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Esclusivo
12 giugno 2020 - Prima - Italia - Il Giornale |
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C’è la prova: fu il governo a non aprire la zona rossa |
di Fausto Biloslavo I l ministero dell\\\'Interno fa scattare l\\\'ordine per la zona rossa a Bergamo chiedendo rinforzi, anche militari e dopo tre giorni arriva il contrordine per il rientro degli uomini. Non solo: sulle disposizioni ai militari c\\\'è pure scritto «seguirà ordinanza della Prociv», l\\\'abbreviazione per la Protezione civile, che dipende dalla Presidenza del Consiglio. Stesso copione già utilizzato a Lodi e Vo\\\' Euganeo per mettere in piedi le prime chiusure totali. «A seguito di individuazione di zona rossa nell\\\'area di Bergamo dalle autorità governative relativa all\\\'emergenza nazionale Covid 19, su richiesta di Mininterno Ufficio sicurezza ed ordine pubblico si dispone il rinforzo di personale impiegato nell\\\'operazione Strade sicure con un contingente di 120 unità» si legge in una comunicazione della Difesa per l\\\'invio di rinforzi a Bergamo in vista della chiusura dei comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Una richiesta che taglia la testa al toro sul coinvolgimento del governo nella mancata zona rossa. «Fra mercoledì e giovedì 5 marzo i carabinieri e la Questura di Bergamo ricevono l\\\'ordine di fare i sopralluoghi per individuare dove montare i posti di blocco. E sono pronti ad attivare la zona rossa da soli in attesa dei rinforzi» racconta una fonte del Giornale nelle forze dell\\\'ordine. Nella serata del 5 arrivano per primi gli uomini dell\\\'Arma del reggimento Milano, che alloggiano al Palace Hotel di Verdellino. Un paio di chilometri più in là l\\\'albergo Continental di Osio Sotto ospiterà un centinaio di poliziotti. Poi i finanzieri ed il 6 marzo arrivano a Bergamo anche i soldati dell\\\'esercito pronti a chiudere tutto. Gli ordini parlano chiaro, nero su bianco: «La prefettura di Bergamo (che rappresenta il governo, ndr) è di riferimento per l\\\'attività di coordinamento». Le forze dell\\\'ordine che hanno fatto le ricognizioni sono in contatto telefonico con il prefetto, Elisabetta Margiacchi, a casa contagiata dal virus, ma operativa. Il numero due in Prefettura, secondo i racconti dei presenti, «sembra più nel pallone». La fonte delle forze dell\\\'ordine ribadisce: «È tutto pronto e la stessa prefettura aspetta l\\\'ordine definitivo da Roma». Ai militari viene addirittura chiesto di fare le ricognizioni in borghese per evitare di dare nell\\\'occhio con le mimetiche. Il tempo passa e tutto finisce nel limbo con circa 300 uomini fermi negli alberghi. Domenica 8 marzo arriva il contrordine, sempre dal Viminale e i militari, come gli altri rinforzi smobilitano: «Mininterno ha comunicato che l\\\'esigenza di rinforzo di personale impiegato nell\\\'area di Bergamo è terminata». Il governo, non la Regione Lombardia, ha gestito il pasticcio delle zone rosse mancate con tanto di ordine e contrordine. Oggi il premier Giuseppe Conte, il ministro dell\\\'Interno Luciana Lamorgese e quello della Salute Roberto Speranza dovranno rispondere come persone informati dei fatti al procuratore facente funzioni Maria Cristina Rota, che ha aperto l\\\'inchiesta a Bergamo sulle mancate zone rosse. Perché il governo ha fatto marcia indietro? Il presidente dell\\\'Istituto superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, scrive il 5 marzo a Palazzo Chigi che «pur riscontrandosi un trend simile ad altri comuni nella regione, i dati in possesso rendono opportuna l\\\'adozione di un provvedimento che inserisca Alzano Lombardo e Nembro nella zona rossa». I primi report della Protezione civile registrano dal 27 febbraio focolai del virus nel bergamasco. Il giorno dopo a lanciare l\\\'allarme su Alzano è Marco Rizzi primario del reparto di Malattie infettive dell\\\'ospedale Papa Giovanni XXIII a Bergamo. «Fin dall\\\'inizio gli imprenditori locali premono per evitare le zone rosse» conferma la fonte delle forze dell\\\'ordine. Il sindaco di centro sinistra, Giorgio Gori, segue l\\\'onda della sottovalutazione. Il 26 febbraio sulla sua pagina Facebook pubblica una foto di un\\\'uscita a cena con la moglie, Cristina Parodi. «Bergamo non ti fermare - scrive nel post - Io credo sia giusto seguire