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Articolo
15 marzo 2023 - Esteri - Moldavia - Panorama |
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Moldavia, la strategia del caos |
“Rossiya, Rossiya” scandiscono in coro 15mila persone scese in piazza a Chisinau, capitale della Moldavia, a fine febbraio. Una delle più imponente manifestazioni di protesta contro il governo europeista di Maia Sandu, che si susseguono da mesi e ricordano lo scenario della Crimea nel 2014 prima dell’annessione russa. Questa volta, però, le truppe di Mosca nell’adiacente e isolata striscia di terra secessionista della Transnistria sono solo 1500 uomini, troppo pochi per un colpo di mano militare. Il Quinto direttorato dei servizi di sicurezza federali, l’intelligence russa, preferisce la strategia del caos, che cavalca le proteste per la crisi economica provocata dai tagli del gas e dalla guerra in Ucraina. Lo stratega, secondo il Sis, i servizi segreti moldavi, è il generale Dmitry Milyutin, numero due del dipartimento dell’Informazione operativa del Quinto direttorato. “Il classico tentativo di innalzare la tensione, come in Kosovo, per tenere sulla corda l’Europa. E’ un’ “operazione coperta”, che non avrà sbocchi come in Crimea. Un ponte aereo per rinforzare il contingente in Transnistria dovrebbe sorvolare i cieli ucraini” spiega a Panorama un esperto di geopolitica che è stato negli ultimi mesi a Chisinau e preferisce non rivelare il nome. La Moldavia, ex repubblica sovietica, è un piccolo paese di 2,6 milioni di abitanti fra la Romania e l’Ucraina lungo un confine di 1222 chilometri. Il “ventre molle” dell’Europa, che il 4 marzo ricordava il primo anniversario della richiesta di adesione alla Ue. Il vicepremier e ministro degli Esteri della Moldavia, Nicu Popescu, ha dichiarato: “In questa regione che è diventata pericolosa dall\'oggi al domani possiamo sopravvivere solo come Stato membro dell\'Unione europea”. I missili di crociera russi lanciati sull’Ucraina hanno sorvolato più volte lo spazio aereo moldavo, ma la vera crisi innescata dal conflitto è quella energetica ed economica. La Moldavia dipendeva al 100% dal gas russo e per un terzo come fornitura elettrica. L’aumento dei prezzi dell’energia ha provocato un’impennata nelle bollette del 60%. La crisi economica registra un’inflazione al 35%, che colpisce soprattutto le fasce più deboli della popolazione come anziani e pensionati. Secondo un sondaggio il 40% dei moldavi lotta per arrivare a fine mese ed il 21% è al di sotto della soglia di povertà. L’arrivo di 700mila profughi ucraini, poi in parte rientrati, non ha aiutato il nuovo presidente eletta nel 2020. Il taglio, iniziato a settembre, fra il 30 e 50% delle forniture di gas russo è stata la mazzata finale. Non solo: il vitale approvvigionamento elettrico dall’Ucraina è sospeso in seguito all’offensiva missilistica di Mosca che ha colpito le centrali. L’opposizione fa leva sulla crisi per portare le persone in piazza, ma anche paga i manifestanti. Per due ore di “manifestazione attiva”, secondo inchieste di giornalisti infiltrati, la tariffa è di 400 Lei in contanti, circa 80 euro. Attivisti del partito d’opposizione, Shor, sono stati arrestati con oltre 700mila euro in valuta locale in uno zainetto. “La Moldavia fin dal crollo dell’Urss del 1991 non è mai stata anti russa a prescindere. Il presidente precedente, Igor Dodon, era filo Mosca. Il paese è diviso con i giovani che guardano all’Europa e gli anziani preoccupati per il futuro. L’opposizione sfrutta le difficoltà economiche a cominciare dal notevole aumento del prezzo del gas, ma una rivolta armata sarebbe un suicidio” osserva Aldo Ferrari, docente all’università Ca’ Foscari di Venezia. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ed il capo di Stato moldavo hanno chiaramente puntato il dito contro Mosca. “Sono state identificate attività sovversive con l’obiettivo di minare la Repubblica di Moldova, di destabilizzarla e di violarne l’ordine pubblico” ha rivelato l’intelligence di Chisinau. L’esperto di geopolitica che ha visitato la Moldavia conferma che “da mesi i dimostranti hanno messo le tende di fronte ai palazzi governativi della capitale. Ogni sabato si incontrano, ma non riescono ad organizzare una vera e propria Maidan” la rivolta a Kiev del 2014 che ha costretto alla fuga il presidente filo russo. Le manifestazioni a fine febbraio a Chisinau facevano temere il peggio, ma il massiccio intervento delle