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28 settembre 2017 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Gli immigrati fanno perdere all’Italia 5 miliardi all’anno
G li immigrati regolari sono una risorsa economica per la scassata Italia? Non proprio: se le entrate per le casse dell\'erario ammontano a 20,6 miliardi di euro, le uscite risultano di 25,6 miliardi con un saldo negativo di 5 miliardi. Per non parlare del fatto che in Italia i posti di lavoro per i cittadini extracomunitari aumentano e quelli per i connazionali diminuiscono. In Europa siamo quasi il fanalino di coda rispetto al 24,8 per cento di differenza a favore dei tedeschi doc in Germania.
La Banca centrale europea, l\'Inps, il Papa, fondazioni buoniste varie osannano l\'impatto economico positivo degli immigrati. «I nostri ricercatori indicano numeri diversi perché non facciamo finta di non vedere», spiega a il Giornale Massimo Blasoni, imprenditore e presidente del Centro studi impresa lavoro. Prendendo spunto dai dati della fondazione Moressa del 2015, che fa parte del coro pro-immigrati come risorsa, risulta che le entrate annue per lo Stato sono di 9,7 miliardi di gettito fiscale e 10,9 miliardi di contributi previdenziali. Il problema è sul calcolo delle uscite riguardo all\'impatto economico degli stranieri regolari. Per la sanità, scuola e servizi sociali escono 8,3 miliardi di euro. Per la casa ed ulteriori misure di sostegno vanno calcolati 3,4 miliardi. Tre miliardi sono da aggiungere per carceri e tribunali assieme la lavoro del ministero dell\'Interno relativo a sicurezza e permessi. «L\'ulteriore dato negativo, che non viene considerato né dalla fondazione, né dal presidente dell\'Inps, Tito Boeri, scaturisce dal debito implicito pensionistico», spiega Blasoni. Una bella cifra quantificata in 10,9 miliardi di euro.
Il debito implicito si basa sul fatto che gli occupati di oggi pagano le pensioni per chi ha già maturato i requisiti per goderne con la promessa, o patto generazionale, che ci sarà qualcun altro a fare lo stesso con il loro vitalizio. «Lo Stato sta di fatto contraendo un debito, non dichiarato, e quindi implicito, nei confronti di chi oggi versa i contributi, con la promessa di saldarlo, un domani, attraverso la pensione», spiegano gli addetti ai lavori. «In termini semplici - sottolinea Blasoni - i contributi che oggi vengono versati dagli extracomunitari si tradurranno in pensioni che dovremmo pagare un domani». Oltre a quelle legate ai contributi effettivamente versati ce ne saranno non poche slegate da questo sistema. «Già oggi su 81.660 pensioni pagate agli stranieri ben 49.852 sono pensioni sociali, che non derivano dal lavoro svolto», spiega. Il risultato è che fra entrate ed uscite, in relazione all\'impatto economico degli stranieri in Italia, Pantalone perde ogni anno 5 miliardi.
Il Centro studi impresa lavoro fornisce anche altri dati, che dovrebbero far scattare qualche campanello d\'allarme sull\'aprire troppo le braccia, come vuole il Papa, all\'accoglienza. Dal 2008 al 2016 gli occupati italiani sono scesi di 1.043.337 unità. Al contrario gli stranieri regolari hanno registrato un\'impennata di 710.826 occupati. E non si tratta solo dello stereotipo legato ai lavori che gli italiani non vogliono più fare. Non è un caso che, secondo una ricerca del Centro studi impresa lavoro sui dati Eurostat 2016, «il tasso di occupazione degli italiani tra i 15 e i 64 anni residenti nel nostro Paese è del 57 per cento, un dato che ci accomuna alla Croazia». Gli extracomunitari occupati ci superano con il 57,8 per cento. Germania, Regno Unito, Francia e Spagna battono nettamente l\'Italia. I tedeschi hanno un tasso di occupazione dei cittadini «nazionali» del 76,5 per cento rispetto a quelli extracomunitari del 51,7 per cento con una differenza del 24,8 per cento. Blasoni fa notare che «nessuno ha propensioni xenofobe, ma dobbiamo stare attenti sui flussi ragionati. L\'arrivo di immigrati regolari rischia di sostituire gli italiani nel mercato del lavoro».
[continua]

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IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA


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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
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Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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