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Reportage
25 novembre 2024 - Prima - Bosnia - Il Giornale
Il campo dove la Ue aiuta i migranti ad invaderci
«The game, the game, partiamo adesso per raggiungere l’Italia» urlano in coro, sorridendo, quattro congolesi appena usciti dal campo di accoglienza bosniaco di Lipa, in mezzo alla neve, nel cantone di Bihac. «Il gioco» è il nome affibbiato dai migranti all’attraversamento illegale dei confini, prima in Croazia e poi in Slovenia per arrivare a Trieste, capolinea della rotta balcanica. «Ci ho provato quattro volte», spiega uno dei congolesi indicando il numero con le dita della mano. Ben attrezzati con indumenti pesanti, zaini e scarpe invernali, che vengono fornite nel campo di accoglienza finanziato dall’Unione europea, hanno tragitto e contatti sul telefonino fino all’Italia.
«Ce la facciamo», è convinto il congolese più sorridente. Una volta salito a bordo di uno dei taxi che aspettano i migranti all’esterno del campo, alza il pollice per ribadire che è tutto ok.
«Questo campo è quasi un albergo finanziato con fondi Ue. Li rifocillano e forniscono vestiti e scarpe. Un punto di appoggio e di transito per i migranti. Di fatto un aiuto per percorrere la rotta balcanica e arrivare fino da noi», dichiara Anna Maria Cisint, parlamentare europea della Lega, che ha voluto toccare con mano la situazione nel cantone bosniaco di Bihac. Alle sue spalle, all’ingresso del campo, il cartello con le stelline europee su sfondo blu e la scritta Iom, costola dell’Onu per le migrazioni. Fra i vari sponsor, da US Aid alla Caritas, c’è anche il simbolo del ministero degli Esteri italiano.
L’aspetto paradossale è che i migranti possono entrare e uscire dal campo liberamente, quando vogliono, senza problemi. Nei container bianchi in mezzo ai boschi si ritemprano per poi ritentare il gioco della rotta balcanica.
Un giovane egiziano, sdentato, mostra con orgoglio le pedule nuove fornite al campo e assieme a un connazionale spiega che «adesso andremo in Italia».
Dall’interno, dietro la rete, altri migranti salutano alzando le braccia e gridando «Bosnia good». Un paio di marocchini indicano, attraverso Google map sul cellulare, Venezia, dove vogliono arrivare nella speranza di trovare lavoro illusi da un Eldorado occidentale che non esiste più.
I dati dell’Iom indicano che dall’inizio dell’anno sono stati registrati in Bosnia 22.363 migranti e a Lipa risultano passati 11.920. I rintracci in Friuli-Venezia Giulia sono appena 8.800, la metà rispetto allo scorso anno. Negli ultimi sei anni l’Iom ha registrato 169.749 migranti, quasi tutti giunti illegalmente in Europa attraverso la rotta balcanica. Frontex, fino a ottobre, ha segnalato 17mila migranti, un crollo del 79 per cento rispetto al 2023. Però una fonte bosniaca del Giornale, che monitora il traffico, spiega che «gli illegali fuori dai radar possono essere anche il 50 per cento in più».
Dalla Macedonia in avanti fanno passare tutti «e nel sud della Serbia ci sono campi come quello di Lipa dove i migranti si riposano per poi continuare il cammino verso l’Europa». Ali H., un afghano di 19 anni che incrociamo di sera nel viale centrale di Bihac, sostiene di essere scappato dall’Afghanistan quattro anni prima. «I talebani hanno ucciso mio padre e anche la mamma è morta - racconta -. Ho un fratello che vive a Londra, dove ha tre ristoranti. È lui che tiene i contatti con i trafficanti. Per farmi arrivare in Italia pagherà 3mila euro. Devo aspettare una chiamata per passare il confine croato». Ali ci aveva provato a Sturlic, 24 ore prima, ma la polizia di Zagabria ha intercettato la colonna di 11 afghani, pachistani e iraniani. il ragazzino è riuscito a darsela a gambe.
Nel desolato centro di Bihac spuntano con il buio i «facilitatori», lungo linee etniche. Un maghrebino, un pachistano che ha sposato una donna del posto e un africano sempre attaccati al telefonino per coordinare movimenti e passaggi dei migranti.
«La crisi migratoria, rispetto al passato, è sotto controllo con i due campi di Lipa e Borici. In Italia sono stato in diverse città e ci sono più migranti a Napoli rispetto a Bihac», dichiara con una battuta Nijaz Husic, il premier del cantone di Una Sana. Purtroppo si cominciano a registrare «metodi» libici di bande che filmano violenze su altri migranti, anche minorenni sottoposti a stupri, mandando i video via Whatsapp ai familiari per chiedere un riscatto. La fonte del Giornale che monitorizza il traffico osserva «che talvolta, con la garanzia di passaggi sicuri, pagano anche 10mila euro per la rotta balcanica». L’Osa, l’Agenzia d’intelligence e sicurezza della Bosnia-Erzegovina, ha monitorato il traffico di esseri umani scoprendo gran parte della rete. «I migranti ricevono tutte le informazioni sul viaggio compreso il tragitto, i contatti e gli appuntamenti con i passeur via Whatsapp o Telegram. Sulle chat il capolinea è sempre Trieste», spiega la fonte. E aggiunge: «Poi proseguono verso altre città o paesi europei, ma sui telefonini ricevono anche le frasi da pronunciare con gli agenti italiani e la posizione degli uffici dove chiedere asilo o delle stazioni ferroviarie per proseguire il viaggio con tanto di biglietti elettronici». Grazie ai cellulari e al tracciamento dei soldi è stata individuata una «rete di cittadini italiani, con origini straniere, che gestiscono il traffico lungo la rotta balcanica».
Cisint vuole sollevare il tema al Parlamento europeo: «Assieme al gruppo dei Patrioti chiederemo ai bosniaci tutte le informazioni in loro possesso a cominciare dalla rete dei trafficanti in Italia e Germania».
Nell’entroterra di Vuciak, a dieci minuti di macchina da Bihac, un rudere è stato utilizzato come bivacco dai migranti. Il piumino bianco spunta dal punto di sosta, non lontano dal confine croato, e fra le sterpaglie ci sono scatolette di tonno aperte da poco e scarpe.
Un italiano che vive da queste parti conferma l’andazzo: «Oltre quelle colline c’è la Croazia già Unione europea. Poi entrano illegalmente in Slovenia e alla fine arrivano a Trieste, la Mecca della rotta balcanica».
[continua]

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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