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12 marzo 2025 - Il fatto - Bosnia - Il Giornale
La nuova scintilla nella fucina dei Balcani Vacilla l’accordo che chiuse la guerra etnica
Fausto Biloslavo
Nell’ex Jugoslavia il fuoco cova sempre sotto le ceneri dalla Bosnia al Kosovo, dove la tensioni etniche riaffiorano a singhiozzo, come un fiume carsico. L’ultima scintilla arriva dalla Bosnia Erzegovina con il nuovo braccio di ferro fra i serbi, il rappresentante della comunità internazionale e le altre componenti etniche dell’autorità di Sarajevo. Milorad Dodik, presidente della Republica Srpska, l’entità serba del paese, è stato condannato a fine febbraio a un anno di carcere e altri sei di interdizione dai pubblici uffici per non aver rispettato l’autorità del tedesco Christian Schmidt. L’Alto rappresentante internazionale è incaricato di far rispettare l’applicazione dell’accordo di pace di Dayton che mise fine alla guerra etnica. Un sanguinoso conflitto fratricida che fra il 1992 e il 1995 provocò centomila morti.
"Questo verdetto mi ricorda irresistibilmente una dichiarazione del Politburo del Partito Comunista dell'Urss: un pamphlet politico spudorato” è stata la reazione a caldo di Dodik. Poi è andato avanti, con una specie di rappresaglia, facendo promulgare quattro leggi dal parlamento serbo di Banya Luka che nega l’autorità centrale bosniaca in materia di polizia e giustizia sul territorio della Republica Srpska.
La risposta di Sarajevo non si è fatta attendere con il ministro degli Esteri bosniaco, Elmedin Konakovi?, che ha parlato senza mezzi termini di “un colpo di Stato da manuale”. Dodik ha rincarato la dose invitando gli agenti serbi dela Sipa, la polizia speciale unitaria, a passare armi e bagagli con il ministero dell’Interno della Republica Srpska. Secondo il capopopolo serbo, un tempo pupillo degli americani, ma oggi amico del nuovo zar, Vladimir Putin, le “quattro leggi approvate dall’Assemblea nazionale (serba nda) ridanno soggettività e competenze costituzionali” a Banja Luka, “dopo 25 anni”. Dodik sostiene che è un diritto dei serbi previsto dalla Costituzione nata dagli accordi di pace di Dayton. Il timore è che sia un ulteriore passo verso lo spettro della secessione. Dodik gode dell’appoggio della Russia, che ha interesse, dall’invasione dell’Ucraina, a tenere sempre accesi focolai di tensione, non solo nei Balcani occidentali, come spine nel fianco dell’Europa.
Nessuno, a parole, vuole che tornino ad aleggiare i fantasmi della guerra etnica, ma la missione internazionale Eufor, che garantisce il rispetto di Dayton è in stato di allerta. Il contingente era stato ridotto da tempo da 6mila uomini a poco più di mille, compresi 160 soldati italiani. Dopo l’impennata della tensione stanno arrivando rinforzi, compresi dall’Italia, come deterrenza. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Mark Rutte, è volato due giorni fa a Sarajevo, per ribadire che "tre decenni dopo l'accordo di Dayton, la Nato resta fermamente impegnata per la stabilità e la sicurezza di questa regione”.
[continua]

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08 aprile 2015 | TG5 | reportage
Bandiere nere in Bosnia e minacce al Papa
In Bosnia, ad un passo dall’Italia, sventolano le bandiere nere dell’Islam che ricordano quelle dei tagliagole che combattono in Siria. Sperduti fra boschi e colline non sono pochi i villaggi roccaforti dei salafiti, come Osve dove sembra di vivere in un emirato talebano con le donne coperte dalla testa ai piedi. Fra le case di Osve, una volta villaggio serbo, sventola la bandiera nera. Il figlio di Hamdo, Emrah Fojnica, si è fatto saltare in aria a 23 anni. Assieme a lui sarebbero partiti da quest’area una ventina di mujaheddin. Per raggiungere i villaggi roccaforte degli estremisti bisogna percorrere strade neppure segnate sulle mappe. Il rappresentante di Gornja Maoca spiega così la presenza delle bandiere nere. Secondo Edis Bosnic, barbone islamico d’ordinanza, ”la bandiera e la scritta è una testimonianza di fede che dice "Non c'è altro Dio che Allah e Maometto è il suo profeta”. Peccato, però, che sia anche il vessillo usato dai tagliagole. I bambini giocano con i kalaschnikov di legno. Da queste case è partito per la Siria, uno dei leader dei combattenti bosniaci, Nusret Imamovic, sulla lista nera americana dei terroristi. Dragan Lukac, il ministro dell’interno della Repubblica serba in Bosnia, lancia l’allarme: Abbiamo delle informazioni su possibili minacce dei radicali islamici per la visita del Papa, il 6 giugno, ci sono commenti on line sul fatto che non ha nulla a che fare con Sarajevo - rivela il ministro - convinto, però, che la polizia bosniaca garantirà la massima sicurezza alla visita. Husein Bosnic detto Bilal è sotto processo a Sarajevo con l’accusa di arruolare i volontari della guerra santa che dall’Europa, compresa l’Italia, vanno a combattere in Siria. E non solo....

