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Articolo
11 marzo 2025 - Il fatto - Siria - Il Giornale |
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Caos in Siria, oltre mille morti Alawiti nel mirino del governo, che firma un’intesa con i curdi |
La rappresaglia dei presunti «talebuoni» in Siria, nei confronti della minoranza alawita del deposto presidente Assad, avrebbe lasciato sul terreno 1130 vittime. Almeno 890 sarebbero civili, compresi anziani, donne, 12 bambini e un neonato di 6 mesi. Il ministero della Difesa ha annunciato la fine delle operazioni nella regione costiera a nord di Damasco, fra Latakia e Tartus, storica roccaforte alawita, subito dopo l’annuncio di un’inchiesta sui crimini. Il colonnello Hassan Abdel-Ghani ha proclamato lo stop lanciando, però, un nuovo monito: «Ai resti del regime sconfitto e ai suoi ufficiali in fuga, il nostro messaggio è chiaro ed esplicito: se tornate, torneremo anche noi. E troverete davanti a voi uomini che non si ritireranno e non avranno pietà». La situazione è ancora esplosiva ad Aleppo dove le milizie curde che controllano i quartieri Sheikh Maksoud avevano cercato di occupare altre zone della città in mano ai governativi del presidente ad interim, auto nominato, Ahmed al-Sharaa, che viene da un passato jihadista doc. Una fonte del Giornale rivela che «sono intervenuti i droni turchi bombardando i quartieri curdi e frenando l’avanzata. Da domenica continuano a sparare i cecchini da una parte e dall’altra». Mazloom Abdi, il comandante della forze curde nell’Est del paese, però, ha firmato un accordo con al-Sharaa per l’integrazione delle Forze democratiche siriane nell’esercito di Damasco. A sud, dalla roccaforte drusa di Sweida, si minaccia di tornare a marciare sulla capitale. Le milizie druse come al-Karama hanno già stretto contatti con l’esercito israeliano che si è spinto sulle alture del Golan. Israele, che appoggia tacitamente curdi e drusi, persegue la strategia del divide et impera. Una Siria debole e frastagliata fa comodo. L’ultima mattanza è stata una rappresaglia a un’imboscata nei confronti delle forze governative, nella zona di Latakia, con 16 morti. Gli alawiti, dopo mesi di profilo basso, si stanno riorganizzando con gruppi armati composti da ex militari guidati dai generali del regime di Assad. Il Consiglio militare per la liberazione della Siria, nella zona di Latakia, fa riferimento a Ghiath Dallah, uno dei comandanti dell’ex 4° divisione dell’esercito, che si era macchiata di crimini. A Tartus, dove sono ancora presenti i russi nella base navale, opera lo Scudo costiero guidato dall’ex generale delle forze speciali, Muqdad Fatiha. Beit Ana, dove è avvenuta parte della strage di civili, è il feudo di Suhail al-Hassan, ex capo delle Forze Tigre, un reparto di élite del passato regime. I seguaci di Assad avevano preso il controllo di piccoli centri nell’entroterra dell’area alawita scatenando la rappresaglia governativa. I massacri sarebbero stati compiuti soprattutto dai tagliagole ceceni, uzbeki e uiguri, che fanno parte della costellazione jihadista legata ad Al Qaida. E sono schierati al fianco del cartello islamista, Hayat Tahrir al Sham, al potere a Damasco. Di mezzo sono finiti anche i cristiani, come denuncia «Aiuto alla chiesa che soffre»: «Un padre e un figlio appartenenti ad una chiesa evangelica di Latakia, che viaggiavano in auto, sono stati fermati e uccisi, così come il padre di un sacerdote a Banias». Pure ad Homs e Aleppo i cristiani hanno paura. |
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19 marzo 2019 | Rai 1 Storie italiane | reportage
Ricordo di Lorenzo volontario con i curdi ucciso dall'Isis
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25 gennaio 2016 | Tg5 | reportage
In Siria con i russi
La guerra dei russi in Siria dura da 4 mesi. I piloti di Mosca hanno già compiuto 5700 missioni bombardando diecimila obiettivi. In queste immagini si vedono le bombe da 500 o 1000 chili sganciate sui bersagli che colpiscono l’obiettivo.
Un carro armato della bandiere nere cerca di dileguarsi, ma viene centrato in pieno e prende fuoco.
In Siria sono impegnati circa 4mila militari russi. La base aerea a 30 chilometri dalla città siriana di Latakia è sorvolata dagli elicotteri per evitare sorprese.
