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Articolo
14 marzo 2023 - Prima - Libia - Il Giornale |
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Analisi di un naufragio: solo l’Italia è intervenuta anche se non le toccava |
«Il 12 marzo, dopo diverse ore nell’area di allerta (in attesa della luce del giorno e del miglioramento del tempo), ho ricevuto istruzioni dalla motonave Basilis L di procedere al soccorso dei migranti in pericolo. In prossimità dell’imbarcazione tutte le persone si sono spostate su un lato e la barca si è capovolta» scrive il comandante Denys Rusakov della nave da carico Froland. I suoi marinai sono intervenuti per soccorrere le 57 persone in mezzo al mare naufragate domenica mattina ad oltre 100 miglia da Bengasi. Diciassette migranti illegali del Bangladesh sono stati salvati arrivando ieri a Pozzallo. Per gli altri 30 nulla da fare. Il Giornale è in grado di ricostruire nei dettagli quello che è accaduto fra sabato e domenica mattina ristabilendo la realtà dei fatti deformata dalla narrativa delle Ong e della sinistra che sfrutta i morti per colpire il governo. Lo scorso fine settimana i trafficanti della Cirenaica hanno utilizzato il solito modus operandi: riempire un barchino in vetroresina con una cinquantina di persone facendole salpare verso l’Italia. «Dopo un centinaio di miglia, quando erano abbastanza lontani dalla Guardia costiera libica, hanno chiamato con un satellitare Alarm phone» racconta il capo del Centro di soccorso della Guardia costiera (Mrcc), Gianluca d’Agostino. Alarm phone è il centralino dei migranti con operatori in mezza Europa, compreso a Palermo, che segnala i barchini facendo fuoco e fiamme per portare i migranti quasi sempre in Italia. «L’area di ricerca e soccorso (Sar) era di competenza libica, ma hanno scritto a tutti comprese Malta e Grecia» spiega l’ufficiale. Alle 2.29 di sabato mattina si attiva Alarm phone. Malta e Grecia neppure rispondono e il portavoce dell’Unione europea, Peter Stano, conferma che «le operazioni di ricerca e soccorso in acque libiche sono autorizzate solo per le imbarcazioni libiche». L’area Sar è ben più ampia delle acque territoriali di Tripoli, ma non c’erano navi militari europee nelle vicinanze. Alle «05:28 dell’11 marzo viene emesso da MRCC Roma, su richiesta dell’Autorità SAR libica, un messaggio circolare a tutte le navi in transito in zona per informare del barchino» fa notare D’Agostino. La Guardia costiera italiana si mobilitata subito individuando la posizione del natante attraverso il satellitare Thuraya a bordo. La prima nave ad intervenire è la Basilis L e alle 9.39 di sabato l’aereo Sea Bird della Ong tedesca Sea Watch intercetta il barchino. I libici devono mandare una motovedetta, che non arriverà mai. La nave Basilis è una petroliera e ha difficoltà ad approcciare il barchino, ma riesce a rifornire i migranti di viveri e acqua. E rimane sempre a distanza visiva. Alle 20.37 di sabato il comandante riferisce al centro di soccorso di Roma «che le condizioni meteo marine non erano favorevoli ad effettuare il trasbordo e che non voleva mettere in pericolo il proprio equipaggio». Dall’Italia hanno già preso in pugno la situazione convogliando altri mercantili nell’area. Gran parte della flotta della Guardia costiera è lontana e impegnata in eventi di soccorso. I talebani dell’accoglienza di Sea Watch sostengono che «a Roma sapevano benissimo cosa stesse succedendo». Vero, ma è falso che l’Italia non sia intervenuta lasciando naufragare i migranti. «Stavano arrivando le altre navi, ma calava anche la sera - prosegue D’agostino - Il comandante della Basilis riteneva pericoloso l’intervento al buio, ma dopo l’alba (di domenica nda) i battelli del mercantile Froland hanno cominciato ad avvicinarsi. Tutti i migranti si sono spostati dal lato dei soccorritori facendo capovolgere il