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16 luglio 2019 | Quarta repubblica | reportage
I migranti da Sarajevo all'Italia
In Bosnia ci sono ottomila migranti che vogliono passare il confine croato per venire in Italia Si infilano anche di giorno nelle piantagioni di granturco E in campo aperto corrono per non farsi individuare dalle pattuglie della polizia croata che utilizza pure i droni Attraverso la boscaglia, che i migranti chiamano giungla, ci mettono dieci giorni a piedi per raggiungere Trieste Siamo arrivati sul confine europeo della Croazia in mezzo al nulla Fra i 100 e 200 migranti arrivano ogni sera con il treno da Sarajevo nell’imbuto della Bosnia nord occidentale Sono giunti fino a qui lungo la rotta balcanica via Turchia, Grecia, Macedonia e Serbia La polizia federale carica i migranti su un pullman per rimandarli indietro verso la parte serba della Bosnia, ma è una farsa Si incamminano lungo la strada asfaltata… e spariscono…. il giorno dopo riprendono il cammino verso i campi di accoglienza del cantone di Bihac vicini al confine croato A Vuciak, che significa tana del lupo, è stata montata una tendopoli Sono in 500, soprattutto pachistani e bengalesi, che non scappano dalle guerre come questo gruppetto Gli scontri fra migranti, per soldi o telefonini, sono all’ordine del giorno La Bosnia nord occidentale è una grande Lampedusa terrestre dove sono passati dal 2017 20mila migranti illegali diretti in Europa E la popolazione è esasperata Il “gioco” così i migranti chiamano il viaggio clandestino dalla Bosnia Ogni giorno escono dai campi con zaino e sacco a pelo e si dirigono alla stazione degli autobus L’autista compiacente che ha fatto pagare il biglietto il doppio scarica i migranti all’incrocio per la Croazia A ridosso del confine si fermano e si nascondono nelle case abbandonate Si muovono soprattutto con il buio grazie ai percorsi su Google map inviati via telefonino da chi ce l’ha fatta ma solo il 10% passa al primo tentativo. I croati li intercettano con le camere termiche, li pestano e rimandano in Bosnia dopo averli sequestrato anche le scarpe E i migranti ritentano il gioco dell’oca anche venti volte fino a quando non arrivano a Trieste

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16 luglio 2019 | Tg4 | reportage
Bosnia, Lampedusa terrestre
In Bosnia, una gigantesca Lampedusa terrestre, arrivano un centinaio di migranti al giorno. E si incamminano verso il nostro paese per entrare in Europa 00. 12 - “Non ho documenti. Tutti noi del Bangladesh adesso andiamo in Italia” E prima di affrontare i dieci giorni di viaggio soprattutto a piedi consultano le mappe con i campi minati della guerra nell’ex Yugoslavia Uno dei punti di partenza è questa tendopoli allestita dalle autorità a Vucjak nella Bosnia nord occidentale La croce rossa locale fa quelle che può distribuendo viveri per circa 500 migranti in gran parte pachistani e addirittura nepalesi, che tentano più volte di arrivare a Trieste 00.50 “Sono dell’Afghanistan e sto viaggiando da 4 anni per venire in Europa. Ieri sono stato deportato dalla Slovenia di nuovo in Bosnia” E la tensione è alle stelle con scontri etnici fra i migranti. Secondo la polizia locale sono stati registrati negli ultimi mesi 489 incidenti spesso per soldi o telefonini Soprattutto a Bihac dove i migranti si incontrano per strada 1.23- “Chi ti ha assalito. Chi?” “Penso afghani e pachistani” “Altri migranti?” “Altri migranti” Al campo di Vuciak, che significa tana del lupo, l’acqua arriva con le autopompe. Solo nel cantone di Bihac, sul confine più a nord ovest con la Croazia, ci sarebbero 4500 migranti in 5 centri e altri in sistemazioni private. Li aiutano anche alcune volontarie italiane 1.53 - Mirian Ong delle Acli

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