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Reportage
11 settembre 2021 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale
Nel Panshir ferito Talebani padroni e sfollati in fuga
Bazarak
Il gippone blindato americano della resistenza anti talebana è incenerito e accartocciato su uno dei tornanti della valle del Panshir. L\'impressione è che non sia stato colpito da un semplice missile anti carro, ma dal cielo. Forse dai droni pachistani che secondo la resistenza avrebbero dato man forte ai talebani. Nonostante l\'accredito dell\'Emirato islamico il Panshir è off limits per i giornalisti. La porta d\'ingresso ad arco si apre nella parte più stretta e affascinante della valle con il fiume che scorre fra le pareti selvagge. L\'automobile comune e scassata, gli abiti afghani che indossiamo e la barba che cresce hanno evitato l\'attenzione dei talebani di guardia.
Della resistenza di Ahmed Massoud, figlio del leggendario «leone del Panshir», che era arroccata nella valle restano solo un paio di blindati inceneriti dall\'alto e un mezzo più vetusto messo fuori uso da proiettili di mitragliatrice pesante. La valle è desolata con le case ai lati dell\'unica strada apparentemente sprangate, i negozi chiusi o abbandonati in una fuga precipitosa. Rari gli afghani del posto in giro. Lungo i tornanti si incontrano solo manipoli di talebani e le bandiere bianche con i versetti del Corano, vessillo dell\'Emirato. Non ci sono segni di aspri combattimenti come fori di proiettili sui muri, finestre infrante o macerie. Sembra quasi che la resistenza si sia dissolta sparando ben pochi colpi. La pressione militare e i negoziati attraverso gli anziani hanno evitato una lotta senza quartiere.
Lungo la valle molti poster del leggendario Massoud e di suo figlio sono stati fatti a pezzi, ma alcuni, seppure sbiaditi, resistono ancora. Il vero segno della guerra sono gli sfollati, che incrociamo a singhiozzo. Utilitarie, minivan, camion carichi all\'inverosimile di intere famiglie con i bambini pigiati ai finestrini e masserizie di ogni genere, dai materassi ai tappeti. Hanno portato via dalle loro case tutto quello che potevano e scappano verso sud per uscire dalla valle. Non parlano, ma gli sguardi tristi, i volti segnati dalla stanchezza, gli occhi spenti dicono tutto.
La resistenza accusa i talebani di «pulizia etnica» e di aver espulso dalla valle «migliaia di persone mentre il mondo rimane a guardare con indifferenza». A Bazarak, capoluogo del Panshir, sventola la bandiera dell\'Emirato. I talebani hanno occupato caserme e uffici amministrativi. A un posto di blocco ci chiedono addirittura un selfie felici per la vittoria, che forse non è totale. Sulla collina si staglia il mausoleo dove è sepolto Ahmad Shah Massoud, ucciso due giorni prima dell\'11 settembre da Al Qaida. Non ci lasciano avvicinare alla tomba vandalizzata del «leone».
Nel limbo della semi clandestinità decidiamo di presentarci nell\'ufficio del nuovo governatore talebano mulawi Qudratullah Panshiri per l\'autorizzazione a fare il nostro lavoro. Fuori dalla porta dell\'ufficio occupato fino a pochi giorni fa da Massoud c\'è una passerella di barbuti miliziani in attesa di ordini. E anche qualche civile come il giovane che vuole farsi restituire la macchina presa «in prestito» dai talebani per trasportare feriti e sparita nel nulla. Miliziani con fucile e turbante nero dei pasthun duri e puri si mescolano ai talebani locali con il pacul, copricapo a ciambella reso famoso da Massoud, che parlano dari e sono tajiki. Panshiri ci fa attendere un\'ora per poi mandare il figlio: «Niente foto, niente video. Il governatore non parla con i giornalisti. Andate via e tornate fra una o due settimane».
Violenti scontri con la resistenza sarebbero in corso nei distretti di Dara, Abshar e Paryan, molto più in alto. Non a caso i talebani ci fanno tornare indietro. Serpentoni di fuoristrada nuovi di zecca dell\'Emirato zeppi di miliziani armati fino ai denti si inerpicano verso la battaglia. Triste lasciarci alle spalle il Panshir, la valle che non sarà mai più come prima, invitta e libera.
[continua]

video
14 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Il giorno dopo la liberazione di Kabul
Il giorno dopo la liberazione di Kabul

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04 giugno 2010 | Tele4 | reportage
Intervista sul'Afghanistan la mia seconda patria
Un'intervista di Tele 4 in occasione del dibattito “Afghanistan: raccontare la guerra, raccontare la pace”, al Circolo della Stampa di Trieste,con la fotorgafa Monika Bulaj.

