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Reportage
10 settembre 2021 - Dentro la notizia - Afghanistan - Corriere del Ticino
A Kabul è caccia ai giornalisti
Fausto Biloslavo
KABUL - “Giornalista!” urla un capoccia talebano nel caos delle fucilate che disperdono la manifestazione di protesta contro il nuovo Emirato. Due sgherri vestiti alla Rambo, grazie all’equipaggiamento abbandonato dagli americani, mi trascinano verso un fuoristrada della ex polizia di Kabul, che diventa la mia cella momentanea. Dal finestrino assisto alla repressione: giornalisti bastonati con i calci dei fucili mitragliatori, manifestanti ammanettati a terra e presi a calci in faccia. Per fortuna i talebani sparano sopra le teste e non ad altezza d’uomo per evitare un bagno di sangue. A parte i fori di proiettili che hanno infranto diverse finestre al quarto piano dell’hotel dei giornalisti, che stavano filmando la manifestazione dall’alto. Da ieri il nuovo regime islamico ha cominciato a tagliare internet in alcune zone di Kabul, dove continuano le proteste. Al posto della valanga di fuoco in aria provano ad usare fruste e bastoni per disperdere la folla, ma dal punto di vista dell’immagine “tollerante” del nuovo Emirato è ancora peggio. La caccia al giornalista scatta per non far circolare foto e video delle violenze. I talebani alla Rambo cercano di strapparti dalla mani telefonino o telecamera per farli  a pezzi. Poco prima dell’arresto, che è durato un paio d’ore, sono riuscito a vincere l’incontro di lotta con un miliziano che voleva portarmi via il cellulare utilizzato per documentare la manifestazione assolutamente pacifica. Poi mi sono lanciato in mezzo alle decine di donne accovacciate a terra per ripararsi dagli spari sperando di averla fatta franca. Alla fine sono stato arrestato mentre cercavo di dileguarmi, ma avevo nascosto il telefonino nella scarpa salvando tutte le immagini.
“Lunga vita alla democrazia, lunga vita alla giustizia sociale” gridava una donna senza paura nel corteo di 300 persone a Kabul disperso martedì a fucilate. Le donne, anima e cuore della protesta, sono inferocite con il Pakistan, padrino dei talebani accusato di avere usato i droni per schiantare l’ultima resistenza nella valle del Panjsher.
Ieri Kabul era blindata per il ventennale dell’uccisione di Ahmad Shah Massoud, che combattè contro i sovietici e il primo Emirato islamico senza soccombere mai. Il “leone del Panjsher”, fatto saltare in aria da due terroristi di Al Qaida mascherati da giornalisti, è la prima vittima dell’11 settembre ammazzato apposta alla vigilia dell’attacco all’America. Il figlio ha raccolto il testimone del padre a capo della resistenza contro l’emirato, ma non è chiaro che fine abbia fatto dopo la valanga talebana nel Panjsher.
In questo clima di tensione abbiamo incontrato nella capitale le eroine che vogliono resistere ai talebani. Non è stato facile trovare un posto che non sia controllato dai talebani. Tamara, una manifestante con il volto coperto da mascherina e velo islamico ammette: “Abbiamo paura, ma dobbiamo batterci per i nostri diritti. Per questo continueremo a scendere in piazza”. Roxena, nome di fantasia, è una giornalista che ha partecipato ad un corso di formazione in Italia. “Per me l’arrivo dei talebani a Kabul è un incubo. Non ci posso credere che ho perso tutte le libertà conquistate in vent’anni. Adesso devo uscire coperta dal velo nero, comprato apposta. Prima non lo portavo mai”.
Nascosta anche lei dalla mascherina anti covid si chiede come “è possibile che l’Occidente ci abbia abbandonato. Sono cresciuta con i vostri valori e avete finanziato la mia istruzione. Mi sento tradita, lasciata indietro”. Roxena era registrata, assieme ad altre giornaliste, nella lista di evacuazione, ma gli italiani non sono riusciti a portarla via dal paese. “A Kabul non c’è nessuna speranza per me - spiega - Non posso andare al lavoro e ho paura di uscire di casa. Voglio solo andarmene per costruire il mio futuro”.
I negozi di capi femminili alla moda sono chiusi ed i centri di bellezza ancora aperti hanno dovuto dipingere di nero l’ingresso oscurando i volti attraenti delle donne. Un barbiere vicino al parco di Shahr-e Naw si lamenta che “i clienti sono drasticamente diminuiti perché i talebani dicono che bisogna farsi crescere la barba”. Agli angoli delle strade c’è chi vende le nuove bandiere dell’Afghanistan, bianche con la professione di fede musulmana in nero, simbolo dei talebani.
Il nuovo governo  non ha nulla di inclusivo, ma rispecchia il vero volto dell’Emirato, duro e puro. “Non accetteremo mai la democrazia. La nostra battaglia in tutti questi anni è stata contro gli occidentali che volevano imporla all’Afghanistan” ha spiegato, senza peli sulla lingua, maulawi Mohammed Sharif Amadi, uno dei comandanti che ha reso possibile la fulminea caduta di Kabul. Barbone nero come la pece e turbante dello stesso colore sostiene di essere “nato talebano”. Il padre mujahed è stato ucciso dai russi durante l’invasione sovietica degli anni ottanta. E lui ha imbracciato il fucile “contro gli americani, che abbiamo sconfitto dopo 20 anni”.
Non tutti sono sconvolti dal nuovo governo oltranzista. Nel bazar di Maidan Shar, la porta d’ingresso della capitale a cinquanta chilometri da Kabul, in tanti si sono già adattati ai nuovi padroni. “Siamo felici per l’arrivo dei talebani. Adesso mi sento più tranquillo e sicuro ad andare a scuola e tornare a casa” racconta un ragazzino di 14 anni in buon inglese. Gli fa eco Han Mohammed, turbante bianco, barbone grigio e volto scavato dal tempo, che è stato soldato del re afghano Zahir Shah. “Con i talebani la situazione è migliorata. I ladri sono spariti” sostiene l’anziano, che vuole solo “sharià (la dura legge del Corano nda) e pace”.
[continua]

