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Commento
03 giugno 2022 - Prima - Ucraina - Il Giornale
Cento giorni di guerra da non dimenticare
Cento giorni di guerra nel cuore dell\'Europa e 20% del territorio ucraino occupato dalle truppe russe come ha dovuto ammettere il presidente Volodymyr Zelensky. Purtroppo ci stiamo abituando a bombe, sangue e distruzioni. Anzi l\'opinione pubblica sembra già stufa del bollettino quotidiano dell\'orrore. E all\'orizzonte si profila l\'arma «letale», l\'effetto ombrellone. Dopo la pandemia ed i primi 100 giorni di guerra è umano girare lo sguardo dall\'altra parte e pensare solo a divertirsi facendo finta che non esiste sulla nostra testa la spada di Damocle della Caporetto energetica e lo spettro della crisi economica che si aggira per l\'Europa.
Umano, ma pericoloso e ingiusto: non dobbiamo relegare il conflitto nel comodo archivio delle guerre dimenticate, come abbiamo fatto per otto anni con la prima puntata del feroce scontro nel Donbass. Non esistono guerre congelate per sempre, soprattutto se sono sempre state «calde», con scambi di artiglieria da una parte e dall\'altra, come nella regione orientale dell\'Ucraina che pochi erano in grado di individuare sulla cartina geografica prima del 24 febbraio.
Se dal 2014 la linea del fronte era circoscritta ad una fetta del Donbass adesso si è allungata per un migliaio di chilometri da Kharkiv, seconda città del paese, fino a Kherson ad un passo da Odessa. E potrebbe espandersi ancora. Nella «migliore» delle ipotesi il nuovo zar, Vladimir Putin, si accontenterà del Donbass e del 20% di Ucraina già conquistata. Il governo di Kiev e un\'ampia fascia di popolazione, però, non hanno alcuna intenzione di accettare il diktat imposto con le armi. E non esiste un piano, con tappe concrete, che porti ad una vera e fattibile trattativa.
I soldati ucraini stanno morendo come mosche (da 60 a 100 al giorno ha ammesso il presidente) ed i russi anche se avessero perso «solo» 15mila uomini, la metà dei caduti denunciati dall\'intelligence occidentale, starebbero pagando un tributo insopportabile per qualsiasi paese normale. Nel Donbass le artiglierie di Mosca sono in grado di sparare 8mila proiettili al giorno e 1500 si concentrano sulle prime linee come negli ultimi giorni a Severodonetsk. E siamo appena ai primi 100 giorni.
Dopo la zampata di Mosca, che vuole tutta la regione di Donetsk e Luhansk, si rischia di passare dall\'avanzata russa ad una guerra di attrito altrettanto logorante.
Siamo in grado di sopportarlo facendo spallucce? Penso di no, almeno per gli inevitabili danni collaterali economici ed energetici in un mondo che non tornerà più ad essere quello di prima. Non potevamo abbandonare gli ucraini come Budapest nel \'56 e Praga nel \'68. È doveroso inviare armi, ma dobbiamo essere consapevoli che l\'Ucraina potrebbe diventare un Afghanistan nel cuore dell\'Europa con Washington che ripete la stessa strategia di Reagan adottata con i mujaheddin durante l\'invasione degli anni Ottanta per logorare l\'armata allora rossa e oggi russa. Non dobbiamo girare lo sguardo dall\'altra parte, ma aiutare gli ucraini a lottare per la pace anche se dolorosa.
[continua]

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20 luglio 2014 | Russia 1 | reportage
Gli uomini neri
La guerra civile in Ucraina sempre più sanguinosa e dimenticata schiera in prima linea un reparto fedele a Kiev, che arruola volontari europei provenienti da Italia, Svezia, Finlandia, paesi Baltici e Francia. Il battaglione Azov, accusato di simpatie naziste, sta combattendo con i suoi 250 uomini sul fronte orientale dell'Ucraina contro i ribelli filo russi. Una dozzina di volontari stranieri, che giurano di non venir pagati, hanno già prestato giuramento. Altri 24 stanno arrivando e su Facebook, il veterano francese della guerra in Croazia, Gaston Besson, ha lanciato da Kiev un appello all'arruolamento. Per giorni abbiamo seguito dalla base di Berdyansk, nell'est del paese, il battaglione Azov, che è sotto il controllo del ministero dell'Interno. Fra i volontari europei, l'italiano Francesco F. ha lasciato la vita da manager per combattere al fianco degli ucraini contro i ribelli filo russi. Il cecchino svedese, Mikael Skillt, uno dei pochi a parlare a viso scoperto, ha una taglia dei separatisti sulla testa. E fra loro c'è pure un russo che vorrebbe abbattere il governo di Mosca. Per il colore della divisa e la provenienza dall'estrema destra ucraina ed europea sono conosciuti come "gli uomini neri".

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Sulle barricate di Kiev
Piazza Maidan, l'Ucraina e le mille facce della rivolta contro il regime del presidente Viktor Yanukovich.

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27 marzo 2014 | La notte di radio uno | intervento
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26 maggio 2014 | RadioVaticana | intervento
Ucraina
Il nuovo presidente ucraino e la guerra civile nell'Est
I rapporti con Mosca, la crisi economica, la secessione del Donbas e lo spettro della guerra civile sempre più sanguinosa.

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16 aprile 2014 | Radio IES | intervento
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Una nuova Crimea


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