barchino». Purtroppo succede spesso nel panico del momento anche con le motovedette attrezzate della Guardia costiera. Trenta persone sono sparite fra le onde e solo 17 vengono messe in salvo. Sea watch ribalta la realtà pur di gettare discredito su Guardia costiera e governo: «La scelta di demandare il soccorso ad assetti inadatti (navi mercantili, come è stato fatto ripetutamente in passato ndr), che, infatti, nel soccorrerlo hanno fatto capovolgere il barchino, è stata una loro scelta. Loro, quindi, la responsabilità». I criminali trafficanti di uomini, che hanno mandato i migranti verso la morte, non vengono mai citati come responsabili. Oltre a quattro mercantili il centro di soccorso di Roma ha indirizzato sul luogo del naufragio un aereo di Frontex per cercare i superstiti. Un veterano del mare non ha dubbi: «È palese che da giorni, compresa quest’ultima vicenda, si sta scatenando una bagarre complottistica intrisa di fake news contro il governo. È tutta propaganda politica». |
[continua] |
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28 marzo 2011 | TG5 | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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20 marzo 2011 | Studio Aperto | reportage
Diario dalla Libia in fiamme
Diario dalla Libia in fiamme
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12 settembre 2016 | Terra! | reportage
Nella cattiva Sirte
La feroce battaglia per liberare Sirte va avanti da 4 mesi.
L’ex roccaforte dello Stato islamico in Libia, città natale del colonnello Gheddafi, è completamente distrutta dai combattimenti
Dal corridoio umanitario con le bandiere bianche aperto per evacuare le famiglie dei seguaci del Califfo non è passato nessuno
I combattenti di Misurata che stanno conquistando Sirte ci scortano verso il mare per farci vedere le minacce all’Italia
All’interno troviamo giubbotti abbandonati dei miliziani dello stato islamico e anche indicazioni della presenza di combattenti stranieri come questa ricevuta del ministero degli Esteri sudanese, una moneta di 100 dinari tunisini dei volontari jihadisti giunti a Sirte
ed istruzioni sulle granate da mortaio in inglese e francese
Sulle pareti sono rimaste le scritte che inneggiano al Califfato
I segni della battaglia sono ovunque
Sirte era un trampolino di lancio verso l’Italia, come si legge in questo cartello
“Combattiamo in Libia, ma il nostro sguardo è su Roma”
Queste immagini scenografiche delle bandiere nere in Libia sono state trovate a Sirte durante i combattimenti
Uno dei video contiene minacce contro l’Italia e l’Europa di un terrorista ragazzino, Omar al Maghrebi, il marocchino
Nel video compare un veterano della guerra santa che addestra le reclute
Il giovane jihadista minaccia gli “infedeli” promettendo che “verremo da voi per farvi saltare in aria. I vostri corpi esploderanno in mille pezzi”.
La propaganda del Califfo mostra anche una lezione di pronto soccorso per i volontari del terrore africani
Omar il marocchino invita i “fratelli ad indossare le cinture esplosive per Allah e attaccare aeroporti e confini”. E sostiene: “Siamo giunti in Libia, terra del Califfato e siamo pronti a morire”
Durante l’avanzata a Sirte, le truppe governative avrebbero scoperto informazioni inquietanti per il nostro paese
Susyan Abdulla, ufficiale dei “Martiri di Sirte” parla di una lista di jihadisti tunisini dello Stato islamico
In sette sarebbero andati verso l’Italia spacciandosi per migranti
Nei comandi di Sirte appena abbandonati dalle bandiere nere scopriamo nuove scritte,
come questa: “Lo Stato islamico è qui e si espanderà. Con l’aiuto di Allah, nonostante gli infedeli, conquisteremo Roma”
Nelle ultime settimane si è combattuto casa per casa per liberare i quartieri ancora in mano a qualche centinaio di jihadisti
I morti fra le forze libiche sono quasi 500 ed oltre 2500 i feriti.
