente britannica BBC basandosi su informazioni dei servizi sergeti di Londra. Un ulteriore conferma è giunta dagli interrogatori di Abu Zubaida, il responsabile dei campi di addestramento di bin Laden in Afghanistan, catturato nel vicino Pakistan dagli americani. Una bomba atomica sporca è un ordigno composto da esplosivo comune, ma circondato da sostanze radioattive. I talebani avrebbero collaborato alla sua confezione fornendo isotopi radioattivi per uso medico. Quando la bomba esplode polverizza il materiale radioattivo, che contamina una vasta area circostante. Dall'Afghanistan giungono oggi altre notizie drammatiche. Una mina anticarro piazzata su un ponte, una decina di chilometri a sud dall'ex roccaforte talebana di Kandahar ha ucciso 18 civili. Le vittime viaggiavano su un autobus e le autorità afghane sospettano che si tratti di un attentato degli integralisti. I resti dei talebani e di al Qaida si sono alleati con le forze fondamentaliste del signore della guera afgana Gulbuddin Hekmatyar formando le Brigate dei martiri islamici. Un'ulteriore minaccia che dimostra come l'Afghanistan sia sempre in bilico fra pace e guerra.
Fausto Biloslavo
per Radio 24 Il Sole 24 ore

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04 febbraio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
Afghanistan
Task force Nibbio. I nostri in Afghanistan per combattere/2
Uno dei nemici più temibili della task force Nibbio nel sud est dell'Afghanistan è il leggandario comandante filo talebano Jalaluddin Haqqani. Lo avevamo incontrato da quelle parti nel 1983, durante l'invasione sovietica, mentre sfidava le pallottole nel mezzo di un'assedio ad un forte governativo.

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13 gennaio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
Afghanistan
Arrivano i rinforzi italiani, ma in Afghanistan si mette male/1
Cinquanta attacchi al mese alle truppe della Nato. Gli americani cominciano ad usare il pugno di ferro ed infastidiscono anche gli alleati afghani. Gli italiani pronti ad inviare gli alpini.

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04 agosto 2008 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - In volo sugli elicotteri dei marines
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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