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Articolo
20 gennaio 2017 - Il Fatto - Italia - Il Giornale |
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Unità speciali e paracadutisti Finalmente arrivano i nostri |
A rrivano i nostri. Gli alpini paracadutisti sono pronti a venir lanciati sulle zone più isolate dal terremoto e dalla neve. Altre squadre di soccorso speciali delle penne nere imbarcate sugli elicotteri sono decollate ieri pomeriggio per raggiungere l\'albergo travolto dalla valanga. Grazie ai visori notturni e alla capacità di sopravvivenza nel combattimento in montagna già messi alla prova in Afghanistan e altre missioni. «La priorità è raggiungere le zone isolate» ha spiegato il generale Claudio Graziano, capo di stato maggiore della Difesa. Le forze armate stanno schierando 3mila uomini, compresi i carabinieri, e quasi mille mezzi speciali del genio e ruotati. Ieri le truppe alpine hanno inviato sul posto 20 cingolati da neve. Da oggi saranno impiegati 19 elicotteri, in gran parte specializzati per missione di «ricerca e recupero». L\'emergenza in centro Italia ha mobilitato unità militari che si sono fatte le ossa in Afghanistan, come il 9° reggimento alpini de L\'Aquila o partiranno a breve per l\'Iraq. Gli alpini paracadutisti del 4° reggimento di Verona sono corpi speciali addestrati al lancio dietro le linee nemiche. Un plotone è stato schierato ieri all\'aeroporto di Viterbo pronto a paracadutarsi su zone isolate per prestare soccorso alla popolazione o a lanciare aiuti di prima necessità. Le brigate alpine Julia e Taurinense dislocate nel Nord hanno inviato 8 squadre specializzate in soccorso in alta montagna (80 uomini) imbarcati sui Ch 47 ieri pomeriggio. Gli stessi elicotteri che venivano impiegati per le operazioni in Afghanistan contro i talebani. Militari addestrati a sopravvivere e combattere in situazioni estreme, ma questa volta si portano dietro i visori notturni per cercare i dispersi anche di notte. «Si tratta di istruttori militari di sci, alpinismo, soccorso, allerta meteo e valanghe con tute termiche speciali per il combattimento in alta quota, luci strobo per segnalazioni ai velivoli e barelle particolari» spiega una fonte del Giornale. Il piano è mettersi a disposizione della macchina dei soccorsi ed eventualmente sbarcare nella zona dell\'hotel travolto dalla valanga. Le penne nere hanno con loro sci e racchette da neve. «Sono addestrati a sopravvivere e nella ricerca dispersi in condizioni estreme - spiega la fonte - completamente autonomi con razioni di combattimento tende per l\'alta montagna e zaini medici utilizzati nei teatri operativi delle missioni all\'estero». Il pericolo di nuove valanghe in Abruzzo è 4, ovvero «forte» su una scala di 5. Le truppe alpine hanno inviato anche mezzi cingolati, che avanzano quando i normali spazzaneve si bloccano. I BV 206, mini blindati speciali utilizzati anche fra i monti afghani. Il concetto è quello del «dual use» ovvero unità e mezzi «nati per scopi prettamente militari - come spiega il generale Graziano - ma che hanno caratteristiche tali da poter essere impiegati in ogni emergenza». Il genio è in prima linea per liberare le strade alle colonne dei soccorsi con turbine sgombraneve, pale cingolate e ruotate oltre a macchine movimento terra. «Il problema, come sempre, sono le risorse. I cingolati da neve, utilizzati anche nel fango per le alluvioni, avanzano quando gli altri mezzi si fermano, ma hanno una certa età e si attende l\'ammodernamento - spiega la fonte militare - Per formare uno dei comandanti delle squadre partite per l\'Abruzzo ci vogliono anni, ma hai uno specialista capace di combattere nei teatri all\'estero e di salvare vite durante le emergenze naturali a casa nostra». |
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06 giugno 2017 | Sky TG 24 | reportage
Terrorismo da Bologna a Londra
Fausto Biloslavo
"Vado a fare il terrorista” è l’incredibile affermazione di Youssef Zaghba, il terzo killer jihadista del ponte di Londra, quando era stato fermato il 15 marzo dello scorso anno all’aeroporto Marconi di Bologna. Il ragazzo nato nel 1995 a Fez, in Marocco, ma con il passaporto italiano grazie alla madre Khadija (Valeria) Collina, aveva in tasca un biglietto di sola andata per Istanbul e uno zainetto come bagaglio. Il futuro terrorista voleva raggiungere la Siria per arruolarsi nello Stato islamico. Gli agenti di polizia in servizio allo scalo Marconi lo hanno fermato proprio perché destava sospetti. Nonostante sul cellulare avesse materiale islamico di stampo integralista è stato lasciato andare ed il tribunale del riesame gli ha restituito il telefonino ed il computer sequestrato in casa, prima di un esame approfondito dei contenuti.
