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27 settembre 2020 - Interni - Italia - Il Giornale
Effetto porti aperti: già arrivati più migranti che in tutto il 2018
Fausto Biloslavo
Il governo Conte batte se stesso con un numero di sbarchi superiore non solo allo scorso anno, quando il ministro dell\'Interno Salvini aveva chiuso i porti, ma al 2018, dopo avere ereditato migliaia di arrivi ai tempi dei governi di centro sinistra. I migranti illegali sbarcati fino al 25 settembre sono 23.373. In tutto il 2018 compresi i primi mesi del governo Gentiloni erano 21.024. Il paradosso è che ieri, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ribadito al festival dell\'Economia di Trento che l\'Italia ha il diritto di regolare il flusso dei migranti e di «non subirlo passivamente» altrimenti «non c\'è accoglienza che tenga».
Il disastro del contrasto all\'immigrazione illegale del governo Conte 2 è altrettanto evidente rispetto ai numeri del 2019 quando non c\'era l\'emergenza covid. Lo scorso anno, con i porti chiusi, sono sbarcati in tutto 7.035 migranti, più di tre volte in meno rispetto al 2020. Le impennate si sono registrate a luglio con 7.067 arrivi rispetto ai 1088 dell\'anno prima ed ai 1969 del 2018. Rispetto al 2019 stiamo parlando di sette volte tanto. In agosto gli sbarchi sono stati 5.323 e 4.033 in settembre.
Un altro dato paradossale delle statistiche pubblicate sul sito del Viminale è che sono i tunisini la prima nazionalità negli sbarchi. Ben 9.792 migranti illegali, che rappresentano il 42 per cento degli arrivi totali. Al governo non è mai venuto in mente un blocco navale davanti alla Tunisia in accordo con le autorità locali come la Spagna e l\'Europa avevano fatto con l\'Africa occidentale ai tempi del boom degli arrivi alle Canarie.
Dopo i tunisini seguono i clandestini dal Bangladesh (3.156) e 1.113 algerini. Tutte nazionalità che vengono in Italia per motivi economici e non hanno diritto all\'asilo perché a casa loro non ci sono guerre. Per trovare i primi rifugiati in fuga da conflitti bisogna cercarli fra il numero esiguo dei 575 somali ed i 516 afghani sbarcati in Italia nel 2020.
Ai numeri degli sbarchi vanno sommati gli arrivi via terra lungo la rotta balcanica. Dall\'inizio dell\'anno, secondo i dati forniti dal ministro dell\'Interno, Luciana Lamorgese, sarebbero 3.396, ma 962 sono stati rimandati in Slovenia. In realtà i numeri in Friuli-Venezia Giulia, principale porta d\'ingresso della rotta balcanica dalla Bosnia, sarebbero più alti fra i 4.500 ed i cinquemila.
Ieri i carabinieri hanno arrestato due passeur in Friuli-Venezia Giulia. Il primo episodio è avvenuto a Palmanova dove un cittadino pakistano di 25 anni, residente nella bassa friulana, è stato pizzicato mentre si stava dirigendo verso la stazione ferroviaria con a bordo 6 cittadini bengalesi. Il secondo fermo è avvenuto a Remanzacco. Dopo un breve inseguimento, i militari dell\'Arma sono riusciti a bloccare l\'auto condotta da un cittadino indiano di 29 anni, residente nella provincia di Treviso. Il passeur aveva trasportato e lasciato poco prima sulla strada regionale 54 otto migranti illegali del Bangladesh.
Sul fronte del mare (ieri Alarm Phone, ha dato notizia di un naufragio in cui hanno perso la vita 111 persone, avvenuto al largo delle coste libiche di Zuara, il 21 settembre scorso) non si placano le proteste dei talebani dell\'accoglienza, che denunciano come tutte le navi delle ong siano bloccate dal governo italiano, dopo avere il loro carico umano a casa nostra. Luca Casarini, ex no global estremista pluri processato, che oggi fa il capo missione a bordo della nave italiana Mare Jonio va all\'attacco. «Il governo ora deve decidere da che parte stare. Se vuole continuare nel lavoro sporco, folle, che caratterizzava il Governo Salvini o cambiare - pontifica Casarini - Ma se decide di farlo deve smetterla di boicottare chi salva vite in mare».
[continua]

