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Articolo
10 febbraio 2021 - Prima - Italia - Il Giornale |
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Così negano ancora le Foibe |
Fausto Biloslavo Il ricordo delle foibe e dell\\\'esodo cancellato in una scuola all\\\'ultimo minuto. Politici Pd che sulla loro pagina Facebook lasciano spazio a commenti che oltraggiano le vittime italiane. Talebani di sinistra, comprese costole dell\\\'Anpi, che si oppongono a dedicare una piazza a Norma Cossetto, martire istriana o a presentare Verità infoibate, il libro del Giornale. E addirittura un pazzo che twitta un video mentre urina su una foiba. Il 10 febbraio, come ogni anno, non mancano gli insulti o le censure al ricordo delle migliaia di infoibati ed i 300mila esuli friulani, istriani e dalmati costretti alla fuga dal paradiso socialista di Tito. L\\\'episodio più grave, perchè coinvolge le scuole, riguarda la cancellazione, dalla sera alla mattina, del 10 febbraio all\\\'istituto Fossati-Da Passano di La Spezia. Un evento non solo già programmato, seppure a distanza, ma richiesto dagli studenti, soprattutto quelli di centro destra. Andrea Manco, presidente locale dell\\\'Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, figlio di un esule da Pola, doveva parlare agli studenti del 10 febbraio, come previsto da una legge dello Stato. Assieme a lui sarebbe intervenuto l\\\'avvocato Emilio Guidi, che da sempre ha a cuore la tragedia delle foibe. Una docente, però, scrive all\\\'ultimo momento una piccata mail puntando il dito contro Guidi, che anni fa si è presentato alle comunali con Casa Pound. Non è stato eletto e non ha incarichi politici, ma fa niente. Ieri, Roberto Peccenini, dirigente dell\\\'ufficio scolastico regionale del ministero dell\\\'Istruzione, che lo aveva approvato, cancella l\\\'evento. «È risultato che non sarebbe stato garantito quel pluralismo culturale... - si legge nella circolare che sospende il ricordo del 10 febbraio - si sarebbe corso il rischio di fomentare divisioni e i conflitti... questo sarebbe tanto più grave in un momento in cui il nostro Paese sta mettendo tra parentesi le divisioni partitiche... che consenta di superare la crisi sanitaria ed economica che lo affligge». Peccato che è stata tappata la bocca pure a Manco, che aveva consegnato una targa di ringraziamento al sindaco ex comunista di La Spezia per aver chiesto scusa sul trattamento nei confronti degli esuli a guerra finita. «Io figlio di esule polesana non garantirei la pluralità? - sbotta il rappresentante dell\\\'Anvgd - Ho scatenato l\\\'inferno con il provveditore, la Regione e parlerò al prefetto. È assurdo». Peccenini sentito dal Giornale si assume «tutta la responsabilità» e aggiunge «che vedremo di recuperare il contributo degli esuli» non sapendo spiegare bene perchè ha fatto di tutto l\\\'erba un fascio. Se necessario bastava sospendere solo l\\\'intervento dell\\\'avvocato Guidi. La censura di La Spezia è eclatante, ma non l\\\'unica. A Portogruaro la richiesta degli studenti di sentire un\\\'esule, che è stata anche insegnante, non ha visto la luce. La dirigente scolastica ha giustificato il niet sostenendo «che del Giorno del Ricordo si occuperanno direttamente gli insegnanti di storia». Sabato scorso a Reggio Emilia il Comitato 10 febbraio celebrava il Giorno del Ricordo e nelle stesse ore sulla pagina Facebook del consigliere comunale Pd, Dario De Lucia, si dibatteva proprio sulle foibe con frasi del genere: «Sempre detto che sulle colline carsiche c\\\'era ancora un sacco di posto» o «vedi cosa succede a lasciare le cose a metà». E ancora «l\\\'apologia di calci nel culo esiste?» infine «ecco cos\\\'era quell\\\'odore di merda». De Lucia non è minimamente intervenuto, né ha preso le distanze. Per di più Andrea Capelli, ex consigliere Pd e presidente delle Farmacie comunali controllate al 100% dall\\\'amministrazione ha partecipato scrivendo: «Il 7 luglio del 1960 molti Questori erano quelli di prima della fine della