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Reportage
08 settembre 2021 - Copertina - Afghanistan - Panorama
Il futuro si è fermato a Kabul
“Come vedete le strade sono vuote. Prima erano piene di gente. E sono scomparse le donne. I talebani non le vogliono in giro” spiega uno degli interpreti dei soldati italiani, che è rimasto indietro, tagliato fuori dalla drammatica evacuazione dall’aeroporto di Kabul. S. ha mandato un video che riprende la ruota della sua bicicletta, la zona circostante e fa sentire la voce, senza vedere la faccia, mentre pedala nel centro di Herat. Fino a due mesi fa il contingente italiano aveva il suo quartier generale alle porte della città, Camp Arena a fianco dell’aeroporto, oggi in mano ai talebani del nuovo Emirato islamico.
L’operazione dell’Italia Aquila Omnia ha portato in salvo 4980 afghani che hanno collaborato con i militari, attivisti dei diritti umani e femminili, militari e atleti a rischio rappresaglia. Oltre il muro dello scalo di Kabul, però, “ne sono rimasti altrettanti e lo dico con un nodo alla gola” ha ammesso il generale Luciano Portolano, che ha guidato l’operazione da Roma. Per i paesi della Nato sono almeno 60mila, ma gli americani stimano 100mila e anche più. Vent’anni dopo l’11 settembre e l’intervento in Afghanistan quale sarà il loro destino? Come riusciranno a fuggire dalla Caporetto afghana? “Il segretario generale della Nato è stato chiarissimo: non si abbandona nessuno. Ed io farò di tutto per aiutare chi è rimasto indietro” dichiara a Panorama l’ambasciatore Stefano Pontecorvo. Rappresentante civile dell’Alleanza atlantica per l’Afghanistan è rimasto a Kabul fino all’ultimo giorno dell’evacuazione.
S. aveva lavorato quattro anni come interprete per i soldati italiani e poi si è arruolato nell’esercito afghano sciolto come neve al sole davanti all’avanzata talebana. Il 19 agosto è partito da Herat con la famiglia arrivando il giorno dopo a Kabul. Per giorni cerca di raggiungere uno degli ingressi dello scalo per l’evacuazione. “Sto diventando pazzo. Ad Herat i talebani sono venuti a cercarmi a casa. All’aeroporto non mi fanno entrare” sono le parole disperate del nostro ex interprete. S. continua ad inviare messaggi a un tenente colonnello della task force italiana dentro lo scalo, che non risponde più. L’ultimo volo parte il 27 agosto. S. torna ad Herat deciso a lasciare il paese verso l’Iran dove l’ambasciata italiana dovrebbe garantirgli un visto umanitario.
Hassan, un altro ex intreprete, è rimasto bloccato a Kabul. “I talebani passano armati sotto le finestre del mio albergo. Non faccio altro che pensare a quando ero a Bala Baluk, nella provincia di Farah, con l\\\'esercito italiano. Se lo scoprono mi ammazzano in strada, senza processo” scrive via whatsapp. Noori ce l’aveva quasi fatta, dopo una settimana di tentativi. Il 26 agosto l’attentato del kamikaze dell’Isis in mezzo alla folla in fuga che provoca 170 morti fa saltare tutto: “Nel caos abbiamo perso soldi e passaporti. Non possiamo più andare da nessuna parte. Siamo bloccati nel limbo afghano”.
Anche 118 studenti, comprese 81 ragazze, già iscritti all’università La Sapienza di Roma sono rimasti tagliati fuori e ora si nascondono dai talebani. Un chirurgo afghano che si è formato da noi, inserito nelle liste di evacuazione, non è riuscito a raggiungere l’aereo della salvezza bloccato una volta dai talebani e la seconda dai soldati americani. In tanti, dopo aver tentato di raggiungere i cancelli dell’aeroporto circondati da migliaia di persone, sono scappati nel Panjsher, la valle a nord di Kabul dove resiste Ahmad Massoud con i corpi speciali che non hanno ceduto le armi.