video
16 novembre 2001 | Studio Aperto - Italia 1 | reportage
I talebani perdono Jalalabad
I talebani perdono Jalalabad

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01 dicembre 2009 | Rai3 - Cominciamo Bene | reportage
Il dramma dei baby clandestini
Ogni anno sono circa settemila i minori stranieri non accompagnati che arrivano in Italia alla ricerca dell'Eldorado occidentale. Arrivano dal Nord Africa, dai paesi dell'Est, ma pure dall'Afghanistan dove un viaggio da incubo più che di speranza

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13 giugno 2010 | Memoria audiovisivi | reportage
Professione Difesa
I giornalisti aggregati alle unità combattenti nei teatri più difficili, come l'Afghanistan. Un video sul giornalismo embedded realizzato da Antonello Tiracchia. E il racconto della mia storia: l'avventura dell'Albatross, la morte in prima linea di Almerigo ed i reportage di guerra.

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radio

18 maggio 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
Trappola esplosiva uccide due alpini
L’Afghanistan è la nostra trincea, dove 3300 soldati italiani combattono i talebani e portano aiuti e sviluppo alla popolazione. Dal 2001 abbiamo perso 22 uomini per cercare di garantire sicurezza al paese. Gli ultimi due caduti sono il sergente Massimiliano Ramadù ed il caporal maggiore Luigi Pascazio. La mattina del 17 maggio sono saltati in aria su una trappola esplosiva lungo la “strada maledetta”. Una pista in mezzo alle montagne di sabbia che porta da Herat, il capoluogo dell’Afghanistan occidentale, a Bala Murghab, dove i soldati italiani tengono con le unghie e con i denti una base avanzata. I caduti fanno parte del 32° reggimento genio guastatori della brigata Taurinense. Due loro commilitoni, il primo caporal maggiore Gianfranco Scirè ed il caporale Cristina Buonacucina sono rimasti feriti dall’esplosione che ha sconquassato il blindato Lince su cui viaggiavano. L’alpina è la seconda donna soldato ferita in Afghanistan.

