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Artcolo
25 febbraio 2020 - Il Fatto - Italia - Il Giornale
Le mascherine? Introvabili Le abbiamo spedite in Cina
Fausto Biloslavo
Il ministero dell\\\'Interno ha ammesso, nero su bianco «difficoltà di approvvigionamento» per le mascherine anti virus. Guardie mediche e ospedali denunciano che non ce ne sono abbastanza e nelle farmacie risultano spesso esaurite. Perché? Gran parte delle forniture, comprese quelle della polizia, venivano prodotte in Cina e dall\\\'inizio dell\\\'epidemia, lo scorso mese, non arrivano più. «I magazzini europei, ma pure americani erano vuoti dalla prima settimana di febbraio» spiega al Giornale Andrea Spasciani, dell\\\'omonima ditta storica in provincia di Varese specializzata in protezioni individuali. L\\\'assurdo è che il 15 febbraio il ministero degli Affari esteri, attraverso la Cooperazione internazionale, ha caricato su un volo dell\\\'Onu partito da Brindisi 2 tonnellate di materiale sanitario comprese le mascherine protettive previste per il virus, che adesso servono come il pane.
«Sbagliato non rendersi conto per tempo, che ci sarebbe stato un problema di scorte e ancora peggio la mossa propagandistica di mandare mascherine ai cinesi» osserva una fonte militare del Giornale in prima linea nell\\\'emergenza virus.
Sempre a metà febbraio, una settimana prima dell\\\'esplosione del contagio a casa nostra, imprenditori italiani e cinesi di Firenze hanno donato 250mila mascherine a Pechino. Il sindaco della città, Dario Nardella, ha spiegato con orgoglio che c\\\'era «bisogno di dare un messaggio forte di supporto e collaborazione con il popolo cinese».
Peccato che proprio l\\\'epidemia di Covid-19 ha interrotto l\\\'esportazione delle mascherine in Italia, che oggi scarseggiano. Non stiamo parlando di quelle banali in stoffa ed elastico che non servono a nulla, ma proprio le Ffp 3, certificate dall\\\'Organizzazione mondiale della sanità, previste per gli agenti di polizia e il personale sanitario a rischio. Ironia della sorte, molte arrivavano attraverso importatori, come la Farmac Zabban Spa Calderara di Reno-Bologna, dalle fabbriche di Wuhan, epicentro del contagio. «La percentuale di importazione dalla Cina era molto elevata. E adesso per gestire un\\\'emergenza del genere ci vogliono milioni di pezzi» spiega Spasciani, che ha triplicato i turni per aumentare la produzione.
Il ministero dell\\\'Interno deve distribuire le protezioni individuali, che comprendono le mascherine Ffp 3 con parsimonia. E ancora ieri mattina non erano arrivate dappertutto, comprese le zone a rischio, come il Friuli-Venezia Giulia. «Il problema, oltre alla carenza, è che sono usa e getta. Una volta utilizzate per il turno di una giornata vanno buttate e sostituite» fa notare l\\\'imprenditore di Origgio, in provincia di Varese. In pratica il consumo è continuo e mancano scorte adeguate. «Forze dell\\\'ordine e ospedali hanno già chiesto forniture, ma il problema non verrà tamponato così facilmente» sottolinea Fasciani, che sta facendo il possibile.
La Federazione italiani dei medici di famiglia denuncia che addirittura nelle zone dei focolai i colleghi della guardia medica sono senza mascherine. Per questo si «sta valutando l\\\'invio di una diffida ai direttori generali delle aziende sanitarie che, in troppi casi, non hanno fornito i necessari dispositivi di protezione individuale». Il presidente dell\\\'Ordine dei medici di Palermo, Toti Amato, ammette: «Ho richiesto mascherine, ma non se ne trovano... il problema esiste». Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d\\\'Italia alla regione Puglia, ha dichiarato che «vengono segnalate mancanze di mascherine in alcuni reparti di importanti ospedali baresi, compresi i pronto soccorso». Anche in Lazio si lamentano situazioni simili.
Dalla Liguria alla Campania tante farmacie, dopo l\\\'assalto della cittadinanza, hanno esaurito il prodotto. «Molte mascherine sono prodotte in Cina e con il blocco è difficile che arrivino» conferma Achille Gallina Toschi, presidente di Federfarma Emilia-Romagna.
I militari hanno delle scorte «e possiamo muoverci anche all\\\'interno della Nato chiedendo forniture in prestito agli alleati». Dieci giorni fa abbiamo regalato le mascherine ai cinesi.
[continua]

video
26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.

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16 febbraio 2007 | Otto e Mezzo | reportage
Foibe, conflitto sulla storia
Foibe, conflitto sulla storia

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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