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Articolo
09 dicembre 2024 - Il Fatto - Siria - Il Giornale |
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Il futuro della Siria e il rischio Kabul Cristiani e curdi finiscono sotto tiro |
Eadesso cosa accadrà in Siria? I talebani siriani seguendo un copione simile a quello dei cugini di Kabul, con l’esercito governativo che si è sciolto come neve al sole, hanno conquistato Damasco. L’Emirato islamico si è complimentato per primo con i ribelli jihadisti di Hayat Tahrir al-Sham, che si stanno presentando come «talebuoni» agli occhi del mondo e ai timorosi cristiani della Siria ridotti al lumicino. Stesso schema di Kabul ai tempi della Caporetto afghana della Nato, ma poi abbiamo visto tornare il Medioevo islamico. Il leader Abu Mohammed al Jolani, ex di al Qaida, con 10 milioni di dollari di taglia Usa sulla testa, ha addirittura iniziato a usare il suo vero nome, Ahmed al-Sharaa e non quello di battaglia, troppo compromesso con il terrorismo jihadista. Per la transizione avrebbe mantenuto al suo posto il premier siriano, Mohammed Ghazi al-Jalali, ma è ovvio che si vede già come nuovo rais siriano. Il primo ministro è scortato, come un «prigioniero», da un reparto scelto dei ribelli. Oltre a scene di giubilo per la caduta del regime ci sono razzie e saccheggi. Difficile che i vincitori si trasformino in rispettosi democratici piuttosto che instaurare una specie di Califfato siriano come avevano sempre sognato in una dozzina d’anni di guerra civile. L’unica certezza è che ci sono due vincitori, acerrimi rivali, il neo sultano Erdogan e il premier ebraico Netanyahu. La Turchia ha già fatto sapere che garantirà con i nuovi padroni di Damasco la sicurezza del Paese. E il presidente, padrino dei ribelli che hanno scalzato Assad, farà finalmente tornare in patria gran parte dei tre milioni di rifugiati siriani, che cominciavano a pesare troppo anche in termini elettorali. Il primo ministro israeliano ha cantato vittoria parlando di svolta storica: dopo 50 anni l’acerrimo nemico del regime familiare degli Assad non esiste più. E soprattutto si è interrotto il corridoio sciita, che dall’Iran via Irak e Siria arrivava fino al Libano rifornendo l’arsenale di Hezbollah. I caccia con la stella di Davide hanno bersagliato i Pasdaran e i suoi giannizzeri in Siria con centinaia di raid aprendo, di fatto, la strada all’offensiva lampo dei ribelli. Adesso, però, Bibi ha dovuto mandare rinforzi sul Golan occupando le posizioni abbandonate dall’esercito siriano per evitare di trovarsi di fronte le forze jihadiste. La strategia del caos e del «divide et impera» potrebbe rivelarsi, a lungo andare, un boomerang. La disgregazione della Siria è un pericolo concreto a cominciare dal Nord Est del Paese, in mano ai curdi, che vorrebbero trattare con i vincitori, ma sono attaccati dall’Esercito nazionale siriano. Una formazione alleata dell’Hayat Tahrir al-Sham, composta da turcomanni, armati e finanziati da Ankara, che la usano in funzione anti curda. Non solo: i ribelli hanno evitato, per ora, di avanzare nella roccaforte degli alawiti di Assad a Latakia dove si ci sono anche la base navale russa di Tartus e quella aerea di Hmeimim. Al momento in stato di massima allerta, ma Mosca ha dichiarato si essere in contatto con tutti e disponibile a una transizione pacifica. I russi hanno bombardato in maniera molto blanda l’avanzata dei ribelli. Segnale di un probabile accordo sotto banco fra Putin ed Erdogan per mantenere almeno la strategica base navale sul Mediterraneo ereditata dall’Urss. Un altro rischio è che se torneranno gli oppositori del regime fuggiti in Europa all’inizio del conflitto potrebbero, in senso inverso arrivare nuovi profughi che non si trovano a loro agio con i «talebuoni». Solo nella prima settimana di offensiva gli sfollati erano 230mila. Il tempo ci farà capire se la Siria diventerà un Paese moderno, senza guerre, oppure rifugio sicuro per estremisti salafiti e terroristi, come l’Afghanistan, una mina innescata nel cuore del Mediorien te. |
[continua] |
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14 febbraio 2019 | Porta a Porta | reportage
Parla il miliziano italiano che ha combattuto nell'Isis
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10 settembre 2013 | Tg5 | reportage
L'inferno di Jobar alle porte di Damasco
Alle porte della capitale siriana il nostro inviato racconta il sobborgo ridotto a un cumulo di macerie, nella zona dove sono state usate le armi chimiche.
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18 febbraio 2016 | Terra! | reportage
La guerra dei russi in Siria
Chi l’avrebbe mai pensato di ritrovarmi faccia a faccia con i russi in Siria. Negli anni ottanta, durante l’invasione sovietica dell’Afghanistan, il faccia a faccia con l’Armata rossa mi costò sette mesi di galera a Kabul.
Gli inviati Fausto Biloslavo, Sandra Magliani, Lorena Bari e Anna Migotto documentano la guerra in Siria, l’immigrazione, i profughi, i morti ed i bombardamenti L’immigrazione, la guerra in Siria, i morti, i profughi che premono alle frontiere della Turchia cercando un varco per l’Europa, i bombardamenti.
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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento |
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.
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23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento |
Siria
La guerra continua
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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento |
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.
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