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18 settembre 2024 - Esteri - Albania - Panorama |
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Acque agitate per l’hotspot albanese |
Il 25 giugno sul profilo Instagram della rete No Cpr, gruppo di talebani dell'accoglienza contro i Centri di permanenza per i rimpatri, viene illustrato il “sopralluogo” in Albania, dove il governo Meloni vuole portare i migranti illegali che arrivano via mare. Le immagini dell’hotspot di Shengjin, sulla costa, e del centro di Gjader, nell’entroterra, dove saranno trattenuti i clandestini, allora ancora in costruzione, sono sovrastati da slogan che non lasciano dubbi. “Quelli che nel centro delle nostre città sono lager impenetrabili, luogo di abusi e violenze, cosa saranno "ai confini dell'Impero" italiano e della "Fortezza Europa”?” si legge nei post in nero su sfondo giallo. E ancora: “Mai più lager. No ai Cpr. Nè in Italia. Nè in Libia. Nè in Albania”. Gli antagonisti hanno utilizzato pure un drone per filmare le aree dei centri dall’alto. Le nostre antenne, che monitorizzano la situazione, temono mobilitazioni e proteste degli antagonisti italiani e internazionali in Albania “che potrebbero sfociare in blocchi dell’unica strada che porta da Shengjin, dove verranno sbarcati i migranti, e il centro di Gjader, ad una ventina di chilometri, ma dovranno vedersela con le forze di sicurezza albanesi che non sono tenere”. Per mettere i bastoni fra le ruote al piano Albania del governo associazioni pro migranti, Ong e pezzi della magistratura hanno già iniziato la mobilitazione. Il 17 maggio la ben nota giudice del Tribunale di Roma, sezione specializzata immigrazione, Silvia Albano, è intervenuta sul “Protocollo Italia-Albania” agli Stati generali dei talebani dell’accoglienza puntando il dito contro il piano governativo. Sull’invito, fra i sostenitori dell’incontro promosso da Asgi, l’associazione legale pro migranti finanziata anche da Soros, campeggia il simbolo dei No Cpr, che promettono battaglia in Albania. “Da una parte gli antagonisti - rivela a Panorama chi monitorizza la situazione - e dall’altra la “guerriglia” giudiziaria per ostacolare il più possibile la detenzione amministrativa in Albania. Se non viene convalidata da Roma, entro 48 ore, i migranti devono venire portati in Italia”. Partenza in salita per il progetto albanese, che non a caso ha subito continui rinvii da giugno. Adesso sembra che i primi migranti intercettati in mare dovrebbero essere trasferiti in Albania da fine settembre. L’hotspot sulla costa è pronto e ci sono già i carabinieri che garantiranno la sicurezza all’interno delle strutture. Il centro di Gjader è quasi finito con qualche problema per le fognature. I costi previsti sono di 670 milioni di euro per cinque anni. Le opposizioni ed i detrattori del protocollo sostengono che si arriverà ad 850 milioni se non 1 miliardo. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha ribaditio che “è un investimento. 134 milioni all’anno che corrispondono al 7,5% delle spese connesse all’accoglienza dei migranti sul territorio nazionale”. Fra carabinieri, agenti della polizia penitenziaria, funzionari per le pratiche con i migranti verranno impiegate circa 500 persone. La cooperativa Medihospes, già una potenza nel campo in Italia, ha vinto il bando per la gestione dei centri, come unica richiedente, con un’offerta di 133,8 milioni di euro. Il protocollo prevede che “il numero totale di migranti presenti contemporaneamente nel territorio albanese (…) non potrà essere superiore a tremila”. Il centro di Gjader avrà 1150 posti per trattenimento e delle celle per 24 detenuti in caso di disordini. La procedura prevede che entro 48 ore deve essere convalidata da un giudice da Roma la detenzione amministrativa. E nel giro di 28 giorni con procedura accelerata, bisognerà decidere se il migrante ha diritto a protezione e dovrà essere portato in Italia oppure verrà rimpatriato nel suo paese di origine. Il piano Albania non è la soluzione della crisi migratoria, ma può funzionare come deterrente e modello. “Quindici nazioni europee