Seconda guerra mondiale e non abbiamo mai finito di defascistizzare l\\\'Italia». In Toscana, l\\\'Associazione dei partigiani ha levato gli scudi esprimendo «sconcerto che a Firenze, città medaglia d\\\'oro della Resistenza, il Consiglio Comunale abbia visto bene di chiamare per il Giorno del Ricordo Emanuele Merlino, autore del libro Foiba rossa», il fumetto dedicato alla martire istriana Norma Cossetto. Merlino, presidente del Comitato 10 febbraio, vicino a Fratelli d\\\'Italia, viene accusato di fascismo perchè presenta il libro illustrato anche a Casa Pound e la casa editrice è Ferrogallico, bestia nera della sinistra estrema. A Pavia la Rete antifascista è riuscita addirittura a contestare l\\\'invito del sindaco a presentare il 10 febbraio, Verità infoibate, il libro del Giornale. Su Twitter c\\\'è di peggio con un utente che si presenta con il pugno chiuso contro il nazifascismo. Il video che ha postato con il commento «Io ricordo» riprende qualcuno che urina su un buco nel terreno che assomiglia ad una foiba. Il 28 gennaio a Vicenza, sempre l\\\'Anpi, si è scagliata contro la decisione del Consiglio comunale di dedicare una piazza a Norma Cossetto. E quest\\\'anno è sceso in campo l\\\'auto proclamato storico Eric Gobetti, che con Laterza ha pubblicato un saggio E allora le foibe? che ha fatto inferocire gli esuli. La grande stampa gli ha concesso ampio risalto omettendo di pubblicare le foto dell\\\'autore vestito da titino, che indossa una maglietta con il faccione di Tito e fa il pugno chiuso d\\\'ordinanza. |
[continua] |
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30 aprile 2020 | Tg5 | reportage
L'anticamera dell'inferno
Fausto Biloslavo
TRIESTE - “Per noi in prima linea c’è il timore che il ritorno alla vita normale auspicata da tutti possa portare a un aumento di contagi e dei ricoveri di persone in condizioni critiche” ammette Gianfranco, veterano degli infermieri bardato come un marziano per proteggersi dal virus. Dopo anni in pronto soccorso e terapia intensiva lavorava come ricercatore universitario, ma si è offerto volontario per combattere la pandemia. Lunedì si riapre, ma non dimentichiamo che registriamo ancora oltre 250 morti al giorno e quasi duemila nuovi positivi. I guariti aumentano e il contagio diminuisce, però 17.569 pazienti erano ricoverati con sintomi fino al primo maggio e 1578 in rianimazione. Per entrare nel reparto di pneumologia semi intensiva respiratoria dell’ospedale di Cattinara a Trieste bisogna seguire una minuziosa procedura di vestizione. Mascherina di massima protezione, tuta bianca, copri scarpe, doppi guanti e visiera per evitare il contagio. Andrea Valenti, responsabile infermieristico, è la guida nel reparto dove si continua a combattere, giorno e notte, per strappare i contagiati alla morte. Un grande open space con i pazienti più gravi collegati a scafandri o maschere che li aiutano a respirare e un nugolo di tute bianche che si spostano da un letto all’altro per monitorare o somministrare le terapie e dare conforto. Un contagiato con i capelli grigi tagliati a spazzola sembra quasi addormentato sotto il casco da marziano che pompa ossigeno. Davanti alla finestra sigillata un altro paziente che non riesce a parlare gesticola per indicare agli infermieri dove sente una fitta di dolore. Un signore cosciente, ma sfinito, con i tubi dell’ossigeno nel naso è collegato, come gli altri, a un monitor che segnala di continuo i parametri vitali. “Mi ha colpito un paziente che descriveva la sensazione terribile, più brutta del dolore, di non riuscire a respirare. Diceva che “è come se mi venisse incontro la morte”” racconta Marco Confalonieri direttore della struttura complessa di pneumologia e terapia intensiva respiratoria al dodicesimo piano della torre medica di Cattinara. La ventilazione non invasiva lascia cosciente il paziente che a Confalonieri ha raccontato come “bisogna diventare amico con la macchina, mettersi d’accordo con il ventilatore per uscire dal tunnel” e tornare alla vita.