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31 ottobre 2021 | Quarta repubblica | reportage
No vax scontri al porto
I primi lacrimogeni rimbalzano sull'asfalto e arditi No Pass cercano di ributtarli verso il cordone dei carabinieri che sta avanzando per sgomberare il varco numero 4 del porto di Trieste. I manifestanti urlano di tutto «merde, vergogna» cercando pietre e bottiglie da lanciare contro le forze dell'ordine. Un attivista ingaggia lo scontro impossibile e viene travolto dalle manganellate. Una volta crollato a terra lo trascinano via oltre il loro cordone. Scene da battaglia urbana, il capoluogo giuliano non le vedeva da decenni. Portuali e No Pass presidiavano da venerdì l'ingresso più importante dello scalo per protestare contro l'introduzione obbligatoria del lasciapassare verde. In realtà i portuali, dopo varie spaccature, sono solo una trentina. Gli altri, che arriveranno fino a 1.500, sono antagonisti e anarchici, che vogliono la linea dura, molta gente venuta da fuori, più estremisti di destra. Alle 9 arrivano in massa le forze dell'ordine con camion-idranti e schiere di agenti in tenuta antisommossa. Una colonna blu che arriva da dentro il porto fino alla sbarra dell'ingresso. «Lo scalo è porto franco. Non potevano farlo. È una violazione del trattato pace (dello scorso secolo, nda)» tuona Stefano Puzzer detto Ciccio, il capopopolo dei portuali. Armati di pettorina gialla sono loro che si schierano in prima linea seduti a terra davanti ai cordoni di polizia. La resistenza è passiva e gli agenti usano gli idranti per cercare di far sloggiare la fila di portuali. Uno di loro viene preso in pieno da un getto d'acqua e cade a terra battendo la testa. Gli altri lo portano via a braccia. Un gruppo probabilmente buddista prega per evitare lo sgombero. Una signora si avvicina a mani giunte ai poliziotti implorando di retrocedere, ma altri sono più aggressivi e partono valanghe di insulti. Gli agenti avanzano al passo, metro dopo metro. I portuali fanno da cuscinetto per tentare di evitare incidenti più gravi convincendo la massa dei No Pass, che nulla hanno a che fare con lo scalo giuliano, di indietreggiare con calma. Una donna alza le mani cercando di fermare i poliziotti, altri fanno muro e la tensione sale alimentata dal getto degli idranti. «Guardateci siamo fascisti?» urla un militante ai poliziotti. Il nocciolo duro dell'estrema sinistra seguito da gran parte della piazza non vuole andarsene dal porto. Quando la trattativa con il capo della Digos fallisce la situazione degenera in scontro aperto. Diego, un cuoco No Pass, denuncia: «Hanno preso un mio amico, Vittorio, per i capelli, assestandogli una manganellata in faccia». Le forze dell'ordine sgomberano il valico, ma sul grande viale a ridosso scoppia la guerriglia. «Era gente pacifica che non ha alzato un dito - sbotta Puzzer - È un attacco squadrista». I più giovani sono scatenati e spostano i cassonetti dell'immondizia per bloccare la strada scatenando altre cariche degli agenti. Donne per nulla intimorite urlano «vergognatevi» ai carabinieri, che rimangono impassibili. In rete cominciano a venire pubblicati post terribili rivolti agli agenti: «Avete i giorni contati. Se sai dove vivono questi poliziotti vai a ucciderli».Non a caso interviene anche il presidente Sergio Mattarella: «Sorprende e addolora che proprio adesso, in cui vediamo una ripresa incoraggiante esplodano fenomeni di aggressiva contestazione». Uno dei portuali ammette: "Avevamo detto ai No Pass di indietreggiare quando le forze dell'ordine avanzavano ma non ci hanno ascoltati. Così la manifestazione pacifica è stata rovinata». Puzzer raduna le «truppe» e i rinforzi, 3mila persone, in piazza Unità d'Italia. E prende le distanze dagli oltranzisti: «Ci sono gruppi che non c'entrano con noi al porto che si stanno scontrando con le forze dell'ordine». Non è finita, oltre 100 irriducibili si scatenano nel quartiere di San Vito. E riescono a bloccare decine di camion diretti allo scalo con cassonetti dati alle fiamme in mezzo alla strada. Molti sono vestiti di nero con il volto coperto simili ai black bloc. La battaglia sul fronte del porto continua fino a sera.

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05 febbraio 2015 | Porta a Porta | reportage
IN RICORDO DELLE FOIBE E L'ESODO LA PUNTATA DI PORTA A PORTA


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10 giugno 2008 | TG3 regionale | reportage
Gli occhi della guerra.... a Bolzano /1
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, non dimentica i vecchi amici scomparsi. Il 10 giugno ha visitato a Bolzano la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” dedicata ad Almerigo Grilz. La mostra è stata organizzata dal 4° Reggimento alpini paracadutisti. Gli ho illustrato le immagini forti raccolte in 25 anni di reportage assieme ad Almerigo e Gian Micalessin. La Russa ha ricordato quando "sono andato a prendere Fausto e Almerigo al ritorno da uno dei primi reportage con la mia vecchia 500 in stazione a Milano. Poco dopo li hanno ricoverati tutti e due per qualche malattia". Era il 1983, il primo reportage in Afghanistan e avevamo beccato l'epatite mangiando la misera sbobba dei mujaheddin, che combattevano contro le truppe sovietiche.

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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti. “Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale. I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria. Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa. In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo. “In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani. Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.

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