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Fatti
24 maggio 2018 - Reportage - Italia - Panorama
Il miglior amico del soldato

Due blindati erano finiti in un’imboscata nella zona di Herat. Sono arrivato con Bordeaux per aprire la strada ai soccorsi controllando che non ci fossero trappole esplosive. Un razzo Rpg lanciato dai talebani era entrato dal parabrezza e uscito dal finestrino di uno dei Lince, per miracolo senza esplodere, ma nello scontro a fuoco due uomini sono rimasti feriti. Uno rischiava di perdere un braccio. Gli insorti erano nascosti fra gli alberi a 200 metri. Con Bordeaux siamo avanzati per primi per tirare fuori i nostri dall’imboscata». Giuseppe Esposito è un maresciallo capo del gruppo cinofilo di Grosseto. Sta descrivendo un agguato in Afghanistan nel 2008. E ripete il nome Bordeaux. Nome strano per un commilitone italiano. Infatti è un cane. 

Esposito sulla mimetica porta l’insegna della particolare unità di soldati a quattro zampe: una testa di cane, il gladio, la fiammata dei guastatori e l’ala di un paracadute. La loro base è il Centro militare veterinario di Grosseto nato con regio decreto nel 1870 per i reparti a cavallo e poi i muli degli alpini. Oggi si sono aggiunti 130 cani pastore tedesco e belga malinois addestrati «per incrementare i livelli di sicurezza dei contingenti all’estero» spiega il comandante, colonnello Simone Siena. Dopo 10 mesi di corso fiutano trappole esplosive, autobombe, ordigni o armi nascoste e individuano elementi ostili nei pattugliamenti prima che vengano visti o sentiti dagli umani.

«Venus e io siamo le migliori amiche» osserva il caporal maggiore scelto Daniela Napolitano riferendosi al suo pastore tedesco di otto anni. Occhi splendidi e capelli raccolti, è l’unica donna operativa, che salva vite in prima linea con l’aiuto di un cane, come è capitato a Shindad, in Afghanistan, nel 2012. «Sulla strada c’era una buca sull’asfalto» racconta. « Sono scesa dal blindato con Venus piazzandomi davanti alla colonna. Lei ha raggiunto la buca e scodinzolando mi ha fatto capire subito che c’era qualcosa. Poi si è infilata dentro mettendosi seduta. Il segnale che aveva annusato dell’esplosivo». L’intervento degli artificieri ha scoperto una tanica con una granata di artiglieria collegata a un filo elettrico che arrivava al margine della strada. Una trappola esplosiva da innescare al passaggio del primo blindato. 

Venus dimostra la sua bravura sulla striscia di sabbia per l’addestramento nella caserma di Grosseto. Il cane scopre grazie all’olfatto una finta mina anti uomo avanzando e spostando il collo a ventaglio come un metal detector. «Viviamo assieme da quando aveva 45 giorni» spiega la donna soldato. «Ci siamo riscaldati nello stesso sacco a pelo durante l’addestramento e se torno a casa a Napoli senza di lei i miei genitori, che hanno adottato Venus, non mi fanno entrare».

Al momento sono oltre una decina i cani impegnati nelle missioni all’estero in Kosovo, Afghanistan, Libano, Libia, Iraq. Vito è un veterano e sta partendo per Herat con il suo operatore, il sergente maggiore Vincenzo Lo Giudice, alpino paracadutista. Meglio non accarezzare il pastore tedesco «Vito è un po’ cafone, simile a un bambino manesco» spiega il sergente. In prima linea, però, il suo cane ha una flemma incredibile. «In Afghanistan eravamo dentro un Lince mentre gli insorti ci sparavano» ricorda l’alpino parà. «Un caos infernale, ma Vito era tranquillo. Al massimo si infastidiva per i bossoli roventi che gli cadevano addosso dal mitragliere fuori dalla botola del blindato che rispondeva al fuoco».

