
|
Articolo
12 aprile 2019 - Controstorie - Italia - Il Giornale |
|
| Mini droni e tute hi tech il soldato è già nel futuro |
Fausto Biloslavo Mini droni per individuare le discariche abusive nella Terra dei fuochi, la camera termica che vigila sulla visita del presidente cinese, il radar per intercettare eventuali ordigni lanciati contro i cantieri della Tav. È l\'equipaggiamento fantascientifico del soldato del futuro, che verrà testato quest\'estate nelle città metropolitane. Tutti sistemi avanzati usati dall\'esercito sui fronti più combat come l\'Iraq e l\'Afghanistan, che oggi vengono dispiegati a casa nostra nell\'operazione Strade sicure. La missione più importante, in termini di uomini, con 7190 soldati e 1380 mezzi, che supera di gran lunga l\'impegno all\'estero. Al momento sono schierati in tutte le operazioni oltremare 5950 uomini. Lo schieramento di Strade sicure garantisce la sicurezza di 475 siti sensibili comprese 30 stazioni ferroviarie, 29 delle metropolitana, 18 centri di immigrazione, 44 luoghi di culto, le ambasciate e 31 siti Unesco patrimonio dell\'umanità. «L\'esercito italiano è ogni giorno di più chiamato a un impiego poliedrico, di duplice uso, dai teatri operativi esteri al campo nomadi di via Salviati a Roma», spiega a il Giornale il generale Andrea Di Stasio. L\'alto ufficiale comanda il raggruppamento Lazio-Abruzzo di Strade sicure, che impegna 2022 uomini, in gran parte nella capitale. In estate alcune unità coinvolte nell\'operazione verranno equipaggiate con la nuova tecnologia del «soldato del futuro» ribattezzato «soldato sicuro». Un sistema individuale da combattimento innovativo. A cominciare dal fucile ARX 200 collegato a una camera termica, che registra il calore dei corpi individuando elementi ostili nascosti. Il sistema prevede anche l\'abbinamento a una camera tv e due puntatori laser, uno che emette il raggio visibile e l\'altro l\'infrarosso. I dati, anche video, possono venire trasmessi in funzione wireless. Il soldato sicuro avrà visori notturni binoculari con tecnologia avanzata capace di integrare la visione termica con la tradizionale intensificazione di luce. I sistemi di protezione come il giubbotto anti proiettile saranno più leggeri e resistenti. Indumenti speciali a contatto con la pelle invieranno i dati vitali del soldato. Il sistema è stato ideato per operare in maniera più efficace in ambienti urbani e con bassa visibilità nell\'ottica del doppio utilizzo sia in zone di guerra sia per Strade sicure. «L\'esperienza maturata negli scenari di crisi diviene determinante. Del resto, tutte le attività tattiche che stiamo svolgendo sul terreno di Strade sicure sono le stesse che conduciamo nelle missioni internazionali», spiega il generale Di Stasio. I militari partecipano anche alla cornice di sicurezza dei grandi eventi con la stessa tecnologia impiegata in prima linea. Una foto notturna scattata da una posizione elevata che domina il porto di Palermo mostra uno specialista incollato a una camera termica durante la recente visita del presidente cinese, Xi Jinping, in Italia. La stessa tecnologia utilizzata in Afghanistan per individuare al buio i talebani annidati in una foresta o i passeggeri di un veicolo sospetto in avvicinamento. L\'addestramento e l\'impiego in zone combat sono fondamentali nei presidi o pattugliamenti di ogni giorno nelle strade delle nostre città. Nella Terra dei fuochi, in provincia di Caserta e Napoli, operano 200 soldati con un raggio d\'azione su 57 comuni. L\'asso nella manica per scoprire discariche illegali o traffico di rifiuti è il mini drone Raven, che si lancia a mano. Il Raven è stato impiegato sulla diga di Mosul, in Iraq, per controllare dal cielo il territorio circostante quando le bandiere nere dell\'Isis erano a una manciata di chilometri. «Le tecnologie militari innovative, che solitamente si usano su fronti combat all\'estero, diventano utili per le operazioni in Patria, secondo il concetto di proporzionalità e deterrenza - osserva il generale Di Stasio - È innegabile che l\'impiego di mezzi blindati e la presenza di militari ben equipaggiati in Strade sicure abbiano un effetto di deterrenza e un impatto importante nell\'ambito dei centri urbani, in tempo di pace». La polizia locale non osava entrare nella zona di via Salviati a Roma. Imprenditori senza scrupoli scaricavano rifiuti edili e industriali pagando lo smaltimento illegale alle famiglie rom insediate nell\'area. I militari hanno preso il controllo della zona per poi consegnarla ai vigili. I pattugliamenti e interventi dei soldati sul litorale di Ostia, in mano a famiglie criminali, ha ripristinato la presenza dello Stato. A Torino, via Germagnano era off limits. Il personale del Comune non poteva accedere o rischiava il furto dei mezzi. I militari sono intervenuti per ribaltare questo andazzo. A Pisa, Milano, Napoli e altre città non si contano gli interventi per bloccare ladruncoli, spacciatori, risse, che spesso vanno a finire in «battaglie» con gli immigrati. Solitamente i facinorosi circondano i militari e tentano di liberare i loro sodali colti sul fatto. Dall\'inizio dell\'operazione, nel 2008, sono stati effettuati 16099 arresti e controllate 3,3 milioni di persone. I militari hanno scoperto 1164 armi e sequestrato 2,3 tonnellate di stupefacenti. Le unità del genio utilizzano i bulldozer per abbattere le ville dei Casamonica o le baraccopoli come Borgo Mezzanone nel foggiano, insediamento abusivo dove si esercitava di tutto dalla prostituzione al caporalato fino al traffico di droga. L\'esercito presidia anche i cantieri della Tav di Chiomonte impiegando un radar terrestre Ranger, che serve per individuare lanci di ordigni e tracciare «bersagli» come elementi ostili che si stanno avvicinando al perimetro. Il Ranger viene usato per garantire la sicurezza delle Fob, le nostre basi avanzate delle missioni internazionali soprattutto dai lanci di mortaio. Il controllo portatile biometrico, utilizzato in Afghanistan per individuare i terroristi che spesso di mescolano ai civili, potrebbe venire utilizzato per la sicurezza delle Universiadi, che si terranno in luglio a Napoli con 8mila atleti provenienti da 177 paesi. |
| [continua] |
|
video
|
|
|
30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo
TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita.
Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”.
Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”.
Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni.
Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.
|
|
|
|
|
18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre.
Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato.
Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano.
Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca.
“Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria.
Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman
Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida.
L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane.
La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....
|
|
|
|
|
03 febbraio 2012 | UnoMattina | reportage
Il naufragio di nave Concordia e l'allarme del tracciato satellitare
|
|
|
|
radio

|
03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
|
|
|
|
|