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Reportage
09 settembre 2021 - Prima - Afghanistan - Il Giornale
L’orgoglio talebano e le voci del bazar “Ora siamo felici il Paese è sicuro”
Maidan Shar (Afghanistan)
«Zanda bad Emirate islami», lunga vita all\\\\\\\'Emirato islamico, urlano i talebani in tenuta da combattimento che hanno conquistato l\\\\\\\'Afghanistan. Non è facile andare «embedded» con i nuovi padroni del paese, ma una volta accettati si mettono addirittura in posa per farsi scattare una fotografia. «Sono nato talebano» esordisce il comandante maulawi Mohammed Sharif Amadi. A 46 anni combatte con i seguaci di mullah Omar fin dal primo emirato islamico. Barbone nero come la pece e turbante dello stesso colore è orfano di guerra. «Mio padre ha imbracciato le armi nella jihad degli anni Ottanta, ma è stato ucciso dai russi» racconta Amadi. E aggiunge «tutta la famiglia è talebana. Sono orgoglioso di essere il primo ad avere raccolto il testimone combattendo contro gli americani».
Il comandate è responsabile militare della provincia di Wardak e ci accoglie nell\\\\\\\'ex ufficio del governatore a Maidan Shar, la porta d\\\\\\\'ingresso di Kabul, a sud ovest della capitale. Prima di portarci in giro con i «Ranger» il suo reparto migliore ci offre il pranzo, come ai vecchi tempi dei mujaheddin che resistevano all\\\\\\\'Armata rossa. Seduti a gambe incrociate in una spartana stanzetta con il suo stato maggiore, viene srotolata per terra una tovaglia di plastica. E buttate davanti ai piedi di ogni commensale le focacce di nan, il pane afghano che assomiglia alla pizza. I giornalisti sono ospiti d\\\\\\\'onore e devono lavarsi le mani per primi con un inserviente che versa l\\\\\\\'acqua da una brocca. Poi si mangia pane e ceci.
I talebani hanno abbandonato il fedele kalashnikov per fucili mitragliatori americani M-4, nuovi di zecca, abbandonati negli arsenali governativi. I «Ranger» sono in realtà variopinti miliziani armati fino ai denti con tunica e pantaloni a sbuffo, il vestito tradizionale. Qualcuno usa il rimmel per gli occhi e sfoggia un paio di moderni occhiali a specchio. I talebani più giovani, ai classici sandali dei mujaheddin preferiscono le sneakers, scarpe da ginnastica di moda fra i loro coetanei occidentali. I due fuoristrada verdi della polizia sono gli stessi di prima, ma sventolano la bandiera bianca con la professione di fede islamica, vessillo del nuovo Emirato islamico. La mini colonna talebana con i giornalisti embedded sfreccia verso la «roccia nera», uno spuntone che si erge sull\\\\\\\'autostrada numero 1, l\\\\\\\'unica dell\\\\\\\'Afghanistan. I governativi l\\\\\\\'avevano fortificata per bloccare l\\\\\\\'avanzata dei talebani arrivati già dal 2019 a 50 chilometri da Kabul. Mitragliatrici pesanti e mortai vomitavano ogni notte valanghe di fuoco sulle postazioni talebane.
Orgogliosi di venire filmati, i talebani con il comandante in testa marciano in colonna sulla pietraia scoscesa per raggiungere le postazioni fortificate abbandonate. «Il 14 agosto la battaglia è stata durissima - racconta Amadi circondato dai suoi uomini con le armi in pugno - Abbiamo attaccato da tre lati e alla fine i comandanti del governo sono fuggiti. Così abbiamo aperto la strada per Kabul che è caduta il giorno dopo». La carcassa di un blindato centrato dai talebani rimane come trofeo della vittoria. «Il mio sogno è l\\\\\\\'Emirato islamico e non accetteremo mai la democrazia - spiega il comandante - La nostra battaglia in questi anni è stata contro gli occidentali che volevano esportare la democrazia».
Nel bazar di Maidan Shar, il nuovo corso ha riempito le bancarelle di ogni ben di Dio. Gli afghani, a tutte le età, sembrano soddisfatti dell\\\\\\\'arrivo dei talebani. Oppure hanno imparato con tutti i cambi di regime l\\\\\\\'arte di adattarsi ai nuovi padroni. Un ragazzino di 14 anni, che parla bene inglese, il libro sotto braccio, insiste per dire la sua: «Siamo felici per l\\\\\\\'arrivo dei talebani. C\\\\\\\'è finalmente sicurezza. Adesso mi sento più tranquillo a tornare a casa». L\\\\\\\'anziano con la barba grigia ci racconta che era un soldato ai tempi del re, Zahir Shah. «Con i talebani la situazione sta migliorando - sostiene Han Mohammed - I ladri sono spariti. L\\\\\\\'Afghanistan ha bisogno della sharia (la dura legge del Corano, nda) e di pace».
[continua]

