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27 luglio 2019 - Prima - Italia - Il Giornale
In 135 con la Guardia costiera Stop di Salvini: si impegni l’Ue
Fausto Biloslavo
Altri 135 migranti, a bordo di una nave della Guardia costiera con il ministro dell\'Interno, Matteo Salvini, che non concede un porto di sbarco fino a quando «l\'Europa non si impegna ad accoglierli». La sinistra già soffia sul fuoco parlando di nuovo braccio di ferro con il ministero dei Trasporti guidato da Danilo Toninelli, come nel caso Diciotti, ma in realtà il recupero dei migranti al largo di Malta è avvenuto in coordinamento con il Viminale.
Giovedì dalla Libia partono almeno 7 gommoni, un migliaio di migranti. Un centinaio annega dopo il naufragio al largo di Al Khoms vicino a Misurata. La Guardia costiera libica lancia tre interventi e riporta indietro i migranti. Altri tre gommoni si dirigono verso Malta e Lampedusa. Due sono più avanti e si trovano in zona Sar maltese. Uno viene individuato dal peschereccio italiano Accursio Giarratano e l\'altro da un peschereccio tunisino. Malta chiede aiuto all\'Italia in nome dell\'asse politico che si è creato contro Francia e Germania, che vorrebbero scaricarci tutti i migranti che non hanno diritto all\'asilo. «L\'operazione viene concordata con il gabinetto del ministro dell\'Interno. Nessun caso Diciotti» spiega una fonte de il Giornale coinvolta nel soccorso.
Il comandante del peschereccio italiano, Carlo Giarratano, conferma il coordinamento con il Centro di soccorso di Roma. «I migranti volevano salire a bordo, non glielo abbiamo permesso. Abbiamo comunque fatto tutto quello che era necessario per assisterli - spiega il capitano - Non nascondo che temevamo che tra di loro ci fosse qualche malintenzionato, ma non è stato così». Verso le 18 di giovedì la Guardia costiera fa salpare nave Gregoretti da Lampedusa. Una motovedetta della Guardia di finanza va a recuperare gli altri migranti individuati dal peschereccio tunisino. Poi tutti vengono imbarcati sul Gregoretti, che ospita, al momento, 135 migranti e punta verso l\'Italia.
Dalle prime ore del mattino di ieri Salvini annuncia: «Nessun permesso allo sbarco finché dall\'Europa non arriverà l\'impegno ad accogliere tutti gli immigrati a bordo della nave». Un gioco delle parti per mettere alla prova la latitante Unione europea. «Non esiste - spiega il vice premier - che l\'Italia sia la discarica dell\'Europa. Io sto ancora aspettando che vengano ridistribuiti migranti sbarcati l\'anno scorso». Nave Gregoretti «non è grande - spiega la fonte de il Giornale - Nel giro di un paio di giorni dovremmo risolvere la situazione». A patto che intervenga l\'Europa.
I pessimi rapporti di Salvini con il titolare dei Trasporti, Toninelli, responsabile della Guardia costiera, non aiutano, ma al contrario del caso Diciotti lo stesso Viminale ha concordato il soccorso con la Guardia costiera. In cambio i maltesi stavano intervenendo ieri pomeriggio sull\'ultimo gommone partito giovedì, che si trovava a Sud dell\'isola. Il solito Alarm phone, centralino dei migranti, aveva annunciato che «le persone a bordo non sono state in grado di inviarci una posizione Gps». E in seguito rilanciavano: «Speriamo che il regime di frontiera Ue non abbia prodotto l\'ennesima tragedia mortale».
L\'agit prop, Luca Casarini, ha annunciato che Mediterranea Saving Humans devolverà «10mila euro all\'equipaggio del peschereccio siciliano, che ha soccorso per primo i migranti». Nel frattempo arriva nel Mediterraneo, la maxi nave Ocean Vikings, di Sos Mediterranee e Msf. Ieri pomeriggio stava per passare Gibilterra diretta verso le coste libiche.
[continua]

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18 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
L'Islam nelle carceri
Sono circa 10mila i detenuti musulmani nelle carceri italiane. Soprattutto marocchini, tunisini algerini, ma non manca qualche afghano o iracheno. Nella stragrande maggioranza delinquenti comuni che si aggrappano alla fede per sopravvivere dietro le sbarre. Ma il pericolo del radicalismo islamico è sempre in agguato. Circa 80 detenuti musulmani con reati di terrorismo sono stati concentrati in quattro carceri: Macomer, Asti, Benevento e Rossano. Queste immagini esclusive mostrano la preghiera verso la Mecca nella sezione di Alta sicurezza 2 del carcere sardo di Macomer. Dove sono isolati personaggi come il convertito francese Raphael Gendron arrestato a Bari nel 2008 e Adel Ben Mabrouk uno dei tre tunisini catturati in Afghanistan, internati a Guantanamo e mandati in Italia dalla Casa Bianca. “Ci insultano per provocare lo scontro dandoci dei fascisti, razzisti, servi degli americani. Una volta hanno esultato urlando Allah o Akbar, quando dei soldati italiani sono morti in un attentato in Afghanistan” denunciano gli agenti della polizia penitenziaria. Nel carcere penale di Padova sono un centinaio i detenuti comuni musulmani che seguono le regole islamiche guidati dall’Imam fai da te Enhaji Abderrahman Fra i detenuti comuni non mancano storie drammatiche di guerra come quella di un giovane iracheno raccontata dall’educatrice del carcere Cinzia Sattin, che ha l’incubo di saltare in aria come la sua famiglia a causa di un attacco suicida. L’amministrazione penitenziaria mette a disposizione degli spazi per la preghiera e fornisce il vitto halal, secondo le regole musulmane. La fede nell’Islam serve a sopportare la detenzione. Molti condannano il terrorismo, ma c’è anche dell’altro....

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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachi­stana, in coma dopo le spranga­te del fratello, non voleva spo­sarsi con un cugino in Pakistan. Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucci­so a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schiera­ta a fianco della figlia. Se Noshe­e­n avesse chinato la testa il mari­to, scelto nella cerchia familia­re, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Ita­lia. La piaga dei matrimoni com­binati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adole­scenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il busi­ness della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro. Non capita solo nelle comuni­tà musulmane come quelle pa­chistana, marocchina o egizia­na, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a par­te.

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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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