Le bombe vengono agganciate sotto le ali a ritmo continuo. I piloti non parlano con i giornalisti, ma si fanno filmare con la visiera del casco abbassato per evitare rappresaglie dei terroristi. Il generale Igor Konashenkov parla chiaro: “Abbiamo strappato i denti ai terroristi infliggendo pesanti perdite - sostiene - Adesso dobbiamo compiere il prossimo passo: spezzare le reni alla bestia”.
Per la guerra in Siria i russi hanno mobilitato una dozzina di navi come il cacciatorpediniere “Vice ammiraglio Kulakov”. Una dimostrazione di forza in appoggio all’offensiva aerea, che serve a scoraggiare potenziali interferenze occidentali. La nave da guerra garantisce la sicurezza del porto di Tartus, base di appoggio fin dai tempi dell’Urss.
I soldati russi ci scortano nell’entroterra dilaniato dai combattimenti. Negli ultimi tre anni la cittadina era una roccaforte del Fronte al Nusra, la costola siriana di Al Qaida. Le bombe russe hanno permesso ai governativi, che stavano perdendo, di riguadagnare terreno.
Sul fronte siriano i militari di Mosca usano il blindato italiano Lince. Lo stesso dei nostri soldati in missione in Afghanistan.
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23 gennaio 2014 | Televisione Svizzera Italiana | reportage
I cristiani combattono
I cristiani in Siria vivono fra due fuochi e iniziano a difendersi, armi in pugno.
Queste sono le giovani reclute del Sutoro, una milizia cristiana nel nord del paese travolto dalla guerra civile. Le immagini sono state girate dagli stessi miliziani.
I cristiani siriaci combattono al fianco dei curdi contro gli estremisti islamici di Al Qaida.
Il nome Sutoro deriva da un’antica preghiera in aramaico, la lingua di Gesù Cristo.
Dall’Europa non partono per la Siria solo volontari della guerra santa islamica.
Ma pure giovani cristiani per proteggere le loro comunità minacciate di estinzione.
Come raccontano i rappresentanti della diaspora cristiana nel vecchio continente.
Da Locarno è partito per la Siria Johann Cosar, un ex sergente dell’esercito elvetico.
Ufficialmente per documentare le sofferenze dei cristiani, ma in realtà ha dato una mano ad addestrare la milizia del Sutoro.
Dei volontari cristiani in Siria, giunti dall'Europa, parla il rappresentante del Centro culturale mesopotamico di Locarno
Sait il padre di Johan Cosar, il giovane di Locarno partito per la Siria, è un cittadino svizzero ed esponente di spicco del Partito che ha fondato la milizia cristiana.
I servizi segreti di Damasco lo hanno arrestato lo scorso agosto.
La famiglia non parla con la stampa ma a Berna il Dipartimento federale degli Esteri è informato del caso.
Il governo siriano sostiene che Sait Cosar sia morto per infarto.
Duecentomila cristiani sono già fuggiti dalla guerra civile.
I loro rappresentanti, assieme ai curdi, avevano chiesto all’Onu di partecipare a Ginevra 2, senza ottenere risposta.
Nel futuro della Siria, per i cristiani, è in gioco la sopravvivenza.
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02 dicembre 2015 | Radio uno Tra poco in edicola | intervento |
Siria
Tensione fra Turchia e Russia
In collegamento con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa. In studio conduce Stefano Mensurati.
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23 gennaio 2014 | Radio Città Futura | intervento |
Siria
La guerra continua
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02 luglio 2015 | Radio24 | intervento |
Siria
La famiglia jihadista
"Cosa gradita per i fedeli!!! Dio è grande! Due dei mujaheddin hanno assassinato i fumettisti, quelli che hanno offeso il Profeta dell'Islam, in Francia. Preghiamo Dio di salvarli”. E’ uno dei messaggi intercettati sulla strage di Charlie Hebdo scritto da Maria Giulia Sergio arruolata in Siria nel Califfato. Da ieri, la prima Lady Jihad italiana, è ricercata per il reato di associazione con finalità di terrorismo internazionale. La procura di Milano ha richiesto dieci mandati di cattura per sgominare una cellula “familiare” dello Stato islamico sotto indagine da ottobre, come ha scritto ieri il Giornale, quando Maria Giulia è arrivata in Siria. Il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha spiegato, che si tratta della “prima indagine sullo Stato Islamico in Italia, tra le prime in Europa”.
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