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23 dicembre 2018 - Interni - Italia - Il Giornale
I porti chiusi alle Ong fanno litigare i gialloverdi
«Emergenza di Natale», che in realtà non esiste, annuncia la solita Ong spagnola Open arms con oltre 300 migranti partiti dalla Libia, che voleva sbarcare in Italia. Il ministro dell\'Interno Matteo Salvini, che ribadisce la linea della fermezza e dei porti chiusi. L\'immancabile coro buonista capitanato da Laura Boldrini che rilancia il dramma natalizio. E il sospetto di chi monitorizza da vicino i taxi del mare, che la nave di Open arms non sia partita a caso da Barcellona il 15 dicembre. «Le condizioni meteo erano buone per eventuali partenze dalla Libia - conferma una fonte de il Giornale - I trafficanti possono agevolmente controllare in rete su Marine traffic la rotta di Open arms. Far partire i gommoni al momento giusto è facile». 
Venerdì mattina la nave dell\'Ong spagnola intercetta a 50 miglia da Al Koms, ad Est di Tripoli, un gommone con 111 persone a bordo, «incluse diverse donne che hanno detto di essere incinte». Poi viene avvistata un\'altra imbarcazione con «106 persone, tra cui un neonato e un bambino di 7 anni». I migranti parlano di un terzo barcone e alle ricerche partecipa anche un\'unità libica, che poi rientra in base. Nel pomeriggio del 21 dicembre Open arms recupera oltre 90 persone sulla terza imbarcazione di migranti.
Gli spagnoli si rivolgono a Malta, il porto sicuro più vicino, che organizza l\'evacuazione di «Salí e Sam, madre e figlio neonato», che ha visto la luce due giorni prima sulle spiagge libiche. Però La Valletta si rifiuta non solo di far attraccare la nave umanitaria, ma «nega anche l\'approvvigionamento» secondo i talebani dell\'accoglienza spagnola, che puntano sull\'Italia.
Il ministro dell\'Interno Salvini chiarisce subito che non avendo coordinato il soccorso dei migranti «la mia risposta è chiara: i porti italiani sono chiusi! Per i trafficanti di esseri umani e per chi li aiuta, la pacchia è finita». A questo punto si scatena non solo la reazione buonista, ma la fronda all\'interno della maggioranza sempre pronta ad attaccare il leader della Lega.
La senatrice Laura Fattori (M5s) dichiara che «i porti non sono chiusi e un eventuale decisione non spetta a Salvini». Alla polemica si aggiunge il solito grillino critico Gregorio De Falco proclamando che l\'Italia doveva sottoscrivere l\'Ordinamento globale dell\'Onu, che avrebbe aperto le porte agli oltre 300 migranti di Open arms.
Le bordate più dure con i riferimenti natalizi, che fanno pensare ad una reazione coordinata, arrivano da Laura Boldrini. L\'ex presidente della Camera accusa Salvini di comportarsi «in modo sprezzante nei giorni che precedono il Natale. Dimentica non solo i valori della Costituzione ma anche quelli del Vangelo». Padre Alex Zanotelli sostiene che «è un sacrilegio chiudere i porti a Natale». Gino Strada, fondatore di Emergency, accusa il ministro dell\'Interno di «solita volgarità, assenza di umanità e solito bullismo». 
Open arms ha lanciato «l\'emergenza natalizia», ma in realtà l\'Ong sa bene che battendo bandiere spagnola deve essere il paese dove è registrata la nave ad accogliere i migranti. Ieri sera l\'unità di Open arms si stava dirigendo verso il porto spagnolo di Algeciras, dopo che il governo di Madrid ha accolto la richiesta di sbarco. L\'emergenza natalizia si è sgonfiata, ma all\'orizzonte si profila un nuovo problema. Un\'altra nave «umanitaria», Sea Watch, ha recuperato davanti alla Libia 33 migranti per poi decidere di rimanere in zona «evidentemente in attesa di altri gommoni» sostiene la fonte del Giornale che segue la situazione.
I tedeschi dell\'Ong tedesca non sono nuovi a battaglie navali con la Guardia costiera libica e scontri con l\'Italia. Se intercettano, guarda caso in questi giorni, altri gommoni punteranno con il loro carico di migranti verso le nostre coste proprio a Natale.
[continua]

