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Analisi
29 marzo 2023 - Interni - Italia - Il Giornale
Quelle cinquanta missione sul fronte Est
Scramble» è il nome in codice delle missioni di decollo immediato, che scattano pigiando un pulsante rosso nella centrale operativa. I piloti dell’Aeronautica militare, pronti H24, 365 giorni all’anno, sentono la sirena d’allarme e schizzano verso i caccia per alzarsi in volo in coppia e intercettare il velivolo nemico o sospetto. Non si tratta di un film: nel 2022 è accaduto 25 volte per difendere lo spazio aereo nazionale da potenziali minacce. E ben 50 con gli Eurofighter italiani schierati sul fronte Est della Nato in difesa di Romania e Polonia per intercettare aerei militari russi. L’Arma azzurra ha compiuto 100 anni ed oggi, con un devastante conflitto nel cuore dell’Europa, come non mai dopo la seconda guerra mondiale, è un vitale scudo del cielo. Cinque stormi in patria, che hanno bisogno come il pane dei caccia bombardieri F 35, tanto «demonizzati», ma che ora sarebbe me« glio far tornare al numero originario di 131 (rispetto ai 75 per l’Aeronautica e 15 per la Marina) tagliato per miopia politica, pruriti pacifinti e beghe fra Forze armate.
E bisogna guardare avanti, senza tentennamenti, per sviluppare il caccia di sesta generazione, che gli inglesi chiamano Tempest in collaborazione con Londra e Tokyo. L’Ucraina insegna che pure i droni sono un’arma fondamentale e micidiale non solo in un conflitto convenzionale, ma in qualsiasi teatro operativo. L’Aeronautica schiera da tempo i Predator, ma solo come velivoli di ricognizione a pilotaggio remoto. Niente missili Hellfire anche se sarà ora di armare i nostri droni superando i tabù, che abbiamo con qualche difficoltà digerito con l’impegno dell’arma aerea in Kosovo ed i bombardamenti in Afghanistan. Cento anni dopo la nascita dell’Arma azzurra, con i tempi che corrono, non c’è tempo per pacifismi di facciata. L’Aeronautica militare è impegnata all’estero con 2300 uomini dai Balcani, al Libano e all’Africa con puntate in Antartide. Dalla base kuwaitiana di Ali al Salem continuano a decollare i caccia Eurofighter ed i Predator per attività di intelligence, ricognizione e sorveglianza sull’Iraq fin dai tempi di Mosul, «capitale» del Califfato.
Un’altra punta di lancia è il trasporto aereo con la gloriosa 46° Brigata di Pisa. Per due volte in Afghanistan mi sono trovato a bordo dei loro C-130 sotto minaccia annunciata da una calma e deliziosa vocina femminile che in automatico ripeteva «missile, missile». I bestioni grigi da trasporto hanno partecipato al più grande ponte aereo della Nato dopo quello di Berlino evacuando da Kabul 5mila afghani con la capitale già in mano ai talebani.
Il motto del centenario è «in volo verso il futuro» dove lo spazio sarà teatro operativo e il dominio cyber è già campo di battaglia. Senza un’arma aerea degna di questo nome saremo sempre sguarniti soprattutto nei prossimi anni quando il muro del Donbass diventerà più alto di quello di Berlino. Il capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, generale Luca Goretti, ha reso chiaramente l’idea ricordando che «la zona di guerra dista in linea d’aria dall’Italia quanto il Brennero da Lampedusa».
[continua]

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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare


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24 novembre 2015 | Rai 1 Storie vere | reportage
Terrorismo in Europa
Dopo gli attacchi di Parigi cosa dobbiamo fare per estirpare la minaccia in Siria, Iraq e a casa nostra

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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radio

20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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