Le autorità inglesi hanno rivelato ieri il nome del terzo uomo sostenendo che non “era di interesse” né da parte di Scotland Yard, né per l’MI5, il servizio segreto interno. Il procuratore di Bologna, Giuseppe Amato, ha dichiarato a Radio 24, che "venne segnalato a Londra come possibile sospetto”. E sarebbero state informate anche le autorità marocchine, ma una fonte del Giornale, che ha accesso alle banche dati rivela “che non era inserito nella lista dei sospetti foreign fighter, unica per tutta Europa”.
Non solo: Il Giornale è a conoscenza che Zaghba, ancora minorenne, era stato fermato nel 2013 da solo, a Bologna per un controllo delle forze dell’ordine senza esiti particolari. Il procuratore capo ha confermato che l’italo marocchino "in un anno e mezzo, è venuto 10 giorni in Italia ed è stato sempre seguito dalla Digos di Bologna. Abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, ma non c'erano gli elementi di prova che lui fosse un terrorista. Era un soggetto sospettato per alcune modalità di comportamento".
Presentarsi come aspirante terrorista all’imbarco a Bologna per Istanbul non è poco, soprattutto se, come aveva rivelato la madre alla Digos “mi aveva detto che voleva andare a Roma”. Il 15 marzo dello scorso anno il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini, che allora dirigeva il pool anti terrorismo si è occupato del caso disponendo un fermo per identificazione al fine di accertare l’identità del giovane. La Digos ha contattato la madre, che è venuta a prenderlo allo scalo ammettendo: "Non lo riconosco più, mi spaventa. Traffica tutto il giorno davanti al computer per vedere cose strane” ovvero filmati jihadisti. La procura ha ordinato la perquisizione in casa e sequestrato oltre al cellulare, alcune sim ed il pc.
La madre si era convertita all’Islam quando ha sposato Mohammed il padre marocchino del terrorista che risiede a Casablanca. Prima del divorzio hanno vissuto a lungo in Marocco. Poi la donna è tornata casa nella frazione di Fagnano di Castello di Serravalle, in provincia di Bologna. Il figlio jihadista aveva trovato lavoro a Londra, ma nella capitale inglese era entrato in contatto con la cellula di radicali islamici, che faceva riferimento all’imam, oggi in carcere, Anjem Choudary. Il timore è che il giovane italo-marocchino possa essere stato convinto a partire per la Siria da Sajeel Shahid, luogotenente di Choudary, nella lista nera dell’ Fbi e sospettato di aver addestrato in Pakistan i terroristi dell’attacco alla metro di Londra del 2005. "Prima di conoscere quelle persone non si era mai comportato in maniera così strana” aveva detto la madre alla Digos.
Il paradosso è che nessuna legge permetteva di trattenere a Bologna il sospetto foreign fighter ed il tribunale del riesame ha accolto l’istanza del suo avvocato di restituirgli il materiale elettronico sequestrato. “Nove su dieci, in questi casi, la richiesta non viene respinte” spiega una fonte del Giornale, che conosce bene la vicenda. Non esiste copia del materiale trovato, che secondo alcune fonti erano veri e propri proclami delle bandiere nere. E non è stato possibile fare un esame più approfondito per individuare i contatti del giovane. Il risultato è che l’italo-marocchino ha potuto partecipare alla mattanza del ponte di Londra.
Parenti e vicini cadono dalle nuvole. La zia acquisita della madre, Franca Lambertini, non ha dubbi: “Era un bravo ragazzo, l'ultima volta che l'ho visto mi ha detto “ciao zia”. Non avrei mai pensato a una cosa del genere".
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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz e tutti i caduti sul fronte dell'informazione
Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.
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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste
A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale
Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai
Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa
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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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