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Articolo
06 novembre 2024 - Sito - Usa - Il Giornale |
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Trump e l'ombra degli estremisti (dem) in casa |
Fausto Biloslavo Donald Trump torna, alla grande, alla Casa Bianca. Non è la fine del mondo come paventano le anime candide del politicamente corretto. Anzi, potrebbe, come ha subito annunciato, gettare acqua sul fuoco dei conflitti, almeno in Ucraina, nel cuore dell’Europa. Prima, però, potrebbe esserci qualche colpo di coda degli estremisti dem convinti veramente che il voto a Trump sia “spazzatura”. Pure gli ultrà progressisti contano su qualche “milizia” armata e alla fine hanno sparato due volte solo al candidato repubblicano. Al primo attentato rischiando di farlo fuori. Da quattro anni, dopo l’inaccettabile assalto a Capitol Hill, hanno cercato di eliminare Trump per via giudiziaria. Come, nel nostro piccolo, a Genova e pure a Bari è scattato l’effetto boomerang. La sfilza di casi, veri o presunti, ha trasformato la simpatica canaglia repubblicana, in una specie di “vittima” della persecuzione giudiziaria. O almeno alla maggioranza degli americani non è fregato nulla se il nuovo presidente pagava delle porno star. Robert de Niro e lo scodazzo di star inutili, in termini elettorali, chissà se cambieranno paese, come hanno annunciato fin dalla prima elezione di Trump, o scatterà una “guerriglia” al caviale e champagne nell’ultima ridotta di Hollywood. Più preoccupante il deep state che vede The Donald, come fumo negli occhi, compresi molti militari in congedo e pure in servizio. Per non parlare dell’anima woke composta da radical chic pro Lgbt, aborto e dittatura del politicamente corretto, annidati anche nei media, che considerano Trump il nuovo Hitler. La stessa sioretta Kamala potrebbe gettare la maschera e mettersi a capo di una contestazione ad oltranza di Trump, forse non sempre pacifica. A parte l’illusione dem, il nuovo presidente ha incassato un bottino mai visto di voti. A casa sua punterà subito sull’immigrazione con il confine messicano già chiuso, in campagna elettorale, da Biden. E la non facile promessa di rimpatriare i clandestini. Trump rischia di trovarsi gli stessi bastoni fra le ruote di falangi di giudici pro migranti, come il governo Meloni per il piano Albania. A noi interessa di più la politica dei dazi per l’Europa, che tutti gli ultimi presidenti americani hanno minacciato o applicato con diverse tonalità. Il cavallo di battaglia di far pagare agli europei i costi previsti della Nato può anche diventare un’opportunità per arrivare finalmente ad un sacrosanto 2% del prodotto interno lordo come spese della Difesa. Trump si impegnerà, sicuramente, a congelare il conflitto in Ucraina, anche se non sarà facile convincere i duri e puri di Kiev della vittoria ad ogni costo e lo Zar del Cremlino tornato in versione sovietica con truppe nord coreane sul campo. Nel Vicino Oriente, al contrario, il nuovo presidente lascerà mano abbastanza libera al premier Bibi Netanyahu. Non tanto contro i palestinesi, ma nello scontro epocale con l’Iran. Trump, in nome del patto di Abramo, aveva già sfoderato gli artigli con l’Iran facendo saltare l’accordo sul nucleare. Sul fronte dell’Estremo Oriente, il 47imo presidente Usa sa bene che il vero rivale strategico degli Usa è la Cina, ma abbiamo pur sempre a che fare con l’imprevedibile ciuffo ribelle della politica americana. Donald Trump potrebbe anche provarci, come ha subito annunciato, a “fermare tute le guerre”.
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[continua] |
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radio
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29 maggio 2015 | Radio sportiva | intervento |
Usa
La corruzione del calcio internazionale
Un dossier del 2013 già svelava il marcio dell’inchiesta che sta sconvolgendo il calcio internazionale. Da alloggi di lusso alle Bahamas e Miami al buco nero di un centro di eccellenza a Trinidad, fino a tangenti e addirittura soldi spariti per il terremoto di Haiti. Il gatto era Chuck Blazer l’ex segretario generale della Federazione calcistica del Nord, Centro America e Caraibi. Nel 2013 ha accettato “segretamente” una prima condanna e restituito 1,9 milioni di dollari. L’Fbi l’ha usato come “pentito” per scoperchiare il pentolone. La volpe è ancora oggi Jack Warner ex presidente della stessa Federazione e vice della Fifa, uno dei pezzi grossi finito nell’inchiesta. Per oltre un decennio il gatto e la volpe si coprivano a vicenda accumulando fortune milionarie grazie ai maneggi.
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