forze dell’ordine ha evitato colpi di mano. Le autorità moldave puntano il dito contro alcuni oligarchi riparati all’estero accusandoli, talvolta troppo sbrigativamente, di destabilizzare il paese e di essere sul libro paga di Mosca. Il nuovo cartello della protesta che urlava “Russia, Russia” è il Movimento popolare. A guidare i cortei due deputate del partito Shor, vere e proprie pasionarie, Marina Tauber e Regina Apostolova. Il fondatore, Ilan Shor, oligarca ragazzino di 35 anni, vive in esilio in Israele. In patria è ricercato per corruzione, riciclaggio di denaro e altre attività criminali, ma lui risponde che si tratta di accuse infondate dettate da motivazioni politiche. L’ascesa recente di Shor è stata favorita dall’acquisto di alcuni canali televisivi pro russi. La controversa carriera politica è iniziata nel 2015 con l’elezione a sindaco della città di Orhei. Da due anni a questa parte il suo partito è la terza formazione politica nel parlamento moldavo, ma solo con il 5,7% dei voti. Un report dell’intelligence russa lo descrive come “figura allergica e inaccettabile per alcuni, ma per altri è un vero idolo, un leader”. Il dipartimento di Stato americano e pure gli inglesi, hanno inserito Shor nella lista nera delle sanzioni con l’accusa di essersi “coordinato con altri oligarchi per creare disordini politici in Moldavia” e aver “ricevuto sostegno russo” oltre a lavorare con Mosca per “minare” la candidatura europea del suo paese. Shor non ha mai fatto mistero di essere contrario all’adesione alla Ue che “ci sta portando al collasso economico” e per questo ha un certo seguito. La moglie Sara è una cantante pop che ha ricevuto da Vladimir Putin, il titolo onorario di “artista della Russia”. Fra il il 5 e 7 dicembre una delegazione italiana guidata dal generale Alessandro Grassano, vice capo del III Reparto Politica militare ha firmato a Chisinau il Piano di cooperazione per il 2023 con la Repubblica Moldova. Gli italiani sono stati ricevuti dal ministro della Difesa, Anatolie Nosatii, che ha enunciato gli obiettivi strategici a cominciare dal “processo di modernizzazione delle forze armate”. La Moldavia invierà soldati nelle principali missioni internazionali a cominciare dal Libano sotto comando italiano. L’Unione europea ha stanziato 8 milioni di euro per la cyber sicurezza e la lotta alla “disinformatzya”, dopo i ripetuti attacchi informatici. Altri 47 milioni euro verranno utilizzati per le forze armate. Il 25 febbraio l’agenzia americana Usaid ha annunciato il versamento di 300 milioni di dollari per aiutare Chisinau a superare la grave crisi energetica. La bandiera della Transnistria, repubblica secessionista della Moldavia non riconosciuta, ha ancora la falce e martello dei tempi sovietici. Una piccola fetta di terra con mezzo milione di abitanti fra la riva orientale del fiume Dniester e il confine ucraino. Dopo il conflitto separatista del 1992 il cessate il fuoco è garantito da un contingente di “pace” di Mosca. “La Transnistria è quanto di più sovietico sia rimasto dell’ex Urss abitata da russi, moldavi ed ucraini” sottolinea Ferrari, che è pure direttore delle ricerche dell’ Istituto di studi di politica internazionale per la Russia, Caucaso e Asia centrale. Fra i complotti veri e presunti della strategia del caos in quest’angolo dimenticato d’Europa, i russi accusano l’Ucraina di volere inscenare un falso tentativo di invasione di Mosca per intervenire a loro volta oppure una provocazione con un’arma radioattiva. “L’unica certezza è che a Cobasna, in Transnistria, esiste un deposito militare, risalente alla guerra fredda, considerato il più grande arsenale di munizioni in Europa, che fa gola” dichiara Ferrari. L’ultimo braccio di ferro è l’approvazione, in prima lettura, nel parlamento di Chisinau, di una legge che dichiara “lingua rumena” l’idioma ufficiale nel paese al posto della “lingua moldava”. Per il blocco social comunista vicino a Mosca è il primo passo verso una futura annessione alla Romania, paese Nato. Bucarest è corsa in aiuto della Moldavia garantendo il 30% della fornitura elettrica persa dall’Ucraina. “Tutti i romeni, destra o sinistra, pensano che la Moldavia sia terra irredenta - spiega Andrea de Polo avvocato e consulente d’impresa in Romania - C’è chi ritiene che va ripresa e chi no. Però sono pragmatici e in questo momento sanno bene che è meglio non provocare i russi”. Fausto Biloslavo |
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