le indicazioni (sulle prime restrizioni, ndr) ma allo stesso tempo dobbiamo andare avanti con intelligenza e buon senso senza allarmismi». E aggiunge «che un virus non fermerà Bergamo, né oggi, né in futuro () Con questo spirito stasera ho proposto a mia moglie Cristina di venire a cena da Mimmo () per dare un piccolo segnale». Il 29 febbraio la Confindustria di Bergamo produce un video con l\\\'hashtag Bergamo is running (sta correndo) rivolto in inglese ai partner stranieri per ribadire che la situazione è sotto controllo. «Le attuali avvertenze sanitarie dei dipartimenti governativi italiani indicano che il rischio di infezione è basso» è uno dei messaggi rassicuranti. Poi la denuncia che sull\\\'Italia circola «una sensazione fuorviante di tassi di infezione più elevati», ma «il business continua come sempre». Il video viene rilanciato anche dal primo cittadino. La settimana dopo il Viminale manda i rinforzi a Bergamo per istituire la zona rossa ad Alzano e Nembro, ma nel giro di tre giorni cambia idea. |
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29 dicembre 2010 | | reportage
Gli occhi della guerra a Trieste
Dopo aver portato la mostra su 25 anni di reportage di guerra in tutta Italia, finalmente il 29 dicembre è stata inaugurata a Trieste, presso la sala espositiva della Parrocchia di Santa Maria Maggiore, via del Collegio 6. Gli occhi della guerra sono dedicati ad Almerigo Grilz e a tutti i giornalisti caduti sul fronte dell'informazione. La mostra rimarrà aperta al pubblico dal 10 al 20 gennaio. L'evento è stato organizzato dal Circolo universitario Hobbit con la sponsorizzazione della Regione.
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05 ottobre 2010 | La vita in diretta - Raiuno | reportage
Islam, matrimoni forzati e padri assassini
Nosheen, la ragazza pachistana, in coma dopo le sprangate del fratello, non voleva sposarsi con un cugino in Pakistan.
Il matrimonio forzato era stato imposto dal padre, che ha ucciso a colpi di mattone la madre della giovane di 20 anni schierata a fianco della figlia. Se Nosheen avesse chinato la testa il marito, scelto nella cerchia familiare, avrebbe ottenuto il via libera per emigrare legalmente in Italia.
La piaga dei matrimoni combinati nasconde anche questo. E altro: tranelli per rimandare nella patria d’origine le adolescenti dove le nozze sono già pronte a loro insaputa; e il business della dote con spose che vengono quantificate in oro o migliaia di euro.
Non capita solo nelle comunità musulmane come quelle pachistana, marocchina o egiziana, ma pure per gli indiani e i rom, che sono un mondo a parte.
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14 marzo 2015 | Tgr Friuli-Venezia Giulia | reportage
Buongiorno regione
THE WAR AS I SAW IT - L'evento organizzato dal Club Atlantico giovanile del Friuli-Venezia Giulia e da Sconfinare si svolgerà nell’arco dell’intera giornata del 10 marzo 2015 e si articolerà in due fasi distinte: MATTINA (3 ore circa) ore 9.30 Conferenza sul tema del giornalismo di guerra Il panel affronterà il tema del giornalismo di guerra, raccontato e analizzato da chi l’ha vissuto in prima persona. Per questo motivo sono stati invitati come relatori professionisti del settore con ampia esperienza in conflitti e situazioni di crisi, come Gianandrea Gaiani (Direttore responsabile di Analisi Difesa, collaboratore di diverse testate nazionali), Fausto Biloslavo (inviato per Il Giornale in numerosi conflitti, in particolare in Medio Oriente), Elisabetta Burba (firma di Panorama), Gabriella Simoni (inviata Mediaset in numerosi teatri di conflitto, specialmente in Medio Oriente), Giampaolo Cadalanu (giornalista affermato, si occupa di politica estera per La Repubblica). Le relazioni saranno moderate dal professor Georg Meyr, coordinatore del corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche dell’Università di Trieste. POMERIGGIO (3 ore circa) ore 14.30 Due workshop sul tema del giornalismo di guerra: 1. “Il reporter sul campo vs l’analista da casa: strumenti utili e accorgimenti pratici” - G. Gaiani, G. Cadalanu, E. Burba, F. Biloslavo 2. “Il freelance, l'inviato e l'addetto stampa in aree di crisi: tre figure a confronto” G. Simoni, G. Cuscunà, cap. B. Liotti
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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