I combattenti vanno in prima linea con gli orsacchiotti porta fortuna dei figli
e nelle pause della battaglia mangiano maccheroni
L’arma più efficace dei miliziani dello Stato islamico sono gli attacchi suicidi
La densa colonna di fumo nero è il benvenuto nell’ex roccaforte del Califfo
Nonostante l’assedio due attentatori suicidi sono riusciti a farsi esplodere in mezzo alle truppe libiche provocando 13 morti e 59 feriti
Questo combattente indica che le autobombe erano due e ci fa vedere il sangue sul selciato
I seguaci del Califfo non si arrendono e sono decisi a vendere cara la pelle
E al fronte è ancora peggio: l’auto bomba è stata fermata a soli venti metri dalla nostra postazione come si vede in queste immagini
Sirte è ridotta ad un cumulo di macerie fumanti e disabitate
Ad ogni avanzata si scoprono le nefandezze dello Stato islamico come le segrete sotterranee
I prigionieri dormivano su dei pagliericci vivendo in condizioni penose.
I combattenti anti bandiere nere che ci scortano fanno notare i disegni e le frasi dei detenuti sulle pareti delle celle e hanno una piccola finestra per l’aria a livello del terreno
“Sono un cittadino libico - scriveva uno di prigionieri - sono musulmano e non so perché mi hanno arrestato”
Attraversiamo i quartieri di Sirte con i cartelli delle bandiere nere ancora intatti e dalla terra di nessuno un cecchino ci spara due volte: il primo colpo ed il secondo
Il giorno dopo siamo stati colpiti
Nel quartiere 1 i miliziani del Califfo erano ancora annidati in queste case
Si passa attraverso le brecce aperte nei muri per non venir colpiti
Nelle abitazioni devastate sono stati abbandonati i cadaveri dei seguaci dello Stato islamico
Questo è il deposito di viveri delle bandiere nere con pasta italiana, ceci britannici, conserve di pomodoro tunisine e acqua minerale francese
Un combattente ci mostra sul telefonino la città dall’alto e le zone residenziali ancora da liberare
L’ultima spallata per conquistare Sirte è furiosa
Le forze libiche sono una variegata armata Brancalone
Carri armati e blindati avanzano e la fanteria dietro.
Per spostarsi da un palazzo all’altro anche i giornalisti si arrampicano assieme ai combattenti.
Gli aspri scontri durano intere giornate
Ad ogni esplosione i libici esultano gridando “Allah è grande”
Ma i kamikaze contrattaccano, come si è visto nel bagliore alle spalle dei combattenti.
I resti e gli schizzi di sangue del terrorista suicida sono arrivati sopra le nostre teste
Un proiettile jihadista colpisce inutilmente il carro
I feriti più lievi vengono curati in prima linea, ma questo combattente sta morendo dissanguato
L’obiettivo è liberare del tutto Sirte per la festa islamica del sacrificio del 12 settembre.
Sarebbe la prima capitale del Califfo a cadere.
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22 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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10 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Diario dalla Libia
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02 marzo 2011 | Panorama | intervento |
Libia
Diario dalla Libia
Una nube nera su tutta Tripoli
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18 marzo 2011 | Radio Capodistria | intervento |
Libia
IL vaso di pandora
IL vaso di pandora
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26 aprile 2011 | Radio 101 | intervento |
Libia
Con Luxuria bomba e non bomba
Il governo italiano, dopo una telefonata fra il presidente americano Barack Obama ed il premier Silvio Berlusconi, annuncia che cominciamo a colpire nuovi obiettivi di Gheddafi. I giornali titolano: "Bombardiamo la Libia". E prima cosa facevamo? Scherzavamo con 160 missioni aeree dal 17 marzo?
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