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15 giugno 2021 - Interni - Italia - Il Giornale
Migranti, Ue solidale a parole. Ma gli sbarchi non si arrestano
L\' Europa parla bene, annunciando la solita solidarietà sui migranti, ma razzola sempre male. Il presidente del Parlamento di Strasburgo, David Sassoli, ha ribadito che «dobbiamo superare il sistema di Dublino per una cooperazione autentica tra gli stati membri basata su un meccanismo permanente di solidarietà, ripartizione e responsabilità». Purtroppo nelle stesse ore continuavano a sbarcare migranti a Lampedusa e pure in Sardegna, che nessuno vuole accogliere con un\'equa distribuzione. Ieri il presidente del Bundestag, la Camera bassa del parlamento tedesco, Wolfgang Schauble ha risposto quasi in coro: «Non lasciamo da soli i Paesi che hanno frontiere esterne dell\'Unione europea, non possiamo non trovare una soluzione univoca». Belle parole, ma proprio la Germania vuole rimandarci i cosiddetti «dublinanti», i migranti approdati in Italia e rispuntati da loro. Lo scorso anno, per la pandemia, il trasferimento si era quasi fermato.
Alla Conferenza interparlamentare sulla gestione della migrazione e dell\'asilo in Europa chi ha parlato chiaro, senza scheletri negli armadi, è il vicepresidente della Commissione europea, Margaritis Schinas. La Grecia subisce come noi la pressione migratoria dal Mediterraneo orientale. «Trovare un accordo al più presto sul Patto Ue per la migrazione e l\'asilo - ha dichiarato Schinas - dovrebbe essere una priorità dell\'Unione europea a prescindere dagli orientamenti di partito e dalle nazioni». E ha aggiunto: «La mancanza di un accordo solido per la migrazione e l\'asilo non fa altro che alimentare il modello di business dei trafficanti».
L\'italiano Sassoli sempre pronto a dare un colpo al cerchio e uno alla botte ha ricordato che «il nostro dovere è innanzitutto salvare le vite. Non è più accettabile lasciare questo compito solo alle Ong. Dobbiamo tornare a pensare ad un\'azione comune dell\'Ue nel Mediterraneo per salvare le persone, che tolga terreno ai trafficanti». Una tesi furbesca sponsorizzata da Enrico Letta, segretario del Pd, che punta a trasformare la poco utile missione Irini di controllo dell\'embargo alle armi per la Libia in un\'operazione di soccorso. Una specie di riedizione della missione Sophia e Mare nostrum, che aveva fatto sbarcare 100mila migranti in Italia.
Ieri Lampedusa era ancora sotto pressione con 700 persone nel centro di accoglienza che può ospitarne al massimo 250. Gli sbarchi sono continuati con l\'arrivo di 237 migranti dalla Libia e dalla Tunisia. In Sardegna sono sbarcate da sabato un centinaio di persone partite dall\'Algeria a dimostrazione che tutte le rotte sono attive in vista di un\'estate allarmante. E altri 127 migranti sono arrivati a Crotone in barca a vela. Alarm phone, centralino dei migranti, ha segnalato diversi natanti carichi di migranti lanciando un disperato allarme per 200 alla deriva. La nave commerciale Vos Triton è intervenuta, ma i «poliziotti» delle Ong, grazie all\'aereo di ricognizione Seabird hanno lanciato l\'allarme per la consegna dei migranti alla Guardia costiera libica. «Duecento persone, soccorse dalla Vos Triton, rischiano di essere respinte illegalmente in Libia!» ha denunciato Mediterranea fondata da Casarini e soci accusati dalla procura di Ragusa di favoreggiamento aggravato dell\'immigrazione clandestina. E come da manuale la nave Geo Barents di Msf si è avvicinata alla Sicilia chiedendo a gran voce un porto sicuro per gli oltre 400 migranti a bordo. «Malta ha respinto le nostre richieste» hanno ammesso i Medici senza frontiere. Come sempre sbarcheranno da noi il carico umano spedito dai trafficanti.
[continua]

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04 luglio 2012 | Telefriuli | reportage
Conosciamoci
Giornalismo di guerra e altro.