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07 maggio 2009 | Radio City | intervento
Afghanistan
L'ultima trincea, la sfida che non possiamo perdere
Dibattito sulla crisi nel paese al Crocevia dell'Asia con il direttore di Limes Lucio Caracciolo

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10 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani/ Base Tobruk
Visori notturni e musica a palla nei blindati Lince del convoglio diretto a base Tobruk, nella famigerata provincia di Farah. Il fortino più avanzato sul fronte sud dello schieramento italiano nell’Afghanistan occidentale. Il pericolo, anche di notte, sono le trappole esplosive piazzate lungo le poche strade asfaltate. Un piatto di pressione che attiva l’ordigno al passaggio del blindato o un radiocomando, anche un semplice telefonino, e salti in aria. I ragazzi della 6° compagnia Grifi confidano in San Michele, protettore dei paracadutisti e negli inibitori di segnale montati sui blindati. A dieci giorni dalle cruciali elezioni presidenziali del 20 agosto l’avamposto Tobruk è in prima linea per garantire la sicurezza del voto in una delle aree più pericolose dell’Afghansitan. Bala Baluk e Shewan, a pochi chilometri di distanza sono roccaforti dei talebani e dei combattenti stranieri della guerra santa internazionale. I seggi elettorali in quest’area dovrebbero essere un a trentina, ma non è ancora chiaro quanti saranno effettivamente aperti il giorno delle elezioni. “Verranno sicuramente ridotti per motivi di sicurezza – conferma il capitano Gianluca Simonelli comandante di base Tobruk – ma ci stiamo organizzando con l’esercito afghano e la polizia per garantire il diritto di voto anche nelle zone più calde. I talebani non la faranno da padroni”. Fausto Biloslavo da base Tobruk, Afghanistan occidentale

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12 novembre 2001 | Radio 24 Gr speciale | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Una giornata di guerra/3
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Imminente la caduta di Kabul e già si parla del futuro dell'Afghanistan e dell'invio di truppe di pace

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08 marzo 2003 | Radio 24 | intervento
Afghanistan
I figli di Osama Bin Laden
La leggenda vuole che Osama bin Laden abbia una ventina di figli e tre o quattro mogli. Il maggiore è il ventitreenne Saad, cresciuto al fianco del padre, prima in Sudan e poi in Afghanistan nella seconda metà degli anni novanta. Osama gli ordinò di seguirlo nell'ultimo roccaforte di Tora Bora. Se fosse morto sotto i bombardamenti americani Saad avrebbe dovuto seppellirlo in un luogo segreto, continuando ad alimentare il suo mito. Dopo la disfatta afghana Saad è diventato il "delfino" di Osama, occupandosi direttamente della parte organizzativa e finanziaria dei nuovi attacchi terroristici. Altri due figli di Bin Laden hanno seguito il padre nella guera santa contro gli infedeli: Mohammed ed Ahmed. Il primo era considerato, fino all'avvento di Saad, l'erede designato. Mohammed, che ha 21 anni, fa parte delle guardie del corpo di Bin Laden. Sull'altro figlio, Ahmed, ripreso mentre imbraccia le armi a fianco di Osama si sa molto poco. Invece è più famoso Hamza, il dodicenne, pronto pure lui a combattere, che si è fatto riprendere fra i resti di un elicottero abbattutto da Al Qaida in Afghanistan. Nonostante sia un bambino ha recitato dei poemi-proclam,i davanti alle telecamere, da far accapponare la pelle: "Avverto l'America che la sua gente dovrà far fronte a terribili conseguenze se cercheranno di prendere mio padre. Combattere gli americani è alla base della fede"nell'Islam duro e puro.
Fausto Biloslavo
per Radio 24 Il sole 24 ore

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