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27 settembre 2024 - Attualità - Italia - Il Giornale
La corte dei miracoli delle parti civili nei processi
Oltre un milione di euro è la richiesta di risarcimento danni di migranti, Ong e associazioni varie nello scandaloso processo Open arms al vicepremier Matteo Salvini. La dimostrazione che la trappola giudiziaria ordita dalla politica è anche una grande abbuffata per incassare non pochi denari. Anche se in realtà non si capisce bene a che titolo. I talebani dell’accoglienza spagnola di Open arms chiedono la “modica” cifra di 380mila dollari. Il legale ha sottolineato in aula che «è evidente il danno creato all'armatore umanitario, al suo equipaggio, alla sua funzionalità». Se Salvini fosse condannato ed i risarcimenti riconosciuti oltre al danno si aggiungerebbe la beffa di una Ong del mare che ci porta in casa i migranti illegali e alla fine incassa anche un bel gruzzolo se un ministro prova a fermarla difendendo banalmente i confini. A parte uno, nessun altro dei 147 “sequestrati”, che vivono in gran parte in Germania e Francia, è venuto a testimoniare al processo.
Gli avvocati di chi (non tutti) si è costituito parte civile chiedono dai 30mila ai 50mila euro di danni per ciascun assistito. Il gambiano Musa, che oggi ha 21 anni, l’unico a presentarsi in aula, vive in Italia dove ha studiato e trovato un lavoro oltre a una casa. In Libia ha subito torture e sevizie terribili per mesi, evidenziate dal legale, ma alla fine «i giorni di inferno» sono stati i 17 a bordo di Open Arms prima della sbarco come minore. Cinquantamila euro non si possono negare a Musa adottato dall’Italia.
La vera assurdità, che cozza con il semplice buon senso, è la corte dei miracoli delle parti civili, composta da una ventina di amministrazioni locali, Ong e associazioni varie, che puntano al grosso della torta. Non si riesce a capire a che titolo il Comune di Palermo sia parte civile quando il fattaccio è avvenuto dall’altra parte della Sicilia, davanti all’isola di Lampedusa. L’unica spiegazione è l’attivismo pro Ong dell’allora sindaco Leoluca Orlando, che conferma la matrice politica di questo processo. Ancora più assurda la richiesta di danni da parte della città spagnola di Barcellona, a 500 miglia dalla Sicilia, che avanza come “diritto” solo il fatto di essere la base di Open Arms.
Fra le Ong che non hanno avuto nulla a che fare con la vicenda, se non per l’odio politico contro Salvini, è parte civile pure Emergency, che fino al 2017 aveva come presidente Cecilia Strada oggi europarlamentare Pd. Anche Mediterranea di Casarini e soci, sotto accusa a Ragusa per favoreggiamento aggravato dell’immigrazione illegale, chiede soldi. Ed è paradossale domandarsi a che titolo Legambiente e Arci, che dovrebbero occuparsi di tutt’altro, richiedano i danni a Salvini nel processo di Palermo. Della corte dei miracoli fanno parte anche l’associazione Cooperazione Internazionale Sud Sud, i Giuristi Democratici, l’Osservatorio Antidiscriminazioni Noureddine Adnane e Accoglierete.
Tutti ammessi come parti civili, che puntano a spartirsi un milione di euro.
[continua]

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.

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Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
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Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
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L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
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Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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