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Articolo
07 settembre 2023 - Interni - Italia - Il Giornale |
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La Procura smentisce Frontex “Su Cutro notizie fuorvianti” |
• «Fuorvianti», «poco attendibili», «molto approssimative»: sono le mazzate nei confronti delle informazioni fornite da Frontex sul barcone naufragato a Cutro messe nero su bianco nella perizia richiesta dalla Procura di Crotone. Un’analisi dettagliata di 65 pagine firmate dall’ammiraglio in congedo, Salvatore Carannante, che ha lavorato come perito anche per la tragedia della Costa Concordia. L’esperto punta il dito contro l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne e di fatto scagiona, almeno in parte, i nostri soccorsi. «Le informazioni fornite da Frontex sulla rotta e sulla navigazione» alle autorità italiane prima del naufragio del 26 febbraio «sono state molto approssimative se non fuorvianti» denuncia la perizia resa nota dal quotidiano on line il Crotonese. Le carte sono state depositate dal pubblico ministero, Pasquale Festa, per il processo che inizierà il 14 ottobre a carico dei quattro scafisti finiti dietro le sbarre. La relazione sarà utile anche per il procedimento parallelo sui presunti ritardi dei soccorsi, che dovrebbe arrivare a breve alla conclusione dell’inchiesta su 6 indagati delle Fiamme gialle e della Guardia costiera. Carannante ricostruisce nei dettagli gli avvenimenti a cominciare dal velivolo Eagle 1 di Frontex che decolla dall’aeroporto di Lamezia Terme alle 18.07 del 24 febbraio e torna indietro alle 23.11. L’avvistamento del caicco Summer Love, proveniente dalla Turchia e diretto verso le nostre coste, avviene alle 22.26. Il Frontex situation center di Varsavia lancia l’allarme al Centro di coordinamento di Pratica di Mare, al Viminale e all’Imrcc della Guardia costiera alle 23.02. L’Eagle 1 segnala che sul ponte si vede solo una persona, ma i sensori termici puntati sui boccaporti rivelano la presenza di altri migranti sotto coperta. Il barcone galleggia bene, il mare è forza 4, ma non ci sono giubbotti di salvataggio visibili. Non solo: vengono rilevate telefonate satellitari degli scafisti con i trafficanti a capo della rete in Turchia. Il consulente della Procura si concentra sui dati forniti da Frontex sulla posizione dell’ imbarcazione, la rotta media seguita a 296° e la velocità di 6 nodi. Secondo queste indicazioni la barca «con i possibili migranti sarebbe dovuta giungere nella zona della baia di Copanello, quindi ben più a Sud-Ovest di Steccato di Cutro» dove è avvenuto il naufragio e per di più alle 7 del mattino. Il perito evidenzia, calcoli alla mano, «che la rotta media seguita dall'imbarcazione era di 325° e non 296° come indicato nel rapporto» di Frontex. E la velocità reale era di 7,3 nodi. «La distanza che l’imbarcazione avrebbe dovuto compiere per arrivare in costa era di circa 38,5 miglia e non 53» si legge nella perizia. A 7,3 nodi sarebbe stata coperta in 5 ore e 15 minuti arrivando sotto costa alle 3.41. Orario compatibile con le prime telefonate di allarme dei pescatori presenti nella zona. La conferma delle indicazioni sbagliate arriva anche dall’esame dei dati radar di sorveglianza della Guardia di Finanza sull’isola di Capo Rizzuto. «Ciò dimostra – sostiene il consulente - che le informazioni fornite da Frontex in merito a rotta e velocità erano poco attendibili e fuorvianti». Cruciale anche l’analisi dell’affondamento confermato dalle testimonianze dei pescatori. Il caicco pilotato dagli scafisti si dirige alle 4.11 del mattino del 26 febbraio verso la costa per tentare di «spiaggiare», ma la manovra è «abbastanza pericolosa» a causa delle condizioni meteo avverse e della scarsa conoscenza dei fondali. La forte risacca è un altro fattore di pericolo. Da bordo notano delle luci a terra e per non farsi vedere, temendo che si tratti delle forze dell’ordine, invertono improvvisamente la rotta per tornare al largo. Il risultato è che la Summer Love s’incaglia in balia della risacca per colpa degli scafisti e soprattutto del timoniere. «La barca si alzava e si abbassava – ha riferito agli inquirenti un teste – a causa della forza del mare e poco dopo sentivo un rumore forte, come se un legno si spezzasse». É la fine, il caicco va in pezzi e viene inghiottito dal mare provocando l’annegamento di 94 persone ed un numero imprecisato di dispersi. |
[continua] |
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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste
A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale
Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai
Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa
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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.
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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni.
Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra.
Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti.
Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti.
Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata».
Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.
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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento |
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra
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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento |
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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