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29 dicembre 2011 | SkyTG24 | reportage
Almerigo ricordato 25 anni dopo
Con un bel gesto, che sana tante pelose dimenticanze, il presidente del nostro Ordine,Enzo Iacopino, ricorda davanti al premier Mario Monti, Almerigo Grilz primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 19 maggio 1987 in Mozambico.

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07 aprile 2020 | Tg5 | reportage
Parla il sopravvissuto al virus
Fausto Biloslavo TRIESTE - Il sopravvissuto sta sbucciando un’arancia seduto sul letto di ospedale, come se non fosse rispuntato da poco dall’anticamera dell’inferno. Maglietta grigia, speranza dipinta negli occhi, Giovanni Ziliani è stato dimesso mercoledì, per tornare a casa. Quarantadue anni, atleta e istruttore di arti marziali ai bambini, il 10 marzo ha iniziato a stare male nella sua città, Cremona. Cinque giorni dopo è finito in terapia intensiva. Dalla Lombardia l’hanno trasferito a Trieste, dove un tubo in gola gli pompava aria nei polmoni devastati dall’infezione. Dopo 17 giorni di calvario è tornato a vivere, non più contagioso. Cosa ricorda di questa discesa all’inferno? “Non volevo dormire perchè avevo paura di smettere di respirare. Ricordo il tubo in gola, come dovevo convivere con il dolore, gli sforzi di vomito ogni volta che cercavo di deglutire. E gli occhi arrossati che bruciavano. Quando mi sono svegliato, ancora intubato, ero spaventato, disorientato. La sensazione è di impotenza sul proprio corpo. Ti rendi conto che dipendi da fili, tubi, macchine. E che la cosa più naturale del mondo, respirare, non lo è più”. Dove ha trovato la forza? “Mi sono aggrappato alla famiglia, ai valori veri. Al ricordo di mia moglie, in cinta da otto mesi e di nostra figlia di 7 anni. Ti aggrappi a quello che conta nella vita. E poi c’erano gli angeli in tuta bianca che mi hanno fatto rinascere”. Gli operatori sanitari dell’ospedale? “Sì, medici ed infermieri che ti aiutano e confortano in ogni modo. Volevo comunicare, ma non ci riuscivo perchè avevo un tubo in gola. Hanno provato a farmi scrivere, ma ero talmente debole che non ero in grado. Allora mi hanno portato un foglio plastificato con l’alfabeto e digitavo le lettere per comporre le parole”. Il momento che non dimenticherà mai? “Quando mi hanno estubato. E’ stata una festa. E quando ero in grado di parlare la prima cosa che hanno fatto è una chiamata in viva voce con mia moglie. Dopo tanti giorni fra la vita e la morte è stato un momento bellissimo”. Come ha recuperato le forze? “Sono stato svezzato come si fa con i vitellini. Dopo tanto tempo con il sondino per l’alimentazione mi hanno somministrato in bocca del tè caldo con una piccola siringa. Non ero solo un paziente che dovevano curare. Mi sono sentito accudito”. Come è stato infettato? “Abbiamo preso il virus da papà, che purtroppo non ce l’ha fatta. Mio fratello è intubato a Varese non ancora fuori pericolo”. E la sua famiglia? “Moglie e figlia di 7 anni per fortuna sono negative. La mia signora è in attesa di Gabriele che nascerà fra un mese. Ed io sono rinato a Trieste”. Ha pensato di non farcela? “Ero stanco di stare male con la febbre sempre a 39,6. Speravo di addormentarmi in terapia intensiva e di risvegliarmi guarito. Non è andata proprio in questo modo, ma è finita così: una vittoria per tutti”.