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14 maggio 2020 | Tg5 | reportage
Trieste, Lampedusa del Nord Est
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il gruppetto è seduto sul bordo della strada asfaltata. Tutti maschi dai vent’anni in su, laceri, sporchi e inzuppati di pioggia sembrano sfiniti, ma chiedono subito “dov’è Trieste?”. Un chilometro più indietro passa il confine con la Slovenia. I migranti illegali sono appena arrivati, dopo giorni di marcia lungo la rotta balcanica. Non sembra il Carso triestino, ma la Bosnia nord occidentale da dove partono per arrivare a piedi in Italia. Scarpe di ginnastica, tute e qualche piumino non hanno neanche uno zainetto. Il più giovane è il capetto della decina di afghani, che abbiamo intercettato prima della polizia. Uno indossa una divisa mimetica probabilmente bosniaca, un altro ha un barbone e sguardo da talebano e la principale preoccupazione è “di non venire deportati” ovvero rimandati indietro. Non sanno che la Slovenia, causa virus, ha sospeso i respingimenti dall’Italia. Di nuovo in marcia i migranti tirano un sospiro di sollievo quando vedono un cartello stradale che indica Trieste. Il capetto alza la mano in segno di vittoria urlando da dove viene: “Afghanistan, Baghlan”, una provincia a nord di Kabul. Il 12 maggio sono arrivati in 160 in poche ore, in gran parte afghani e pachistani, il picco giornaliero dall’inizio dell’anno. La riapertura della rotta balcanica sul fronte del Nord Est è iniziata a fine aprile, in vista della fase 2 dell’emergenza virus. A Trieste sono stati rintracciati una media di 40 migranti al giorno. In Bosnia sarebbero in 7500 pronti a partire verso l’Italia. Il gruppetto di afghani viene preso in carico dai militari del reggimento Piemonte Cavalleria schierato sul confine con un centinaio di uomini per l’emergenza virus. Più avanti sullo stradone di ingresso in città, da dove si vede il capoluogo giuliano, la polizia sta intercettando altri migranti. Le volanti con il lampeggiante acceso “scortano” la colonna che si sta ingrossando con decine di giovani stanchi e affamati. Grazie ad un altoparlante viene spiegato in inglese di stare calmi e dirigersi verso il punto di raccolta sul ciglio della strada in attesa degli autobus per portarli via. Gli agenti con le mascherine controllano per prima cosa con i termometri a distanza la temperatura dei clandestini. Poi li perquisiscono uno ad uno e alla fine distribuiscono le mascherine ai migranti. Alla fine li fanno salire sugli autobus dell’azienda comunale dei trasporti cercando di non riempirli troppo per evitare focolai di contagio. “No virus, no virus” sostiene Rahibullah Sadiqi alzando i pollici verso l’alto in segno di vittoria. L’afghano è partito un anno fa dal suo paese e ha camminato per “dodici giorni dalla Bosnia, attraverso la Croazia e la Slovenia fino all’Italia”. Seduto per terra si è levato le scarpe e mostra i piedi doloranti. “I croati mi hanno rimandato indietro nove volte, ma adesso non c’era polizia e siamo passati tutti” spiega sorridendo dopo aver concluso “il gioco”, come i clandestini chiamano l’ultimo tratto della rotta balcanica. “Abbiamo registrato un crollo degli arrivi in marzo e per gran parte di aprile. Poi un’impennata alla fine dello scorso mese fino a metà maggio. L’impressione è che per i paesi della rotta balcanica nello stesso periodo sia avvenuta la fine del lockdown migratorio. In pratica hanno aperto i rubinetti per scaricare il peso dei flussi sull’Italia e sul Friuli-Venezia Giulia in particolare creando una situazione ingestibile anche dal punto di vista sanitario. E’ inaccettabile” spiega l'assessore regionale alla Sicurezza Pierpaolo Roberti, che punta il dito contro la Slovenia. Lorenzo Tamaro, responsabile provinciale del Sindacato autonomo di polizia, denuncia “la carenza d’organico davanti all’emergenza dell’arrivo in massa di immigrati clandestini. Rinnoviamo l’appello per l’invio di uomini in rinforzo alla Polizia di frontiera”. In aprile circa il 30% dei migranti che stazionavano in Serbia è entrato in Bosnia grazie alla crisi pandemica, che ha distolto uomini ed energie dal controllo dei confini. Nella Bosnia occidentale non ci sono più i campi di raccolta, ma i migranti bivaccano nei boschi e passano più facilmente in Croazia dove la polizia ha dovuto gestire l’emergenza virus e pure un terremoto. Sul Carso anche l’esercito impegnato nell’operazione Strade sicure fa il possibile per tamponare l’arrivo dei migranti intercettai pure con i droni. A Fernetti sul valico con la Slovenia hanno montato un grosso tendone mimetico dove vengono portati i nuovi arrivati per i controlli sanitari. Il personale del 118 entra con le protezioni anti virus proprio per controllare che nessuno mostri i sintomi, come febbre e tosse, di un possibile contagio. Il Sap è preoccupato per l’emergenza sanitaria: “Non abbiamo strutture idonee ad accogliere un numero così elevato di persone. Servono più ambienti per poter isolare “casi sospetti” e non mettere a rischio contagio gli operatori di Polizia. Non siamo nemmeno adeguatamente muniti di mezzi per il trasporto dei migranti con le separazioni previste dall’emergenza virus”. Gli agenti impegnati sul terreno non sono autorizzati a parlare, ma a denti stretti ammettono: “Se va avanti così, in vista della bella stagione, la rotta balcanica rischia di esplodere. Saremo travolti dai migranti”. E Trieste potrebbe trasformarsi nella Lampedusa del Nord Est.

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03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare


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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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