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14 gennaio 2022 - Album - Italia - Il Giornale
Addio a Pitamitz, fu il primo giornalistaa raccontare le foibe
Fausto Biloslavo e Gian Micalessin
«Ve prego no ste venir in redazion... se incontremo drio le machinete del cafè... che za i disi che voi xe de destra... Se i ve vedi con mi xe finidi per sempre». Era la metà degli anni \'80 e ogni volta che andavamo a trovarlo nella Mondadori pre-berlusconiana, feudo di giornalisti con l\'eskimo sulle spalle e Marx nel cuore, Antonio Pitamitz ci accoglieva con quelle parole bisbigliate nella cornetta mentre ci annunciavamo dal centralino della portineria.
La reputazione se l\'era giocata a metà del 1983, pubblicando sulle pagine del mensile Storia Illustrata la prima inchiesta seria e documentata sulle foibe e sugli eccidi commessi da partigiani italiani e titini sul fronte orientale. Rompere quel tabù gli costò caro. Raccontare la verità su italiani, croati e sloveni precipitati negli abissi carsici, spiegare che tra quei morti non c\'erano solo fascisti, ma anche innocenti e partigiani colpevoli di non assecondare la linea filo-jugoslava di Palmiro Togliatti rappresentava, allora, una colpa imperdonabile. La gogna fu immediata. Amici e sostenitori dell\'unica «Verità», quella di sinistra, lo seppellirono sotto una valanga di lettere, denunce e comunicati accusandolo di aver esibito un «intreccio di verità e notizie infondate, o imprecise, o prese di getto, senza cautela, da fonti fasciste». Una gogna da cui all\'epoca era impossibile liberarsi. Da quel momento colleghi e storici gli voltarono le spalle bollandolo come «amico dei fascisti».
Un\'accusa riemersa anche ultimamente tra i siti del peggior revisionismo comunista pronti non a elogiarlo, ma a denigrarlo e infamarlo per esser stato il primo a svelare e rievocare la tragedia di Norma Cossetto, la 23enne studentessa italiana di Visinada rapita, seviziata e gettata in una foiba dai titini nell\'ottobre 1943. Lui, dalmata purosangue, figlio di una Zara dove aveva parlato l\'italiano e il croato, ma aveva anche vissuto il dramma della pulizia etnica per mano delle bande titine, fascista non era mai stato. Casomai era stato comunista, ma aveva vissuto sulla propria pelle le storture di quel sistema, aveva conosciuto la tragedia dell\'esodo, aveva studiato i ripensamenti di Milovan Gilas e, come lui, aveva voltato le spalle a quell\'ideologia. Ma del resto di cos\'altro avrebbero potuto accusarlo se non di essere «amico dei fascisti»? Le sue ricerche basate su documenti inediti, tirati fuori, a volte, dagli stessi archivi jugoslavi erano ineccepibili. Non si potevano liquidare come un\'invenzione. Andavano, però, screditati e delegittimati per evitargli di far luce su un buco nero della storia che nessuno oserà scoperchiare prima della visita di Francesco Cossiga alla foiba di Basovizza del novembre 1991. Antonio in cuor suo ne soffriva, ma fingeva di non curarsene. «Iabenti», «maledetti» sussurrava in quel suo croato imparato da bimbo giocando sul lungomare di Zara.
Antonio, cronista ante litteram della tragedia delle foibe, se n\'è andato a 85 anni, dimenticato dai più e in silenzio, mercoledì scorso. Con il senno di poi l\'unica sua colpa è stata quella di aver sviscerato troppo presto una verità tanto lacerante incassandone molte conseguenze e ben pochi meriti. Vittima anche lui - come disse Cossiga dei martiri delle foibe - di «quella pseudocultura che ci è stata propinata per 40 anni in modo egemonico come cultura democratica».

video
16 marzo 2012 | Terra! | reportage
Feriti d'Italia
Fausto Biloslavo racconta le storie di alcuni soldati italiani feriti nel corso delle guerre in Afghanistan e Iraq. Realizzato per il programma "Terra" (Canale 5).

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23 aprile 2012 | Premio Lago | reportage
Il premio Giorgio Lago: Arte, impresa, giornalismo, volontariato del Nord Est
Motivazione della Giuria: Giornalista di razza. Sempre sulla notizia, esposto in prima persona nei vari teatri di guerra del mondo. Penna sottile, attenta, con un grande amore per la verità raccontata a narrare le diverse vicende dell’uomo.

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05 febbraio 2015 | Porta a Porta | reportage
IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA


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[altri video]
radio

20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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