Nel centro di Grosseto i cani vengono addestrati fin da cuccioli a muoversi fra le macerie o su percorsi di guerra con i militari che sparano a salve per abituarli al rumore della guerra. «L’addestramento si basa sul gioco con la classica pallina da cercare, che in teatro operativo diventa esplosivo» spiega il sergente maggiore Alessandro Parco, che fa nascere i cuccioli. Il 50 per cento viene scartato durante la selezione. I Rambo a quattro zampe devono essere perfetti per ottenere «la capacità combat» compreso il trasporto in elicottero, sui gommoni degli incursori, le tecniche di movimento tattico in ambiente urbano e la vigilanza di aree sensibili. A Grosseto li addestrano addirittura a nuotare in una piscina speciale con tapis roulant. Il segreto per addestrare un perfetto cane soldato è il binomio giusto con l’uomo. 

«Bordeaux è nato nel 2006 e mio figlio nel 2004. Fin da piccolo litigavano per il pupazzetto o il giocattolo. Il cane viene in vacanza con noi e fa parte della famiglia» sottolinea il maresciallo Esposito. I militari si portano l’animale a casa e la simbiosi è tale che «dopo aver rischiato la vita assieme in tanti missioni, Gamain aveva portato pure le fedi all’altare quando mi sono sposato» racconta il caporale maggiore Daniele Frau. 

Sardo, paracadutista, è appena rientrato dal Libano, dove Jimmy Gamain, il suo cane soldato di 11 anni, è morto in missione per un malore mentre controllava i mezzi che entravano nella base dei caschi blu a Shama. «È come se avessi perso uno di famiglia» spiega. «Vivevamo assieme 24 ore al giorno. Gli parlavo e mi capiva perfettamente». Jimmy che si faceva fotografare sul cofano di un blindato Lince, come un modello a quattro zampe, è caduto facendo il suo dovere. Per questo motivo è nata l’idea di cremarlo e realizzare un memoriale nella caserma di Grosseto dove ospitare le ceneri di tutti i cani soldato che hanno salvato vite nelle missioni all’estero. 

Una volta riformati, i soldati a quattro zampe vengono quasi sempre ceduti ai loro operatori. Quando se ne vanno, i militari non si distaccano dal miglior amico dell’uomo. Ombra, classe 2003, era una leggenda ed è stata cremata. Le sue ceneri riposano in una cassetta in legno dentro una teca con la piastrina, il guinzaglio, la pallina che è servita per insegnarle a scovare gli esplosivi. Oltre alle decorazioni delle tante missioni e la foto. 

Basco, un pastore olandese, che ha scoperto un’autobomba a Kabul, è morto il 20 aprile, dopo un’onorata carriera, fra le braccia del suo conducente. Il gruppo cinofilo si è subito mobilitato via Whatsapp: «Marco ho saputo di Basco…Mi dispiace tantissimo…Un altro pezzetto di storia del gruppo è volato via. Ti sono vicino! Peppe Esposito». La risposta non lascia dubbi sul profondo legame fra uomo e animale: «È andato via e ha lasciato che fossi io a decidere l’ora. Ho preferito passare con lui questo ultimo tramonto dopo 15 anni 6 mesi e 5 giorni. Ringrazio l’Esercito che mi ha dato un gran cane e con lui tanti ricordi».

Bordeaux, ancora in servizio, è stato «decorato» in Libano. Il cane soldato ha partecipato alla parata finale con i nostri mille uomini schierati e il fazzoletto blu dell’Onu attorno al collo ricevendo la medaglia per avere partecipato alla missione. «In zona di operazioni i comandi vocali sono pochi: il nome, vieni, ma per il resto l’animale segue i movimenti del tuo corpo» spiega il maresciallo Esposito. «Prima lancio il cane sull’obiettivo. Se mi sposto a destra lui va a destra e viceversa. Se avanzo, lui prosegue per altri 5-10 metri. Se mi metto seduto torna indietro». Al fronte, uomo e cane dividono tutto: dall’ultima bottiglietta di acqua alle razioni di combattimento e pure la branda.