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14 novembre 2001 | Studio Aperto | reportage
I talebani fuggono da Kabul
Dopo una battaglia durata 24 ore i mujaheddin dell'Alleanza del nord sono entrati vittoriosi a Kabul il 13 novembre 2001. I talebani hanno abbandonato la capitale.

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[altri video]
radio

18 agosto 2010 | SBS | intervento
Afghanistan
Vittime civili e negoziati con i talebani
Dall’inizio dell’anno vengono uccisi in Afghanistan una media di 6 civili al giorno e 8 rimangono feriti a causa del conflitto. Lo sostiene Afghanistan rights monitor (Arm), che registra le vittime della guerra. Nel 2010 sono stati uccisi 1047 civili e altri 1500 feriti. Un incremento del 13% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Oltre il 60% delle vittime civili sono responsabilità degli insorti (661), che secondo il rapporto di Arm “dimostrano scarso o nessun rispetto per la sicurezza e la protezione dei non combattenti”. Le trappole esplosive hanno ucciso fino ad oggi 282 civili, più di ogni altra minaccia seguito da 127 morti a causa degli attacchi suicidi. Le truppe della coalizione internazionale hanno ridotto considerevolmente le perdite provocate fra i civili grazie alle restrizioni imposte sugli interventi aerei. L’Arm sostiene che dall’inizio dell’anno 210 civili sono morti per colpa della Nato. Altri 108 sono stati uccisi dalle forze di sicurezza afghane. Lo scorso anno, secondo le Nazioni Unite, sono stati uccisi in Afghanistan 2.412 civili, il 14% in più rispetto al 2008. Però il 70% dei morti era responsabilità dei talebani. Non solo: le 596 vittime attribuite alle forze Nato e di Kabul segnano un calo del 28% rispetto al 2008. Un segnale che gli ordini ferrei del comando Nato in Afghanistan, tesi ad evitare perdite fra i civili, sono serviti a qualcosa. La propaganda talebana, però riesce a far credere in Afghanistan, ma pure nelle fragili opinioni pubbliche occidentali che i soldati della Nato sono i più cattivi o addirittura gli unici responsabili delle vittime civili a causa dei bombardamenti.

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27 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - La compagnia Diavoli nell'inferno di Delaram
Afghanistan,un'estate in trincea.In prima linea con i soldati italiani

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07 agosto 2008 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Taccuino di guerra - In pattuglia con i marines
Afghanistan, un'estate in trincea. In prima linea con i marines

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08 aprile 2008 | Radio 24 - Gr24 extralarge | reportage
Afghanistan
Surobi, avamposto dimenticato. Gli italiani in prima linea
A piedi, con i muli, nei mezzi che assomigliano a gatti delle nevi blindati, gli alpini paracadutisti dell’avamposto dimenticato di Surobi, 70 chilometri a sud est di Kabul, ce la mettano tutta. Centoquaranta uomini a cominciare dai corpi speciali, i ranger del reggimento Monte Cervino, assieme ai paracadutisti della Folgore e agli esperti Cimic degli interventi umanitari e di ricostruzione. Tutti in prima linea nella guerra degli italiani in Afghanistan.

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12 novembre 2001 | Radio 24 Linea 24 | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Una giornata di guerra/2
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. L'avanzata su Kabul e le notizie di saccheggi e vendette a Mazar i Sharif. I "gulam jam" del generale Dostum sono entrati in città. Tagliano le orecchie ai nemici per ottenere la ricompensa. Il soprannome "gulam jam" significa che quando passano loro bisogna arrotolare il tappeto e andarsene, perchè non resta più nulla

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