su 27, la maggioranza dell’Ue - sottolinea Meloni - ha sottoscritto un appello alla Commissione per chiedere, fra le altre cose, che segua il modello italiano”. Uno dei motivi degli slittamenti e della partenza difficile riguarda le procedure, nel rispetto delle norme Ue, che sono complesse a cominciare dall’intercettazione e “selezione” in mare. A tal punto che il ministero dell’Interno ha stilato 6 pagine di Sop, Procedure operative standard, lette da Panorama. Non verranno trasferite in Albania “le persone di sesso femminile, i migranti visibilmente minori di età e non accompagnati, le persone affette da patologie o minorazioni fisiche evidenti, gli anziani”. I migranti devono essere intercettati da unità della Guardia costiera unicamente in acque internazionali e poi trasferiti su “navi hub private”, che trasferiranno i selezionati in Albania. Il contratto con una grossa unità, stile traghetto, è stato firmato, ma sarà disponibile nella seconda metà di settembre. “Le suddette navi hub stazionano all’interno dell’area SAR (ricerca e soccorso nda) italiana ed al di fuori delle acque territoriali nazionali, di massima a sud-ovest di Lampedusa” si legge nel testo del Sop. “Sulle navi hub vengono effettuate le attività di pre-screening dei migranti - scrive il Viminale - per l'individuazione dei requisiti di eleggibilità per il trasporto in Albania”. A bordo ci saranno agenti di polizia, funzionari e sanitari. Gli “eleggibili” devono provenire da “Paesi di origine Sicura individuate dal Decreto del Ministro degli Affari esteri”. Il numero di nazioni è stato aumentato e di fatto si punterà sui migranti illegali provenienti dalla Tunisia, dal Bangladesh e dall’Egitto, che negli ultimi dieci anni sono le prime tre nazionalità di sbarco in Italia. Non è un caso che Albano, pezzo grosso di Magistratura democratica, abbia già messo le mani avanti annunciando al convegno di maggio che “il protocollo Albania e la sua legge di ratifica pongono dei problemi giuridici enormi”. Secondo la giudice, che è già riuscita a bloccare le riammissioni dei migranti in Slovenia che arrivavano attraverso la rotta balcanica grazie ad un caso inventato, l’intero piano è in conflitto con le direttive Ue. Per di più ha spiegato che “le navi italiane sono considerate a tutti gli effetti territorio dello Stato italiano (…) I migranti, in base al diritto dell’Unione dovrebbero essere portati in Italia”. Albano sostiene che trasferirli in “Albania potrebbe essere illegittimo e configurare un respingimento collettivo”. La conclusione è una doccia fredda per il governo: “E’ chiaro che noi non possiamo convalidare i trasferimenti in Albania”. Albano contesta pure la lista dei paesi sicuri: “Se il giudice ritiene che l’Egitto non possa essere inserito nei paesi di origine sicura non potrà convalidare il provvedimento, non può applicarsi la procedura accelerata e (il migrante nda) non potrebbe neanche stare in Albania”. La “guerriglia” giudiziaria si salda con le Ong del mare, che promettono battaglia. L’accordo Italia-Albania è un «attacco sferrato al diritto d’asilo» denuncia Medici senza frontiere. “L’obiettivo - spiega l’associazione umanitaria - non é più solo quello di scoraggiare le partenze, ma di impedire attivamente alle persone in fuga e a chi viene soccorso in mare di accedere in modo rapido e sicuro al territorio europeo, aggirando così gli obblighi di protezione e soccorso sanciti dal diritto internazionale e dalle Convenzioni Ue». Mission Lifeline, talebani dell’accoglienza tedeschi, hanno annunciato di volere raccogliere informazioni in Albania sui centri italiani bollati da Martin Kunze come “campi di deportazione”. L’appello alla mobilitazione è rivolto anche alle Ong del mare oltranziste Sea Watch, Sos Humanity e ResqS. Gli apparati di controllo fanno sapere che “gli antagonisti vorrebbero coinvolgere pure i loro omologhi albanesi ed eurodeputati di “lotta” come Ilaria Salis. Stanno attendendo il trasferimento dei primi migranti in Albania per scatenare le proteste”. Fausto Biloslavo |
[continua] |
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