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30 luglio 2019 - Interni - Italia - Il Giornale
Gregoretti, sbarcano 16 minori Nel Mediterraneo tornano tre Ong
di Fausto Biloslavo
Tre navi delle ong si stanno dirigendo verso la Libia. I talebani dell\'accoglienza di Sea-eye, organizzazione non governativa tedesca, sono già nelle acque di ricerca e soccorso di Tripoli. E su Twitter propagandano la loro presenza chiedendo sostegno a prezzo stracciato: «Con 14 euro la (imbarcazione nda) Alan Kurdi può navigare per un miglio».
Nel frattempo l\'unità Gregoretti, della Guardia costiera italiana, attaccata al molo Nato di Augusta potrebbe finalmente sbarcare i migranti ancora a bordo. La Germania ha comunicato alla Commissione europea che è disponibile ad accoglierli tutti. Ieri sono già stati fatti scendere una donna all\'ottavo mese di gravidanza, suo marito e due figli piccoli. E poche ore dopo sono sbarcati 16 presunti minori, che hanno dichiarato di avere dai 15 ai 17 anni.
Il ministro dell\'Interno, Matteo Salvini, aveva chiesto all\'Unione europea di farsi carico dei migranti soccorsi al largo di Malta. Il Viminale ha negato lo sbarco per esercitare maggiore pressione sull\'Europa. Il braccio di ferro è alimentato anche dai rapporti pessimi fra Salvini e il ministro dei Trasporti grillino, Danilo Toninelli, formalmente responsabile per la Guardia costiera.
Però lo stesso Viminale aveva concordato il recupero in mare della scorsa settimana. «Le autorità de La Valletta hanno soccorso un gommone con circa 100 migranti e richiesto nel contempo collaborazione all\'Italia che ha inviato su indicazioni del Ministero dell\'Interno due motovedette, della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, che hanno assistito 141 naufraghi» spiega un comunicato ufficiale. Dopo aver fatto scendere a Lampedusa sei persone che avevano bisogno di cure mediche, gli altri 135 migranti sono stati imbarcati su nave Gregoretti con l\'impegno che tutto si sarebbe risolto in un paio di giorni. Forse oggi si arriverà allo sblocco grazie alla disponibilità di Germania, Francia, Portogallo e Lussemburgo alla ridistribuzione.
Non è un caso che la nave delle ong più vicina alla Libia è l\'Alan Kurdi dei talebani dell\'accoglienza tedeschi dell\'organizzazione non governativa Sea-eye. Le altre due in avvicinamento sono la Open arms, dell\'omonima ong spagnola, salpata ieri mattina da Siracusa in direzione sud. L\'ammiraglia delle ong è l\'Ocean viking partita dai mari del Nord una settimana fa. Ieri ha fatto scalo a Marsiglia per rifornirsi e poi proseguirà verso la Libia. La nave di Msf e Sos Mediterranee ha ottenuto un finanziamento urgente di 100mila euro dal comune di Parigi per levare le ancore.
Sea-eye, che ieri pomeriggio era di fronte a Sabrata e Zwara, due hub di partenza dei migranti, pubblicizza sui social la sua presenza per attirare come una calamita i gommoni. «La solita nave di ong tedesca annuncia di essere tornata nelle acque libiche e batte cassa chiedendo donazioni on line (prezzo suggerito: 14 euro al miglio nautico). No comment... Buon viaggio, ma lontano dall\'Italia» ha scritto su Facebook Salvini. Lo slogan è «salvare e donare miglia nautiche», ma c\'è dell\'altro. Barbara Held, la responsabile della missione, spiega in un video da bordo rilanciato su Twitter, che l\'equipaggio «ha discusso su come reagire a un attacco della cosiddetta Guardia costiera libica». In realtà le unita di Tripoli sono praticamente ferme. Non c\'è più spazio nei centri di detenzione e la Marina sta protestando con il ministero dell\'Interno responsabile della presa in carico dei migranti a terra.
Held, a nome di Sea-eye, ammette che nei giorni scorsi «c\'erano tanti gommoni sulla via (del mare nda), ma nessuna nave delle ong. Abbiamo perso molto». L\'annuncio perfetto per fare partire i migranti.

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21 settembre 2012 | La Vita in Diretta | reportage
Islam in Italia e non solo. Preconcetti, paure e pericoli


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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento
Italia
Professione Reporter di Guerra


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