I cani soldato mettono in salvo anche i giornalisti, come è capitato a chi scrive nel 2003, in Afghanistan, durante un reportage per Panorama. I talebani stavano lanciando dei razzi su base Salerno a Khowst, vicino al confine pachistano dov’erano dispiegati i paracadutisti della Folgore. Il fragore della prima esplosione seguito dall’ululare della sirena d’allarme aveva colto un po’ tutti di sorpresa. Appena arrivato non avevo individuato i rifugi. Alex, un pastore tedesco addestrato a Grosseto, zoppicava a causa di una zampa ferita, ma quando la sirena è partita si è fermato un attimo squadrandomi, come se capisse che non sapevo dove andare. E poi si è lanciato verso il bunker più vicino indicandomi la strada.

Tazmania è una bella femmina di nove anni docile e giocherellona. Assieme al caporal maggiore scelto, Piero Sanese, ha compiuto quattro missioni. L’ultima lo scorso anno alla diga di Mosul, in Iraq, presidiata dagli italiani mentre si combatteva a pochi chilometri per sconfiggere l’Isis nella capitale del Califfato. A casa sono in tre: il caporale maggiore, la sua compagna e Tazmania. «Se qualcuno è girato di spalle» spiega Sanese «pensa che io parli con una persone e invece è il cane». Tazmania è diventata famosa a Herat per aver fatto gli auguri di Natale agli italiani abbaiando davanti alle telecamere. Nella valle afghana del Gulistan, dove i nostri hanno subito imboscate e perso uomini, Tazmania è stata attivata con l’ordine in codice via radio K9, durante una ricognizione con i paracadutisti. «Il nostro battesimo del fuoco» spiega Sanese. «Ero un po’ teso, ma dovevo calmarmi per non trasmettere paura o emozione al cane che assorbe tutto». Attorno solo deserto e lungo il percorso un muretto a secco che destava sospetti. «L’ho indirizzata dicendo “cerca” e lei è partita. In due minuti ha trovato qualcosa. E si è seduta sulle zampe posteriori guardando fisso il punto pericoloso. C’era un ordigno».  

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11 novembre 2008 | Centenario della Federazione della stampa | reportage
A Trieste una targa per Almerigo Grilz
e tutti i caduti sul fronte dell'informazione

Ci sono voluti 21 anni, epiche battaglie a colpi di articoli, proteste, un libro fotografico ed una mostra, ma alla fine anche la "casta" dei giornalisti triestini ricorda Almerigo Grilz. L'11 novembre, nella sala del Consiglio comunale del capoluogo giuliano, ha preso la parola il presidente dell'Ordine dei giornalisti del Friuli-Venezia Giulia, Pietro Villotta. Con un appassionato discorso ha spiegato la scelta di affiggere all'ingresso del palazzo della stampa a Trieste una grande targa in cristallo con i nomi di tutti i giornalisti italiani caduti in guerra, per mano della mafia o del terrorismo dal 1945 a oggi. In rigoroso ordine alfabetico c'era anche quello di Almerigo Grilz, che per anni è stato volutamente dimenticato dai giornalisti triestini, che ricordavano solo i colleghi del capoluogo giuliano uccisi a Mostar e a Mogadiscio. La targa è stata scoperta in occasione della celebrazione del centenario della Federazione nazionale della stampa italiana. Il sindacato unico ha aderito all'iniziativa senza dimostrare grande entusiasmo e non menzionando mai, negli interventi ufficiali, il nome di Grilz, ma va bene lo stesso. Vale la pena dire: "Meglio tardi che mai". E da adesso speriamo veramente di aver voltato pagina sul "buco nero" che ha avvolto per anni Almerigo Grilz, l'inviato ignoto.

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
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Giornalismo di guerra e altro.

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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
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Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
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Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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