Una “resuscitata” è Vasilica, 67 anni, operatrice di origine romena di una casa di risposo di Trieste dove ha contratto il virus. “Ho passato un inferno collegata a questi tubi, sotto il casco, ma la voglia di vivere e di rivedere i miei nipoti, compreso l’ultimo che sta per nascere, ti fa sopportare tutto” spiega la donna occhialuta con una coperta sulle spalle, mascherina e tubo per l’ossigeno. La sopravvissuta ancora ansima quando parla del personale: “Sono angeli. Senza questi infermieri, medici, operatori sanitari sarei morta. Lottano ogni momento al nostro fianco”.
Il rumore di fondo del reparto è il ronzio continuo delle macchine per l’ossigeno. L’ambiente è a pressione negativa per aspirare il virus e diminuire il pericolo, ma la ventilazione ai pazienti aumenta la dispersione di particelle infette. In 6 fra infermieri ed un medico sono stati contagiati. “Mi ha colpito la telefonata di Alessandra che piangendo ripeteva “non è colpa mia, non è colpa mia” - racconta Confalonieri con il volto coperto da occhialoni e maschera di protezione - Non aveva nessuna colpa, neppure sapeva come si è contagiata, ma si struggeva per dover lasciare soli i colleghi a fronteggiare il virus”.
Nicol Vusio, operatrice sanitaria triestina di 29 anni, ha spiegato a suo figlio che “la mamma è in “guerra” per combattere un nemico invisibile e bisogna vincere”. Da dietro la visiera ammette: “Me l’aspettavo fin dalla prime notizie dalla Cina. Secondo me avremmo dovuto reagire molto prima”. Nicol racconta come bagna le labbra dei pazienti “che con gli occhi ti ringraziano”. I contagiati più gravi non riescono a parlare, ma gli operatori trovano il modo di comunicare. “Uno sguardo, la rotazione del capo, il movimento di una mano ti fa capire se il paziente vuole essere sollevato oppure girato su un fianco o se respira male” spiega Gianfranco, infermiere da 30 anni.
Il direttore sottolinea che “il covid “cuoce” tutti gli organi, non solo il polmone e li fa collassare”, ma il reparto applica un protocollo basato sul cortisone che ha salvato una novantina di contagiati. Annamaria è una delle sopravvissute, ancora debole. Finalmente mangia da sola un piattino di pasta in bianco e con un mezzo sorriso annuncia la vittoria: “Il 7 maggio compio 79 anni”.
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26 settembre 2012 | Uno Mattina | reportage
I lati oscuri (e assurdi) delle adozioni
Con mia moglie, prima di affrontare l’odissea dell’adozione, ci chiedevamo come mai gran parte delle coppie che sentono questa spinta d’amore andavano a cercare bambini all’estero e non in Italia. Dopo quattro anni di esperienza sulla nostra pelle siamo arrivati ad una prima, parziale e triste risposta. La burocratica e farraginosa gestione delle adozioni nazionali, grazie a leggi e cavilli da azzeccagarbugli, non aiutano le coppie che vogliono accogliere un bimbo abbandonato in casa propria, ma le ostacolano.
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12 maggio 2020 | Tg5 | reportage
L'infermiera sopravvissuta al virus
L’infermiera ha contratto il virus da un paziente anziano nell’ospedale Maggiore di Trieste
A casa non riusciva più a respirare ed è stata trasportata d’urgenza in ospedale
Il figlio, soldato della Nato, era rimasto bloccato sul fronte baltico dall’emergenza virus con l’appartamento pieno di medicine l’incubo del contagio non l’abbandonerà mai
Due mesi dopo il contagio Svetlana è negativa al virus ma ancora debole e chiusa in casa
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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento |
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.
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20 giugno 2017 | WDR | intervento |
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.
