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16 novembre 2022 - Interni - Ong - Panorama
Flotta da sbarco
Il 4 novembre alle 18.06 il comandante di Rise Above invia un drammatico messaggio di posta elettronica chiedendo un porto di sbarco sicuro. “Siamo di fronte alla possibilità di un ammutinamento - scrive Marco Antonio Martinez Esteban - Le condizioni di salute generali dei nostri ospiti stanno peggiorando (…) Il maltempo mi ha costretto ad entrare nella acque territoriali italiane (…) La mia barca è piccola”. Gli “ospiti” sono 95 migranti diretti illegalmente verso l’Italia, ma recuperati in acque internazionali di competenza maltese per la ricerca e soccorso. Tutti partiti da paesi non in guerra come Tunisia, Egitto e Camerun. Fra loro “34 minori fra i 7 e 17 anni” elenca il capitano spagnolo che non a caso si è fatto le ossa su Open Arms, un’altra nave delle Ong che ha dato filo da torcere ai governi italiani.
Due giorni dopo Rise Above sta finendo il carburante e ottiene l’ingresso in porto. Il 7 novembre il Viminale non si oppone allo sbarco di tutti i migranti a Reggio Calabria. Un filmato di Rai news 24 svela la beffa: gli “ospiti” che dovevano essere mezzi morti e sull’orlo dell’ammutinamento salutano l’equipaggio come vecchi amiconi. Non solo: gran parte dei “minori” sono ragazzoni alti due metri che dimostrano ben più della maggiore età.
Rise Above dei talebani dell’accoglienza Mission Lifeline, di Dresda, batte bandiera tedesca, ed è una delle quattro unità della flotta da sbarco delle Ong che hanno “assediato” le coste siciliane con il loro carico di oltre mille migranti. La nave del capitano Martinez Esteban, la Geo Barents di Medici senza Frontiere e la Humanity 1 dell’omonima Ong hanno sbarcato tutti gli “ospiti” da noi vincendo il braccio di ferro con il Viminale. Solo Ocean Viking della franco-tedesca Sos Mediterranee è stata costretta a puntare la prua verso la Corsica, territorio francese.
“Le Ong del mare agiscono come una vera e propria flotta, che si sostituisce agli Stati e si danno il cambio in maniera coordinata. Adesso puntano su navi grosse che possono imbarcare anche un migliaio di persone” spiega a Panorama chi è in prima linea sul  mare. Schede riservate delle autorità competenti, in mano a Panorama, descrivono “il modus operandi delle Ong”. Le “operazioni” sono condotte da “18 assetti navali di varie dimensioni, bandiere e caratteristiche attualmente “in servizio” presso 13 diverse Ong basate in 5 paesi europei”. La parte del leone spetta alla Germania che concede la bandiera a 10 navi. Poi vengono Spagna (3), Norvegia (2) e solo una batte bandiera italiana, la Mare Jonio dell’estremista di sinistra Luca Casarini e soci. Altre due unità si preparano: quella di Emergency ferma a Genova e Sea Watch 5, una super ammiraglia dei talebani tedeschi dell’accoglienza, arrivata ad Amburgo ai primi di novembre “pronta al varo come nave di soccorso civile che verrà dispiegata nel Mediterraneo”.
In realtà sono “navi da diporto o di appoggio”, che non hanno la certificazione per il soccorso, ma “svolgono sistematicamente questa attività fra le acque di competenza libica e maltese”. E poi sbarcano i migranti da noi: quasi 11mila dall’inizio dell’anno ovvero il 25% del flusso diretto in Italia dalla Libia. “Le richieste di luogo sicuro di sbarco vengono avanzate quando si trovano ancora in acque di ricerca e soccorso libiche e maltesi senza coinvolgere gli stati di bandiera della nave - si legge nella scheda riservata sul modus operandi - Ultimamente sembra che Geo Barents agisca come una sorta di OSC (Coordinatore in mare degli interventi nda)”. Oltre alla navi, la flotta delle Ong, ha a disposizione tre aerei privati, Moonbird, Seabird e Colibrì, che decollano anche da Lampedusa e pattugliano il mare alla ricerca dei migranti. L’aspetto più incredibile è il “coordinamento” garantito da Alarm phone, il centralino dei barconi, che opera “come un vero RCC (centro di soccorso) ricevendo chiamate dai migranti e inoltrando le informazioni rilevanti ad assetti Ong in mare”. La logistica, oltre ai porti di appoggio come Amburgo e di sosta a Marsiglia è concentrata in Spagna a “Burriana, Vinaros, e Sagunto” dove ormeggia gran parte della flotta da sbarco. “Grazie a un collettivo recentemente costituitosi ed al favore della classe politica locale (Aurora Grup de Suport) - secondo le informazioni italiane - eseguono addestramento, rifornimento di ogni bene, lavori di manutenzione e presto avranno una zona del porto a loro disposizione”.
