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Articolo
12 maggio 2025 - Interni - Italia - Il Giornale |
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“Noi alpini portiamo la speranza” |
Fausto Biloslavo “Alpini portatori di speranza” è il messaggio, senza se e senza ma, sullo striscione verde che apre la 96ima adunata a Biella, la prima nella città piemontese. Ottantamila penne nere sfilano per dieci ore da piazza Adua per via La Marmora, passando davanti alla tribuna d’onore. In prima fila, in mezzo agli alpini, il ministro della Difesa, Guido Crosetto. Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, si spella le mani nell’applauso al passaggio delle sezioni di tutt’Italia. In tribuna anche il ministro Gilberto Pichetto Fratin, Andrea Delmastro, i presidenti della Regione Piemonte Alberto Cirio e Luca Zaia del Veneto oltre al sottosegretario alla Difesa, Isabella Rauti. E non può mancare a fianco del presidente dell’Associazione nazionale alpini (Ana), Sebastiano Favero, il comandante delle truppe di montagna, generale Michele Risi. Lo sfilamento si apre con i reparti in armi e la bandiera di guerra del 3° reggimento alpini della brigata Taurinense gemellata con Biella. E non mancano gli alpini di Zara-Fiume-Pola città dell’esodo giuliano dalmata oltre alle sezioni di mezzo mondo da New York all’Australia. Per Crosetto è “un onore immenso sfilare insieme al Medagliere dell’Associazione nazionale alpini. Da alpino, figlio e nipote di alpini, è una gioia profonda essere qui”. La Russa spiega che “vengo sempre alle adunate. E' gente che ama l'Italia, ama la solidarietà, la pace e fare qualcosa per gli altri. Un esempio per tutti”. Il fiume umano di penne nere, che ha invaso pacificamente Biella, è un colpo d’occhio impressionante. Barbe argentate, donne, braghe alla zuava, magliette tricolori, tutti con il capello d’alpino e la penna nera. A parte diversi sindaci con la fascia tricolore, che hanno voluto accompagnare le sezioni dell’Ana, la più grande associazione d’arma al mondo con 319mila iscritti. “Finche c’è un alpino c’è speranza” è lo striscione del Cadore. Il reparto salmerie avanza con i muli, che hanno segnato la storia delle penne nere. “Il nostro zaino è carico di speranza” recita un altro striscione sulla parola d’ordine scelta per l’adunata. “Grazie Biella per averci fatti sentire a casa” dicono dagli altoparlanti. Migliaia di persone hanno accolto gli alpini e seguito lo sfilamento in una vera festa di popolo. In tre giorni di adunata sono arrivati a Biella in 400mila con un indotto che supera i 50 milioni di euro. Qualcuno, come sempre, ha storto il naso per la confusione o aumentato i prezzi, soprattutto per l’alloggio, a dismisura. "Per Biella è un momento straordinario, ci sono decine di migliaia di persone che stanno vivendo lo spirito alpino in modo sentito” dichiara il sindaco, Marzio Olivero. Le solite polemichette delle vestali della democrazia, a loro immagine e somiglianza, sono state spazzate via dalla grande adunata. Non sono mancati i ricordi della battaglia di Nikolajevka, gli alpini internati in Siberia fino al 1954 ed il sacrificio sul Don. Uno striscione ricorda: “Julia: divisione miracolo”. Davanti a molte sezioni dell’Ana, singoli alpini, portano su un cuscino tricolore il capello con la penna nera di chi “è andato avanti”. Silvia Boscarello, alla sesta adunata, sfila con il capello di nonno Sante reduce del fronte greco-albanese ed uno dei pochi del suo reparto ad essere rientrato dalla campagna di Russia nel 1945 decorato con medaglia d’argento. “E’ indescrivibile l’emozione quando la gente ti applaude - spiega la nipote - O si avvicina un alpino soltanto per dimostrare rispetto, riconoscenza e farsi il segno della croce”. Le tante fanfare ereditate dall’Ana, dopo lo scioglimento di alcune brigate, accompagna lo sfilamento con le note patriottiche. L’adunata si conclude con il passaggio della “stecca”, il testimone al prossimo raduno, e un grande striscione: “Arrivederci a Genova nel 2026”. |
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia
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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.
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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento |
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra
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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento |
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.
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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento |
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale
Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento |
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.
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