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15 marzo 2018 | Radio Radicale | intervento |
Italia
Missioni militari e interesse nazionale
https://www.radioradicale.it/scheda/535875/missioni-militari-e-interesse-nazionale
Convegno "Missioni militari e interesse nazionale", registrato a Roma giovedì 15 marzo 2018 alle 09:23. L'evento è stato organizzato da Center for Near Abroad Strategic Studies. Sono intervenuti: Paolo Quercia (Direttore del CeNASS, Center for Near Abroad Strategic Studies), Massimo Artini (vicepresidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Misto - Alternativa Libera (gruppo parlamentare Camera)), Fausto Biloslavo (giornalista, inviato di guerra), Francesco Semprini (corrispondente de "La Stampa" da New York), Arije Antinori (dottore di Ricerca in Criminologia ed alla Sicurezza alla Sapienza Università di Roma), Leonardo di marco (generale di Corpo d'Armata dell'Esercito), Fabrizio Cicchitto (presidente della Commissione Affari esteri della Camera, Area Popolare-NCD-Centristi per l'Europa). Tra gli argomenti discussi: Difesa, Esercito, Esteri, Forze Armate, Governo, Guerra, Informazione, Italia, Ministeri, Peace Keeping, Sicurezza. La registrazione video di questo convegno ha una durata di 2 ore e 46 minuti. Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio
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03 giugno 2019 | Radio Scarp | intervento |
Italia
Professione Reporter di Guerra
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27 gennaio 2020 | Radio 1 Italia sotto inchiesta | intervento |
Italia
Esercito e siti ebraici
Fausto Biloslavo
I nostri soldati rispettano la giornata della Memoria dell’Olocausto non solo il 27 gennaio, ma tutto l’anno. L’esercito, con l’operazione Strade sicure, schiera 24 ore al giorno ben 700 uomini in difesa di 58 siti ebraici sul territorio nazionale. Tutti obiettivi sensibili per possibile attentati oppure oltraggi anti semiti.
“Per ora non è mai accaduto nulla anche grazie alla presenza dei militari, che serve da deterrenza e non solo. Il senso di sicurezza ha evitato episodi di odio e minacce ripetute come in Francia, che rischiano di provocare un esodo della comunità ebraica” spiega una fonte militare de il Giornale.
I soldati, che si sono fatti le ossa all’estero, sorvegliano, quasi sempre con presidi fissi, 32 sinagoghe o tempi ebraici, 9 scuole, 4 musei e altri 13 siti distribuiti in tutta Italia, ma soprattutto al nord e al centro. La città con il più alto numero di obiettivi sensibili, il 41%, è Milano. Non a caso il comandante del raggruppamento di Strade sicure, come in altre città, è ufficialmente invitato alle celebrazioni del 27 gennaio, giorno della Memoria.
Lo scorso anno, in occasione dell’anniversario della nascita dello Stato di Israele, il rappresentante della comunità ebraica di Livorno, Vittorio Mosseri, ha consegnato una targa al comandante dei paracadustisti. “Alla brigata Folgore con stima e gratitudine per il servizio di sicurezza prestato nell’ambito dell’operazione Strade sicure contribuendo con attenzione e professionalità al sereno svolgimento delle attività della nostro comunità” il testo inciso sulla targa.
In questi tempi di spauracchi anti semiti l’esercito difende i siti ebraici in Italia con un numero di uomini praticamente equivalente a quello dispiegato in Afghanistan nel fortino di Herat. Grazie ad un’esperienza acquisita all’estero nella protezione delle minoranze religiose, come l’antico monastero serbo ortodosso di Decani in Kosovo.
“In ogni città dove è presente la comunità ebraica esiste un responsabile della sicurezza, un professionista che collabora con le forze dell’ordine ed i militari per coordinare al meglio la vigilanza” spiega la fonte del Giornale. Una specie di “assessore” alla sicurezza, che organizza anche il sistema di sorveglianza elettronica con telecamere e sistemi anti intrusione di avanguardia su ogni sito. Non solo: se in zona appare un simbolo o una scritta anti semita, soprattuto in arabo, viene subito segnalata, fotografata, analizzata e tradotta. “I livelli di allerta talvolta si innalzano in base alla situazione internazionale” osserva la fonte militare. L’ultimo allarme ha riguardato i venti di guerra fra Iran e Stati Uniti in seguito all’eliminazione del generale Qassem Soleimani.
Roma è la seconda città per siti ebraici presidiati dai militari compresi asili, scuole e oratori. Le sinagoghe sono sorvegliate pure a Napoli, Verona, Trieste e quando necessario vengono disposte le barriere di cemento per evitare attacchi con mezzi minati o utilizzati come arieti. A Venezia i soldati garantiscono la sicurezza dello storico ghetto. A Livorno e in altre città sono controllati anche i cimiteri ebraici. Una residenza per anziani legata alla comunità è pure nella lista dei siti protetti a Milano. Ed i militari di Strade sicure nel capoluogo lombardo non perdono d’occhio il memoriale della Shoah, lo sterminio degli ebrei voluto da Hitler.
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