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06 settembre 2018 | Radio immaginaria | intervento
Italia
Teen Parade
Gli adolescenti mi intervistano sulla passione per i reportage di guerra

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24 maggio 2010 | Radio Padania Libera | intervento
Italia
Proselitismo islamico dietro le sbarre
“Penso che sia giusto se alcuni musulmani combattono la guerra santa contro gli americani in paesi che non sono la loro terra”. Dopo un lungo girarci attorno Kamel Adid sorprende un po’ tutti, quando sputa il rospo. La domanda riguardava i mujaheddin, i musulmani pronti a morire per Allah, contro l’invasore infedele. Tre soldati della guerra santa, arrivati un paio di mesi fa da Guantanamo, sono rinchiusi poco più in là, nel reparto di massima sicurezza del carcere di Opera, alle porte di Milano.
Adid è un giovane marocchino di 31 anni con barbetta islamica d’ordinanza e tunica color noce. Nel carcere modello di Opera fa l’imam dei 44 musulmani detenuti, che frequentano una grande sala adibita a moschea. Un predicatore fai da te, che di solito parla un linguaggio moderato e ti guarda con occhioni apparentemente timidi.
Deve scontare ancora due mesi di pena per un reato legato alla droga e da pochi giorni è stato trasferito in un altro istituto. “Quelli che si fanno saltare in aria subiscono il lavaggio del cervello – si affretta a spiegare l’autonominato imam – Noi abbiamo riscoperto la fede in carcere. Pregare ci da conforto, ci aiuta ad avere speranza”.

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03 gennaio 2011 | Radio Capodistria - Storie di bipedi | intervento
Italia
Gli occhi della guerra
Le orbite rossastre di un bambino soldato, lo sguardo terrorizzato di un prigioniero che attende il plotone di esecuzione, l’ultimo rigagnolo di vita nelle pupille di un ferito sono gli occhi della guerra incrociati in tanti reportage di prima linea. Dopo l’esposizione in una dozzina di città la mostra fotografica “Gli occhi della guerra” è stata inaugurata a Trieste. Una collezione di immagini forti scattate in 25 anni di reportage da Fausto Biloslavo, Gian Micalessin e Almerigo Grilz, ucciso il 19 maggio 1987 in Mozambico, mentre filmava uno scontro a fuoco. La mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 20 gennaio, è organizzata dall’associazione Hobbit e finanziata dalla regione Friuli-Venezia Giulia. L’esposizione è dedicata a Grilz e a tutti i giornalisti caduti in prima linea. Il prossimo marzo verrà ospitata a Bruxelles presso il parlamento europeo.Della storia dell'Albatross press agency,della mostra e del libro fotografico Gli occhi della guerra ne parlo a Radio Capodistria con Andro Merkù.

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20 giugno 2017 | WDR | intervento
Italia
Più cittadini italiani con lo ius soli
Estendere la cittadinanza italiana ai bambini figli di stranieri? È la proposta di legge in discussione in Senato in questi giorni. Abbiamo sentito favorevoli e contrari.

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25 maggio 2010 | Spazio Radio - Radio 1 | intervento
Italia
L'Islam nelle carceri italiane
In Italia su oltre 23mila detenuti stranieri, 9840 risultano musulmani, secondo i dati ufficiali. Almeno seimila, però, non si sono dichiarati. Il rapporto di 364 pagine, “La radicalizzazione jihadista nelle istituzioni penitenziarie europee”, realizzato dall’esperto di Islam nella carceri, Sergio Bianchi, ne indica 13mila.
In Italia ci sono circa 80 islamici dietro le sbarre per reati connessi al terrorismo. Dal 2009 li hanno concentrati in quattro istituti di pena: ad Asti, Macomer, Benevento e Rossano. Nel carcere di Opera, invece, sono arrivati Adel Ben Mabrouk, Nasri Riadh e Moez Abdel Qader Fezzani, ex prigionieri di Guantanamo. Chi li controlla ogni giorno racconta che parlano in italiano. La guerra santa in Afghanistan l’hanno abbracciata dopo aver vissuto come extracomunicatori nel nostro paese. Non si possono incontrare fra loro e vivono in celle singole. Pregano regolarmente con molta devozione e hanno mantenuto i barboni islamici.

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