video
18 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia1 | reportage
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20 settembre 2009 | Domenica Cinque | reportage
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Su Canale 5: Più che eroi i paracadutisti caduti in Afghanistan sono soldati che hanno fatto il loro dovere fino in fondo

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17 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Kabul vuole tornare alla normalità
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05 agosto 2008 | Radio24 | reportage
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Taccuino di guerra - La base nel deserto
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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Con Fausto Biloslavo del Giornale ricostruiamo le fasi del blitz dei corpi speciali che ha consentito la liberazione dei due militari italiani rapiti in Afghanistan. Sono due agenti del Sismi, impegnati in una missione di ricognizione e fatti prigionieri da gruppi vicini ai talebani.

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04 febbraio 2003 | Radio 24 Nove in punto | intervento
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Gli alpini della task force Nibbio andranno a Khowst vicino al confine con il Pakistan. Polemiche fra gli americani ed il ministro della Difesa Antonio Martino su missione di guerra o di pace.

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11 novembre 2001 | Radio 24 Gr | reportage
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In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Cade Mazar i Sharif

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18 agosto 2010 | SBS | intervento
Afghanistan
Vittime civili e negoziati con i talebani
Dall’inizio dell’anno vengono uccisi in Afghanistan una media di 6 civili al giorno e 8 rimangono feriti a causa del conflitto. Lo sostiene Afghanistan rights monitor (Arm), che registra le vittime della guerra. Nel 2010 sono stati uccisi 1047 civili e altri 1500 feriti. Un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre il 60% delle vittime civili sono responsabilità degli insorti (661), che secondo il rapporto di Arm “dimostrano scarso o nessun rispetto per la sicurezza e la protezione dei non combattenti”. Le trappole esplosive hanno ucciso fino ad oggi 282 civili, più di ogni altra minaccia seguito da 127 morti a causa degli attacchi suicidi. Le truppe della coalizione internazionale hanno ridotto considerevolmente le perdite provocate fra i civili grazie alle restrizioni imposte sugli interventi aerei. L’Arm sostiene che dall’inizio dell’anno 210 civili sono morti per colpa della Nato. Altri 108 sono stati uccisi dalle forze di sicurezza afghane. Lo scorso anno, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi in Afghanistan 2.412 civili, il 14% in più rispetto al 2008. Però il 70% dei morti era responsabilità dei talebani. Non solo: le 596 vittime attribuite alle forze Nato e di Kabul segnano un calo del 28% rispetto al 2008. Un segnale che gli ordini ferrei del comando Nato in Afghanistan, tesi ad evitare perdite fra i civili, sono serviti a qualcosa. La propaganda talebana, però riesce a far credere in Afghanistan, ma pure nelle fragili opinioni pubbliche occidentali che i soldati della Nato sono i più cattivi o addirittura gli unici responsabili delle vittime civili a causa dei bombardamenti.

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