Il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha lanciato un appello all’Unione europea. “C’è un reale rischio in Afghanistan che procuratori e giudici, soprattutto donne, siano perseguitati” si legge nella lettera. Anche avvocati afghani hanno chiesto aiuto all’Italia, che per vent’anni ha messo in piedi la giustizia afghana.
“Come Nato sono rimasti indietro 2mila collaboratori afghani che consideriamo a vari livelli di rischio” ammette Pontecorvo. “I corridoi umanitari difficilmente verranno concessi perchè i talebani non possono permettersi di favorire l’esodo dell’intellighenzia del paese. O vanno nelle nazioni limitrofe oppure i talebani hanno promesso di lasciarli andare quando ripartiranno i voli commerciali, ma devono avere un documento valido per l’espatrio. E come ottengono un visto a Kabul se le ambasciate sono chiuse?” spiega l’ambasciatore. Il piano di fuga per chi è nelle liste di Schindler afghane prevede di scappare in Iran o Pakistan e ottenere il visto umanitario alle nostre sedi diplomatiche a Teheran e Islamabad.
Una caccia all’uomo a tappeto in tutto il paese non è scattata, ma i talebani o con maggiore probabilità i loro consiglieri pachistani hanno fatto di meglio. Il 15 agosto, quando Kabul è caduta senza sparare un colpo nelle mani dei talebani, delle unità speciali si sono dirette al quartier generale dell’Nds, i servizi segreti afghani e al ministero delle Telecomunicazioni. L’obiettivo era mettere le mani sui documenti con i nomi degli informatori sul libro paga dell’intelligence e sul sistema fornito dalla Cia per intercettare i cellulari afghani. Nessuno aveva fatto in tempo a distruggere i documenti e l’attrezzatura sensibile. Non è escluso che negli archivi dell’Nds ci siano anche nomi e informazioni sui collaboratori della Nato compresi quelli che hanno lavorato per gli italiani.
Addirittura il Qatar, alleato dei talebani, si è unito alla comunità internazionale nell’appello per garantire “un passaggio sicuro a chi vuole lasciare il paese”. Papa Francesco ha fatto sentire la sua voce per salvare chi è rimasto indietro. E l’Osservatore romano scrive: “Non tutti ce l\\\'hanno fatta a salire su un aereo. E ancora più numerosa è la schiera di quanti non sono riusciti a varcare uno dei confini terrestri raggiunti spesso dopo giorni di cammino. E così per gli afghani costretti a rimanere nel paese sotto il \\\"nuovo\\\" regime dei talebani la vera emergenza comincia adesso”.
La guerra lampo degli insorti ha spinto 320mila afghani a scappare verso Kabul. “C’è anche una pesante siccità che colpisce aree dove vivono 10 milioni di persone. E non sarà facile distribuire gli aiuti in vista dell’inverno. Temo forti spostamenti di popolazione all’interno e verso l’esterno” osserva Pontecorvo.
Il nuovo Emirato dovrà fare i conti con lo stop agli aiuti non solo per la chiusura degli aeroporti. Durante un incontro segreto con i vertici talebani, Richard Moore, capo dell’M I6, l’intelligence britannica, ha avvisato che non arriverà niente fino a quando l’Emirato sarà alleato di Al Qaida. Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, lancia l’allarme: \\\"Una catastrofe umanitaria incombe in Afghanistan”. Ramiz Alakbarov  del Programma alimentare mondiale ha riferito che un terzo della popolazione di 38 milioni di abitanti sopravvive grazie agli aiuti internazionali. Dell’1,3 miliardi di dollari necessari è stato coperto il 39%. Grazie al congelamento dei finanziamenti in seguito alla presa del potere dell’Emirato “le scorte di cibo potrebbero esaurirsi a fine mese”.
Fausto Biloslavo