L’ammiraglio di divisione in riserva, Nicola De Felice, è convinto che “bisogna seguire la pista dei soldi. Le navi delle Ong che battono bandiera tedesca o norvegese sono finanziate dalla chiese locali. Humanity 1 riceve dei fondi fissi del governo di Berlino attraverso la chiesa protestante”.
La nave, costata 1 milione e 300mila euro, è la vecchia Sea Watch 4 ammodernata nel porto di Vinaros in agosto. I soldi del governo tedesco arrivano attraverso Aktion Deutschland Hilft, un cartello di associazioni, come United4Rescue, che ha raccolto fondi anche per Sea Watch e Mission Lifeline della nave Rise Above già salpata da Reggio Calabria per ripetere lo stesso copione con nuovi migranti. Fra i sostenitori storici spiccano la Chiesa evangelica tedesca e il cardinale cattolico, arcivescovo di Monaco, Reinhard Marx. Non mancano le Acli in Italia e il testimonial Leoluca Orlando, ex sindaco di Palermo.
“L’Ong  tedesca Sea watch è supportata da Die Linke, che in tedesco vuol dire “la sinistra”, gli eredi del partito comunista della Germania Est” spiega l’ex ammiraglio De Felice.
La visione politica e ideologica di gran parte delle Ong del mare non lascia dubbi. Il 10 ottobre Sea watch international twittava sulla premier inglese uscita di scena: “Liz #Truss si è dimessa oggi dopo soli 45 giorni in carica. Auguriamo al nuovo Presidente del Consiglio #Meloni una carriera altrettanto stellare”.
A bordo di Geo Barents, durante l’ultima sfida con il governo italiano, c’era la pasionaria Ana Isabel Montes Mier, veterana della nave spagnola Open Arms, responsabile a bordo della squadra di soccorso di Medici senza frontiere. Quando Matteo Salvini  è stato rinviato a giudizio per il braccio di ferro, come ministro dell’Interno, proprio con Open Arms, Montes Mier l’ha annunciato trionfante con l’hastagh #BellaCiao.
L’8 novembre gli sbarchi registrati in Italia quest’anno erano 88.670, un numero record eredità del precedente governo. Le prime tre nazionalità sono egiziani (18.217), tunisini (16.979) e cittadini del Bangladesh  (12.524), che non arrivano da paesi in guerra. “Il 2022 si chiuderà probabilmente con 100.000 sbarchi illegali sulle coste italiane. Valori che stanno tornando verso i numeri record registrati alla metà dello scorso decennio” mette in guardia Paolo Quercia, docente di studi strategici.
Le novità nei flussi sono i grossi e vetusti pescherecci che caricano centinaia di persone salpando dalla Cirenaica, la Libia orientale sotto il controllo del generale Khalifa Haftar alleato dei russi. Il 7 novembre è arrivato uno degli ultimi da Tobruk con 495 migranti illegali. Poi ci sono le imbarcazioni, pure a vela, che partono da Libano e Turchia. Un flusso in aumento che a fine ottobre aveva registrato 13.218 arrivi. Il 7 novembre sono stati intercettai al largo di Rocella Ionica 69 siriani, iracheni e palestinesi partiti da Minieh in Libano. Il costo del viaggio pagato da ciascun migrante variava fra i 6000 e 10.000 dollari.
Se in Italia le Ong del mare l’hanno sempre vinta, altri paesi usano il pugno di ferro. Solo in una settimana la Turchia ha espulso 4823 rifugiati afghani. E la Commissione europea verserà a breve 200 milioni di euro ad Ankara per barriere e torrette sulla frontiera orientale.
La Polonia ha iniziato il 2 novembre a erigere una barriera sul confine con l’enclave russa di Kaliningrad. Varsavia teme l’arrivo, con nuovi voli internazionali annunciati da Mosca, di migranti dall’Asia e dall’Africa utilizzati come arma ibrida.
Il caso più clamoroso è quello danese, dove il blocco dei “rossi” come viene chiamata l’alleanza dei cinque partiti di sinistra, ha adottato la linea “zero immigrati” vincendo le elezioni. La premier  social democratica, Mette Fredericksen, vuole una terapia d’urto: i richiedenti asilo verranno trasferiti un Ruanda, come pensano di fare gli inglesi, i migranti che delinquono finiranno nelle carceri del Kosovo affittate per 15 milioni di euro ed i permessi di soggiorno già concessi saranno ritirati se la situazione migliorasse nei paesi di origine dei migranti. Noi non riusciamo neppure a fermare la flotta di sbarco delle Ong. Secondo Quercia la “guerra” non si vince in mare: “Dobbiamo cooperare con aiuti economici ai paesi che sono in grado di contenere i flussi e perseguire attivamente le reti criminali dei traffici. Congelamento dei profitti finanziari oltre a sanzioni ai governanti collusi con i trafficanti di uomini”.
[continua]