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Reportage
14 ottobre 2021 - Il fatto - Italia - Il Giornale
Il fronte del porto degli “irriducibili” di Trieste “Battaglia di libertà, pronti a restare a oltranza”
Trieste «La gente come noi non molla mai» sono le parole d\'ordine dei portuali di Trieste, che domani vogliono bloccare lo scalo giuliano a oltranza contro il green pass. La punta di lancia del fronte del porto, che potrebbe coinvolgere anche altri scali importanti come Genova, Livorno e Gioia Tauro in un venerdì nero di protesta.
I portuali sono diventati la falange dei cortei contro il lasciapassare anti Covid, sempre più numerosi, con 15mila persone che hanno trasformato Trieste in capitale della rivolta. «Se il governo non ritirerà il green pass non entreranno, né usciranno persone o merci dal porto» tuona da giorni Stefano Puzzer, l\'occhialuto portavoce con barbetta del Coordinamento dei lavoratori portuali. «In porto c\'è gente di destra, di sinistra e chi se ne frega della politica, ma in questa battaglia di libertà la nostra linea è apolitica, apartitica e asindacale» spiega al Giornale. Nello scalo giuliano i non vaccinati sfiorerebbero il 40%. Per il blocco di venerdì qualcuno consiglia di prepararsi al peggio: «Dovemo portar - sostiene un portuale in dialetto - bombolete spray per anerir le visiere dei celerini. E nasconder nelle manighe qualche toco de legno». Anche Puzzer alla domanda su cosa accadrà se la polizia caricasse risponde senza arretrare: «Se proveranno a smantellare i blocchi siamo pronti. Non ci faremo trovare con le infradito».
La questura ha chiesto 300 uomini di rinforzo del reparto mobile, ma sarà dura intervenire se i portuali mobiliteranno i 15mila No Pass triestini come sbarramento umano. Non solo: Le forze dell\'ordine temono tafferugli fra i lavoratori iscritti a Cgil, Cisl e Uil, che vorrebbero entrare nello scalo e il nocciolo duro.
I portuali ribelli bloccheranno gli scali di Trieste e Monfalcone, che impiegano fra dipendenti e ditte esterne 1.500 persone. Neanche l\'offerta furbesca del Viminale di tamponi gratis fermerà la protesta. «Riteniamo doveroso avvertire che non siamo in vendita» è l\'introduzione di Puzzer al comunicato che respinge «green pass e tamponi». I portuali puntano a resistere a lungo con improvvisate «cucine da campo». Diego Sen, giovane cuoco, si è messo a disposizione: «Ci saranno anche altri colleghi No Pass e un veterano della culinaria triestina. Inviteremo a mangiare pure i poliziotti». In rete hanno raccolto in poche ore il denaro necessario per i viveri.
I portuali sono scesi in piazza la prima volta all\'inizio di ottobre, assieme a 10mila persone, sfilando in maniera scenografica con fumogeni rossi e pettorine gialle. Negli anni Settanta erano lo storico servizio d\'ordine del Pci quando il gioco si faceva duro. Adesso lo fanno nei cortei No Vax. Quando è stata assediata la sede locale della Rai erano in prima fila e gli agenti si sono tolti i caschi per stemperare la tensione.
Fra i più muscolosi c\'è Fabio Tuiach, ex pugile e consigliere comunale leghista poi espulso per uscite che hanno scatenato l\'inferno su femminicidi, Liliana Segre e Maometto. Alla fine è approdato a Forza nuova e dopo gli scontri di Roma si è presentato con un piccolo scudo e la scritta Spqr oltre alla bandiera italiana. Altri hanno idee opposte o non vogliono essere etichettati.
I portuali ribelli stanno ricevendo migliaia di messaggi di solidarietà, incitamento e proposte di raccolte fondi per la lotta da tutta Italia, «comprese offerte di matrimonio.». Senza chiedersi a quanto ammonterà l\'enorme danno economico del fronte del porto.
[continua]

video
10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa

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radio

24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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