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06 settembre 2021 | Quarta Repubblica Rete 4 | reportage
La vera guerra degli italiani
La guerra di pace degli italiani in Afghanistan, che non vi hanno mai fatto vedere perché era meglio dire che portavamo caramelle ai bambini. Tutti filmati combat girati dai nostri soldati in 20 anni di missione che è finita con una Caporetto

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27 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 | reportage
Kunduz sta cadendo
Kunduz sta cadendo "Inshalla"

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07 giugno 2010 | Porta a Porta | reportage
Un servizio sulle guerre di pace degli italiani
Le “guerre” di pace degli italiani sono iniziate nel 1982, con la prima importante missione all’estero nel martoriato Libano, dopo il conflitto fra israeliani e palestinesi. Oggi sono quasi diecimila i soldati italiani impegnati nel mondo in venti paesi. Oltre alla baionette svolgiamo un apprezzato intervento umanitario a favore della popolazione. Dall’Africa, ai Balcani, al Medio Oriente, fino all’Afghanistan non sempre è una passeggiata per portare solo caramelle ai bambini. Nel 1991, durante la guerra del Golfo, un caccia bombardiere italiano è stato abbattuto dalla contraerea irachena. Il pilota Gianmarco Bellini ed il navigatore Maurizio Cocciolone sono rimasti per 45 giorni nelle cupe galere di Saddam Hussein. Quella in Somalia, è stata una missione sporca e dura, macchiata da casi isolati di torture e maltrattamenti. Al check point Pasta, a Mogadiscio, i paracadutisti della Folgore hanno combattuto la prima dura battaglia in terra d’Africa dopo la seconda guerra mondiale. Alla fine del conflitto etnico siamo intervenuti a pacificare la Bosnia. Per il Kosovo, nel 1999, l’aeronautica militare ha bombardato i serbi effettuando 3mila sortite. Una guerra aerea di cui non si poteva parlare per opportunità politiche. Dopo l’11 settembre i focolai di instabilità sono diventati sempre più insidiosi, dall’Iraq all’Afghanistan. Nel 2003, con la missione Antica Babilonia a Nassiryah, i nostri soldati sono rimasti coinvolti nelle battaglie dei ponti contro i miliziani sciiti. In sole 24 ore gli italiani hanno sparato centomila colpi. Siamo sbarcati di nuovo in Libano dopo il conflitto fra Israele ed Hezbollah, ma la nostra vera trincea è l’Afghanistan. Con i rinforzi previsti per l’estate arriveremo a 4mila uomini per garantire sicurezza nella parte occidentale del paese, grande come il Nord Italia, al confine con l’Iran. Herat, Bala Murghab, Farah, Bala Baluk, Bakwa, Shindad sono i nomi esotici e lontani dove fanti, alpini, paracadutisti combattono e muoiono in aspri scontri e imboscate con i talebani o attentati. Dal 1982, nelle nostre “guerre” di pace, sono caduti 103 soldati italiani.

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11 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ A caccia dei razzi talebani
A caccia di mortai e razzi talebani che colpivano Tobruk, la base più avanzata dei paracadutisti italiani nella famigerata provincia di Farah. E’ questa la missione del 2° plotone Jolly guidato dal maresciallo Cristiano Nicolini, 35 anni, di Ancona. Si esce di notte con i visori notturni montati sull’elmetto che fanno sembrare il paesaggio afghano ancora più lunare di quello che è, con una tinta verdognola. Si va verso Shewan la roccaforte dei talebani, dove gli inosrti hanno scavato tunnel e cunicoli che collegano le case, le postazioni trincerate e spuntano a 300 metri dall’abitato in campo aperto. Come i vietcong. Un reticolo mortale per i parà che da queste parti hanno combattuto battaglie durissime. “Negli ultimi due mesi le trappole esplosive e le imbosctae sono aumentate fortmente, in vista delle elezioni” spiega il maresciallo Nicolini. Per il voto del 20 agosto che eleggerà il nuovo presidente afghano sono previsti 1089 seggi elettorali nel settore ovest del paese controllato dagli italiani. Almeno il 15% è a rischio. I seggi vengono ricavati in scuole e moschee ed i parà li hanno ispezionati tutti nell’ostica provincia di Farah. In alcuni casi neppure esistevano, in un villaggio gli afghani non avevano idea che ci fossero le elezioni e da altre parti non hanno trovato anima disposta a parlare del voto. La maggioranza dei seggi, però, sarà aperta con l’aiuto della Folgore. Fausto Biloslavo da base Tobruk, Afghanistan occidentale per Radio 24 Il Sole 24 ore

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12 settembre 2002 | Radio 24 Nove in punto | reportage
Afghanistan
Afghanistan un anno dopo/5
Un anno dopo l'11 settembre ed il crollo dei talebani il ruolo delle truppe straniere ed i rapporti con la popolazione. Sulla strada da Bagram, la più grande base degli americani, e Kabul sono appostati "gli avvoltoi". Banditi che si spacciano per poliziotti militari e ti derubano lasciandoti in mutande

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13 aprile 2010 | SBS Radio Italian Language Programme | intervento
Afghanistan
Mistero Emergency
La Radio per gli italiani d'Australia intervista Strada, ma i misteri di Emergency cominciano con il rapimento del free lance Gabriele Torsello nel 2006 e dell'inviato di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo, l'anno dopo, sempre nella provincia di Helmand.

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12 settembre 2002 | Radio 24 Nove in punto | reportage
Afghanistan
Afghanistan un anno dopo/1
Un anno dopo l'11 settembre ed il crollo dei talebani comincia lo stillicidio di piccoli attacchi contro le forze della Nato. Osama Bin Laden, vivo o morte, è entrato nel mito della guerra santa

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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr speciale | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Una giornata di guerra/3
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Imminente la caduta di Kabul e già si parla del futuro dell'Afghanistan e dell'invio di truppe di pace

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