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08 dicembre 2015 - Prima - Italia - Il Giornale
Se la lotta all’Isis i giudici la fanno coi corsi al cinema
Corsi sulla «tutela giuridica del sentimento per l'animale da compagnia» e le altre bestie oppure «per l'immagine della giustizia nell'arte, nel cinema, nella letteratura» hanno un grande successo fra i magistrati. Per non parlare di quello sul diritto spagnolo o sull'«organizzazione dell'ufficio, del ruolo dei cosiddetti stagisti e prassi virtuose». Tutti appuntamenti fondamentali della Scuola superiore di magistratura, che deve formare ogni anno le nostre toghe. Peccato che su 112 corsi previsti nel 2016 solo uno sia dedicato al terrorismo, nonostante l'emergenza attentati. L'altra faccia della medaglia è che si susseguono casi di ignoranza del fenomeno jihadista sfociati in scarcerazioni dei sospetti terroristi, no ad arresti sostituiti dal palliativo dell'espulsione ed un velato «giustificazionismo» da parte di alcune magistrati.«Un unico corso per tutto l'anno di formazione, che non è detto si focalizzi solo sul terrorismo di matrice islamica, potrà attirare appena 60-70 magistrati - spiega a il Giornale, Alfredo Mantovano, giudice della Corte d'appello di Roma ed ex sottosegretario all'Interno. - Il problema serio non è la conoscenza della norma, ma del fenomeno jihadista. Sostenere in sentenze che Ansar al Islam è un'organizzazione di resistenti o che il Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento algerino non è una formazione terroristica vuol dire non porsi il problema di una conoscenza adeguata». Purtroppo è capitato a Napoli e Milano nel 2004 e 2005 e continua ad accadere oggi. Lo scorso febbraio il gip di Lecce ha lasciato andare cinque sospetti con documenti falsi, filmati di bombardamenti ed attentati sui telefonini. Li considerava «profughi» anche se non avevano presentato alcuna domanda di asilo.Per aiutare i magistrati a «formarsi» meglio sul fenomeno jihadista la Scuola superiore della magistratura organizza un solo corso per il prossimo anno diviso in 4 sessioni il 25-27 gennaio. Il motivo spiegato nella presentazione è chiaro: «Scandita dagli attentati, la disciplina antiterrorismo costituisce un vero e proprio sottosistema della giustizia penale». Peccato che la prestigiosa Scuola con a capo Valerio Onida, ex presidente della Consulta, preveda poco altro sul tema. Si parlerà brevemente di terrorismo solo nel corso su «Religione-Diritto-Satira». Nonostante al sistema di formazione dei magistrati concorra anche il ministero della Giustizia. In compenso viene ripetuto, per il grande successo dello scorso anno, il corso sull'«immagine della giustizia nell'arte, nel cinema, nella letteratura».Il 3 dicembre nell'aula Magna Emilio Alessandrini, la Scuola della magistratura ha sponsorizzato un altro corso cruciale di questi tempi: «La tutela giuridica del sentimento per l'animale da compagnia e gli altri animali». Ironia della sorte il giudice Alessandrini è stato assassinato dai terroristi di Prima linea. Nei 112 corsi di formazione c'è di tutto dal «Diritto spagnolo» al corso sulla «Psicologia del giudicare». La «Giustizia al femminile?», che si propone «di verificare gli eventuali ostacoli ad una piena parità nella carriera» fra uomini e donne è un'altra pietra miliare.Ai vertici della formazione sembrano non rendersi conto delle profonde lacune di molti magistrati, se non ignoranza, rispetto al terrorismo jihadista. O addirittura peggio, come nel caso del giudice di Pisa, Milena Balsamo, riportato da il Foglio. Il 17 novembre si è detta convinta che «quando si commettono eccidi come quelli contro gli algerini, quando si colonializza, e gli ex coloni vengono comunque emarginati, non puoi ipotizzare che quella dell'Islam sia solo una guerra di religione. In fondo che differenza noti tra gli eccidi dei terroristi e quelli dei paesi ex colonizzatori?».Ideologie, che magari favoriscono gravi errori, come la scarcerazione nel 2008 del predicatore Bassam Ayachi arrestato a Bari e condannato ad otto anni. Poi assolto in Appello e partito per la Siria. Abachi era uno dei cattivi maestri del quartiere della capitale belga di Molenbeek, dove sono nati e cresciuti alcuni dei terroristi di Parigi ancora ricercati.«Il problema principale è nella scarsa conoscenza del fenomeno - osserva Mantovano - ma non escludo che in alcuni casi ci sia una sorta di effetto transfer aggiornato della lotta di classe. Ai proletari di 50 anni fa oggi si sostituiscono i combattenti dell'Islam, che sarebbero i nuovi anti capitalisti».

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26 agosto 2023 | Tgcom24 | reportage
Emergenza migranti
Idee chiare sulla crisi dagli sbarchi alla rotta balcanica.

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare


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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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