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Reportage
16 settembre 2022 - Attualità - Afghanistan - Il Giornale
“I nostri combattenti massacrati dai talebani. Fatti inginocchiare e uccisi con colpi in testa”
Vienna «Pochi giorni fa i nostri combattenti per la libertà hanno lottato fino all\\\'ultimo proiettile. Sfortunatamente non siamo come l\\\'Ucraina che riceve tanti aiuti. Siamo soli», racconta Ahmad Shah Massoud, che guida la resistenza del Fronte nazionale in Afghanistan.
E denuncia senza mezzi termini: «Non abbiamo tante munizioni. Quando sono finite i talebani hanno catturato gli uomini della resistenza. In violazione alle norme sui conflitti, quelle internazionali e pure la legge islamica hanno ucciso, in una vera e propria esecuzione, tutti i prigionieri. È un crimine di guerra».
Le immagini, terribili, della mattanza non lasciano dubbi. Fra domenica 11 settembre e lunedì una quarantina di partigiani di Massoud nella valle del Panjsher sono stati attaccati dai talebani. Lo scontro è stato duro, fino all\\\'ultima pallottola e poi i combattenti del Fronte nazionale di resistenza sono capitolati. I talebani hanno filmato tutto: in uno spezzone di video si vedono alcuni prigionieri con le mani legate dietro la schiena costretti ad inerpicarsi sul versante di una montagna con i talebani attorno. Poi, il filmato più terribile, mostra un folto gruppo di prigionieri inginocchiati, di spalle, uno accanto all\\\'altro, in mezzo alle rocce.
Il plotone d\\\'esecuzione è una decina di metri più in alto. Si notano un comandate con la radio portatile e talebani giovanissimi che puntano i fucili mitragliatori. Poi tirano il grilletto vomitando una valanga di proiettili sui prigionieri inermi, che rimbalzano come marionette colpiti dalle raffiche. All\\\'inizio si vede una bandiera bianca con i versi del Corano in nero del potere talebano.
Dopo la strage i video si soffermano sulle vittime. Quasi tutti hanno le mani legate dietro la schiena e alcuni sono bendati. Delle foto fanno notare come diversi prigionieri siano stati freddati con colpi ravvicinati sparati in testa. Un talebano con il turbante e barbone nero da capoccia osserva la scena. Un altro video registra le ultime parole di un paio di partigiani ancora vivi seduti a terra con le mani legate, che vengono interrogati per scoprire dove sono gli altri combattenti. Uno dei prigionieri in mimetica dice: «Sono musulmano e in questa postazione eravamo solo noi quattro». I talebani non sembrano soddisfatti e li passano sbrigativamente per le armi.
Se il crimine di guerra, documentato con terribile chiarezza da filmati e foto, fosse stato compiuto dai russi in Ucraina sarebbe scoppiato il terzo conflitto mondiale, almeno sui media che avrebbero denunciato tutto in prima pagina per settimane. L\\\'esecuzione di prigionieri inermi è avvenuta a una latitudine lontana sulla pelle degli afghani che hanno creduto nell\\\'Occidente per 20 anni. Vittime di un crimine di guerra poco importanti o facili da dimenticare, come abbiamo fatto con il loro paese.
FBil
[continua]

video
15 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Si combatte a sud di Kabul
Si combatte a sud di Kabul

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13 aprile 2010 | RaiNews24 | reportage
Rassegna stampa del mattino
Emergency in manette in Afghanistan

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14 novembre 2001 | TG5 - Canale 5 e Studio Aperto - Italia 1 | reportage
Il giorno dopo la liberazione di Kabul
Il giorno dopo la liberazione di Kabul

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[altri video]
radio

19 aprile 2010 | SBS Australia | intervento
Afghanistan
Liberati i tre operatori di Emergency
Svolta nella ultime ore dopo una settimana di passione.

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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/1
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti

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14 novembre 2001 | Radio 24 | reportage
Afghanistan
Kabul la prima giornata di libertà
Gioie e dolori delle prime 48 ore di libertà a Kabul raccontati sotto un cielo di stelle dalla terrazza dell'hotel Intercontinental.

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13 novembre 2001 | Radio 24 Vivavoce | reportage
Afghanistan
Il crollo dei talebani - Giornalisti al fronte/2
In prima linea in Afghanistan dopo l'11 settembre. Il ruolo dei giornalisti

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14 agosto 2009 | Radio24 | reportage
Afghanistan
Al fronte con gli italiani / Trappola esplosiva per i parà
SHEWAN - Il fumo nero e lugubre si alza in un istante per una quindicina di metri. “Attenzione Ied alla testa del convoglio” lanciano subito l’allarme per radio i paracadutisti della Folgore in uno dei blindati più vicini all’esplosione. La tensione è alle stelle. La trappola esplosiva, chiamata in gergo Ied, era nascosta sulla strada. I parà che spuntano della botola dei mezzi puntano le mitragliatrice pesanti verso le casupole di Shewan, roccaforte dei talebani. La striscia d’asfalto che stiamo percorrendo è la famigerata 517, soprannominata l’autostrada per l’inferno. Il convoglio composto da soldati italiani, americani e poliziotti afghani scorta due camion con il materiale elettorale per le presidenziali del 20 agosto. I talebani di Shewan da giorni annunciano con gli altoparlanti delle moschee che i veri fedeli dell’Islam non devono andare alle urne. Chi sgarra rischia di venir sgozzato o quantomeno di vedersi tagliare il dito, che sarà segnato con l’inchiostro indelebile per evitare che lo stesso elettore voti più volte. La colonna è partita alle 13.30 da Farah (Afghanistan sud occidentale) per portare urne, schede e altro materiale elettorale nel distretto a rischio di Bala Baluk. Novanta chilometri di paura, con i talebani che attendono i convogli come avvoltoi. Prima ancora di arrivare nell’area “calda” di Shewan giungevano segnalazioni di insorti in avvicinamento verso il convoglio. Li hanno visti i piloti degli elicotteri d’attacco Mangusta giunti in appoggio dal cielo. Ad un certo punto la strada si infila fra quattro casupole in fango e paglia, dove i civili afghani sembrano scomparsi da un momento all’altro. I talebani avevano già colpito e dato alle fiamme due cisterne afghane ed un camion che trasportava un’ambulanza. Le carcasse fumanti che superiamo sono la prima avvisaglia che ci aspettano. Nel blindato Lince del tenente Alessandro Capone, 30 anni, romano, comandante del primo plotone Nembo, i parà sono pronti al peggio. La trappola esplosiva ha colpito un Coguar americano, all’inizio della colonna con l’obiettivo di immobilizzarlo e bloccare tutto il convoglio. Invece il mezzo anti mina resiste e prosegue senza registrare feriti a bordo. Sui tetti delle casupole stanno cercando riparo alcuni soldati dell’esercito afghano. “L’Ana (le forze armate di Kabul nda) ha visto qualcosa” urla il parà che spunta dalla botola del Lince. Tutti hanno il dito sul grilletto e ci si aspetta un’imboscata in piena regola dopo lo scoppio dell’Ied. Invece la coppia di elicotteri Mangusta che svolazzano bassi su Shewan consigliano i talebani di tenere giù la testa. L’attacco è fallito. Il materiale elettorale un’ora dopo arriva destinazione, ma la battaglia per le elezioni in Afghanistan continua.

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fotografie







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